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La disinformazione anti-rosista e la storia: il caso del professore Ferraris

Lo scorso anno, in occasione del bicentenario dei moti insurrezionali piemontesi del 1821, in un saggio ospitato su questo portale avevamo accennato al comune destino che accomunò gran parte degli “scampati” alla vendetta Sabauda, i quali furono costretti a fuggire in altri Stati d’Europa, così come nelle lontanissime Americhe, come era, infatti, capitato anche al Capitano Vittorio Ferrero, ufficiale della Legione Reale Leggera (antesignana dell’odierna Guardia di Finanza)[1]. Ebbene, fra gli stessi patrioti che si erano particolarmente distinti nei fatti di San Salvario e che avevano dovuto lasciare il Regno di Sardegna, in quanto colpiti da severe condanne in contumacia, vi fu anche un non ancora celebre naturalista e scienziato astigiano, il Dottor Carlo Giuseppe Ferraris, il quale, nel 1826, dopo varie peripezie, giunse a Buenos Aires, ospitale capitale della Confederazione Argentina, città nella quale avrebbe ben presto occupato un posto decisamente importante, sia in ambito universitario che scientifico, come cercheremo di documentare attraverso questo modesto saggio. In realtà lo scopo principale del presente contributo è  quello di dimostrare come – già nel corso di quegli anni – la stampa “anti Rosista” (ci riferiamo ovviamente al periodo storico nel quale l’Argentina si trovava sotto la Presidenza del Generale Juan Emanuel Rosas, passato alla storia come un feroce dittatore) avesse indicato il Prof. Ferraris come un acerrimo oppositore del Rosas, al punto tale da rinunciare persino all’importante carica di Direttore del Museo di Storia Naturale di Buenos Aires e, in qualche modo, a fuggire in Italia, ove in effetti giunse – ma per altre motivazioni – nel corso del 1842. Vedremo, invece, come nel 1845-1846 il Ferraris ricoprisse ancora tale carica, trovandosi inizialmente in Italia “in missione”, per poi rimanerci, a causa del blocco navale franco-inglese mosso proprio in quegli anni contro l’Argentina del Presidente Rosas, ovvero degli stravolgimenti politici che interessarono la stessa Repubblica negli anni seguenti.

Buenos Aires nei primi anni Quaranta
  1. Brevi cenni biografici di uno scienziato e patriota italiano (1793 – 1859).

Carlo Giuseppe Ferraris, nacque a Tonco, un piccolo borgo del basso Monferrato, in provincia di Asti, il 22 maggio 1793. Laureatosi in farmacia  presso la prestigiosa Università di Torino nel 1817, non smise affatto di studiare, anzi seguì, tra gli altri, importanti corsi universitari nell’ambito delle scienze naturali. Trasferitosi a Biella nel corso dello stesso anno, prese a lavorare presso la farmacia del fratello Francesco, la quale, tuttavia, era anche uno dei luoghi cittadini ove s’incontravano segretamente i “carbonari” (liberali). E fu proprio in quel contesto che il Ferraris conobbe l’avvocato Giovanni Battista Marochetti, ma soprattutto il medico Pietro Carta Molino di Vallemosso (1797 – 1849), il quale avrà un ruolo non indifferente qualche tempo dopo, quando il nostro protagonista deciderà di recarsi in Argentina, attratto da nuove prospettive professionali. Quattro anni dopo la laurea, nel marzo del 1821 lo troviamo, quindi, tra i liberali che assieme ai Legionari del Capitano Ferrero presero parte alla celebre rivolta di San Salvario, partecipazione che gli avrebbe procurato la condanna a ben 15 anni di carcere duro. Come si ricordava in premessa, il Dottor Carlo Giuseppe Ferraris riuscì a fuggire assieme allo stesso Capitano Ferrero, riparando così a Barcellona, in Spagna. Successivamente il suo peregrinare lo portò in Francia, esattamente a Lione nel 1823, città dalla quale fu poi espulso, come ci ricordano Petriella e Sosa Miatello[2]. Riparò, quindi, a Bruxelles, ove riprese a lavorare in una farmacia.

Nel 1826 il Ferraris decise di seguire l’amico Carta Molino in Argentina, ove avrebbe vissuto sino al 1842, epoca nella quale fece ritorno in Piemonte, sia per motivi affettivi che professionali, come approfondiremo successivamente. Rimasto in Italia anche a causa degli stravolgimenti militari e politici che interessarono l’Argentina in quei decenni, il Prof. Ferraris, pur essendo un liberale convinto ma non un anti Rosista dichiarato, come sostiene, invece, qualche biografo, continuò – anche se a distanza – a ricoprire la carica di Direttore del Museo di Storia Naturale di Buenos Aires, oltre ovviamente ad interessarsi di studi scientifici, partecipando di conseguenza a vari Congressi.

Gli ambienti naturali argentini ove si concetrarono le ricerche del Prof. Ferraris

Fu per anni Direttore del Gabinetto di Fisica e Chimica dell’Università di Torino. Il Prof. Ferraris morì nella sua residenza di campagna, ad Occhieppo Inferiore, in provincia di Biella, il 16 maggio 1859, non ancora sessantaseienne, in un frangente storico nel quale il Regno di Sardegna si trovava impegnato sui campi di battaglia della 2^ Guerra d’Indipendenza, mentre l’Argentina era ancora travagliata dalle guerre intestine tra “federalisti” e “unitari”, le stesse che l’11 novembre successivo avrebbero portato alla disfatta di Cepeda, della quale abbiamo già trattato in un saggio dedicato al grande Bartolomé Mitre[3].

  1. L’avventura professionale e umana in Argentina (1826 – 1842).

Nel 1825, il farmacista Carlo Giuseppe Ferraris aveva trentatré anni e viveva nell’ospitale capitale del Belgio, non sappiamo se proprietario oppure semplice  esercente di un’avviata farmacia. E fu proprio a Bruxelles, nel corso dello stesso anno che il professionista astigiano ricevette una lettera da parte di un vecchio amico, Pietro Carta Molino, il quale lo invitava a seguirlo in Argentina, ove, su indicazione dello statista Bernardino Rivadavia, il quale in quel contesto si trovava ancora a Parigi in qualità di Ministro plenipotenziario delle Province Unite del Rio de la Plata, nel quadro di un più ampio processo di modernizzazione del Paese, si stava cercando di concentrare personalità straniere appartenenti al mondo della cultura e della scienza, cui affidare importanti cariche presso istituzioni accademiche e scientifiche, come accadde, fra gli altri, anche allo storico, letterato e giornalista napoletano Don Pedro De Angelis[4]. Giunto a Buenos Aires nei primi mesi del 1826, anche grazie all’opera dei fratelli Hulet, intermediari dello stesso Rivadavia in Francia, il Ferraris ottenne dal neo Presidente della Repubblica – lo stesso Bernardino Rivadavia – già capo dei liberali e sostenitore del c.d. “Centralismo Unitario”, assurto a tale carica appena l’8 febbraio, su proposta del Ministro Sarratea la nomina a Conservatore dei Gabinetti di Fisica, Chimica e di Storia Naturale in Buenos Aires, nomina che avvenne con apposito decreto del 10 di aprile. In tale compito il Ferraris ebbe modo di collaborare, oltre che con lo stesso Carta Molino anche con il celebre astronomo e professore universitario Ottavio Mossotti, originario di Novara (1791 – 1863), che prese il posto del Carta dopo le sue dimissioni, che coadiuvò nell’installazione dell’Osservatorio Astronomico. Da tale operazione il Ferraris  prese spunto, già a partire dal giugno del 1828, per ridar vita al Museo di Storia Naturale di Buenos Aires (che oggi porta il nome di “Museo di Scienze Naturali Bernardino Rivadavia”), il quale, pur essendo stato istituito nel 1812, grazie alle collezioni di padre Bartolomé Muñoz, non aveva mai funzionato realmente[5]. Sotto la sua direzione il Museo s’arricchì enormemente, anche grazie al fatto che il Ferraris era abile non solo come organizzatore, ma anche come cacciatore ed imbalsamatore di animali. In tale veste egli avrebbe avuto la possibilità di lavorare e conoscere altri celebri naturalisti del suo tempo, quali Alcides d’Orbigny, che poi nel, nel 1842, gli dedicò addirittura un’ostrica (“ostrea ferraris”), oltre a vari riferimenti in una sua celebre pubblicazione[6] e Charles Darwin, che non  ha certo bisogno di presentazioni. In verità, come ricordano gli stessi Petriella e Sosa Miatello, nei primi anni della presenza del Ferraris a Buenos Aires le sue condizioni economiche lasciavano leggermente a desiderare, tant’è vero che la rivista “La Cronica”, nel suo numero 36 del 9 giugno 1827, dopo aver parlato del Carta, accennò anche all’opera del Ferraris <<…dicendo che egli doveva cacciare, preparare e conservare gli animali, senza essere indennizzato delle spese e col misero stipendio di 600 pezzi l’anno>>[7].

Il borgo di Tonco in una cartolina degli anni Cinquanta

Per tale ragione, il Ferraris, nel corso del 1828 chiese e ottenne dal Tribunale di Medicina di Buenos Aires l’autorizzazione ad esercitare la libera professione di farmacista. Fu così che il naturalista astigiano, già ai primi del 1829, aprì tale esercizio nella piazzetta di Santo Domingo (secondo altri storici in Calle Reconquista, n. 137, ove la troviamo ancora nel 1837[8]), ove avrebbe lavorato per diversi anni. Ma il 1829, in un frangente storico nel quale l’Argentina, terminata l’anno prima la guerra col Brasile, era nuovamente impegnata nelle solite lotte interne, il Dottor Ferraris entrò volontariamente nei ranghi del 1° Battaglione del “Comercio Extraniero”, una sorta di Milizia civica composta da stranieri, sorta il 12 marzo onde difendere la capitale dai turbamenti dell’ordine e della sicurezza pubblica causati dalla guerra civile[9]. Successivamente avrebbe fatto parte, sino al 21 giugno dello stesso ’29, dell’8^Compagnia del ribattezzato “Batallón de los Amigos del Orden[10], posto agli ordini di Ramón Larrea, costituito dall’Ammiraglio Guillermo Brown sempre tra i residenti stranieri (115 erano di provenienza italiana, su 700 dell’organico complessivo del reparto) e del quale prese i gradi di 2° Tenente <<prestando efficaci servizi>>[11]. La storia argentina ci ricorda, quindi, che l’8 dicembre dello stesso 1829, la Legislatura di Buenos Aires proclamò il Generale Juan Manuel de Rosas Governatore di Buenos Aires, con il titolo di “Restaurador de las Leyes e Instituciones de la Provincia de Buenos Aires” (“Restauratore delle Leggi e Istituzioni della Provincia di Buenos Aires“), provvedimento con il quale gli furono concesse facoltà straordinarie. Ebbene, secondo alcune fonti storiche[12], alla presa del potere da parte di Rosas, il Prof. Ferraris avrebbe rassegnato le dimissioni e, vedendosele respinte, chiese addirittura una licenza per rientrare in Italia, richiesta che pure gli sarebbe stata respinta.

Nel 1834, sotto la Presidenza di Juan Ramón Balcarce, il Ferraris fu chiamato a far parte della Commissione di farmacisti che doveva costituire la Giunta Superiore Governativa della Facoltà di Farmacia, sotto la presidenza del Dottor Francisco Cosme Argerich. L’anno seguente, contando sulle forte popolarità, il Generale Rosas ottenne nuovamente la carica di Governatore di Buenos Aires, questa volta però con pieni poteri, con i quali cercò di contrastare le fazioni “unioniste” capeggiate dal Generale Juan Galo de Lavalle. Aggiungiamo, a tal proposito, che fu solo nel 1842 che il Dittatore argentino ottenne il potere assoluto sul territorio nazionale. Tornando al nostro protagonista osserviamo, quindi, che già nel maggio del 1836, in disaccordo con la riorganizzazione che si era voluta dare al sistema universitario, come asseriscono anche Petriella e Sosa Miatello, egli “avrebbe” presentato le proprie dimissioni, le quali “sarebbero state” respinte. Qualche tempo dopo, il 16 giugno del 1840, a migliaia di chilometri di distanza da Buenos Aires, il Re di Sardegna, Carlo Alberto, su richiesta del fratello di Carlo, Francesco Ferraris, commutò la condanna alla galera in 15 anni di esilio, pena che in effetti il Professore astigiano aveva ormai scontato da tempo. Ma la burocrazia Sabauda era allora così farraginosa da impedirgli comunque un ritorno a casa.

L’attuale sede del Museo di Scienze Naturali di Buenos Aires

Nel 1842 – in questo i biografi del Ferraris sono tutti d’accordo – il Direttore del Museo di Storia Naturale di Buenos Aires decise di tornare in Italia. Riguardo alle motivazioni per le quali, nel marzo del 1842, il naturalista lasciò per sempre Buenos Aires, mentre alcuni storici hanno portano avanti la tesi del dissenso politico di fronte alla presa dei pieni poteri da parte del Generale Rosas, altri, invece, evidenziano come il Ferraris, durante il Rettorato del Prof. Paulino Gari, aveva chiesto ed ottenuto una licenza straordinaria di 18 mesi, onde poter tornare in Europa per <<questioni particolari>>[13]. In realtà sarebbe bastato poco per comprendere come il vero motivo per il quale il Prof. Carlo Giuseppe Ferraris ebbe finalmente la possibilità di rientrare in Italia fu un altro, anche se coincise con l’infausto 1842 (a detta degli anti-Rosisti). Il 26 marzo del 1842, in occasione delle nozze di S.A.R. il Principe di Savoia con l’Arciduchessa d’Austria Maria Adelaide, il Re di Sardegna, Carlo Alberto, aveva concesso un indulto generale a favore dei condannati per reati politici, tra i quali troviamo anche il nostro Ferraris[14]. Era chiaro, a questo punto, che dopo vent’anni d’esilio in giro per il mondo il naturalista piemontese avesse il desiderio di tornare in Patria, sia per abbracciare i suoi cari che per rivedere la propria Terra d’origine. Naturalmente non poteva trattarsi di una vacanza breve, né tantomeno lo scienziato aveva intenzione di abbandonare definitivamente l’Argentina. Se fosse stato così avrebbe dovuto obiettivamente rassegnare le dimissioni dalla carica di Direttore del più volte citato Museo. Ebbene, a nostro avviso s’intende, a trarre in inganno alcuni dei suoi biografi vi è la circostanza della vendita della sua avviata farmacia a favore di Silvestro De Marchi, il noto commerciante e industriale originario del Canton Ticino (Svizzera), elemento, questo, che ha fatto supporre ad una rinuncia definitiva da parte del Ferraris. Viene confermato, invece, il dato storico secondo il quale, prima di lasciare l’Argentina, il Prof. Ferraris spedì in Piemonte una serie di casse contenenti animali imbalsamati e altri elementi acquisiti da lui stesso durante i suoi viaggi attraverso l’Argentina, oggetti successivamente donati al Museo di Scienze Naturali dell’Università di Torino e a quello Civico di Milano[15].

  1. A Milano e a Napoli in rappresentanza della Repubblica Argentina (1844 -1845).
Un vecchio bollettino del Museo di Storia Naturale di Buenos Aires

Stabilitosi, molto probabilmente nella stessa Tonco, ove era nato e insistevano le proprietà di famiglia, il Prof. Ferraris prese immediatamente contatti con il Museo di Scienze Naturali di Torino, al quale, come anticipato prima, donò parte dei materiali naturalistici da lui stesso recuperati in Argentina nel corso di vari anni. Il generoso atto fu molto apprezzato dallo stesso Re Carlo Alberto, il quale fece <<…attestare per lettera dal sig. Conte di Serravalle il suo sovrano aggradimento>>[16]. La prolungata permanenza in Piemonte consentì all’ormai celebre naturalista di partecipare ai famosi Congressi degli Scienziati Italiani, a partire dal VI, che si tenne a Milano a far data dal 12 settembre del 1844, sotto la presidenza del Conte Vitaliano Borromeo, riunendo ben 1.159 iscritti, provenienti da ogni angolo della Penisola, d’Europa e, quindi, anche dal Continente Americano. Fu proprio in quella circostanza che il Ferraris, avendo fatto amicizia con il Dott. Carlo Bassi, Segretario Generale del Congresso ma soprattutto Conservatore del Museo Civico di Milano, decise di contribuire alla crescita espositiva di quella nobile istituzione. Fu così che <<Anche il Museo di Milano fu arricchito di vari esemplari d’uccelli da lui offerti nell’occasione del sesto Congresso…>>[17]. Ciò avvenne a fine settembre ’44, come ci ricorda il diario di quegli avvenimenti[18]. Ebbene, che il Prof. Ferraris occupasse ancora la poltrona di Direttore del Museo di Storia Naturale di Buenos Aires è un dato che ci viene confermato dagli stessi atti del Congresso, nei quali egli viene identificato proprio come tale, chiamato, quindi, a relazionare gli astanti riguardo a questioni prettamente Argentine, nell’ambito del settore “Zoologia”, nella seduta del 1° ottobre, presieduta dal Principe Carlo Luciano Bonaparte[19]. Anche l’anno seguente, la comunità scientifica, desiderando avvalersi dell’esperienza da lui maturata in Argentina, lo invitò alla VII Conferenza degli Scienziati Italiani, la quale si tenne, sempre in settembre, ma questa volta a Napoli, sotto la presidenza di Nicola Santangelo. Ebbene, anche in questa seconda occasione, al nome del Prof. Ferraris fu associata l’importante funzione di Direttore del Museo di Storia Naturale di Buenos Aires, anche se poi, ovviamente per i motivi che evidenziavamo in apertura (disinformazione anti-Rosista), il suo stesso nome non compare tra i partecipanti provenienti da varie località del mondo. In ogni caso e al di là di tale aspetto, il Ferraris relazionò gli intervenuti nel corso dell’adunanza del 30 settembre ’45, attraverso una memoria riguardante il “pulex penetrans”, un organismo vivente da lui individuato in Argentina e del quale in Europa se ne sapeva veramente poco[20]. Il Prof. Ferraris rimase – almeno secondo la nostra ricostruzione – in organico al Museo di Storia Naturale di Buenos Aires ancora per qualche tempo, tant’è vero che nel corso dello stesso 1846, i prima cennati “Annali Universali di Statistica”, osservavano quanto segue: <<Ora trovasi fra noi avendo avuto con lettera del ministero di quella Repubblica il permesso d’altri due anni d’assenza, nel corso dè quali l’illustre nostro amico compirà l’intrapresa ordinazione dè suoi studi su quelle regioni>>[21]. In realtà, fu proprio la stessa rivista che ebbe ad anticipare che di lì a poco il Ferraris sarebbe stato sostituito da un nuovo Direttore, nella persona del sig. De Marchi. Sfortunatamente non conosciamo la data esatta del “passaggio di consegne”, ma effettivamente il glorioso Museo di Storia Naturale di Buenos Aires, che per anni il Ferraris aveva gestito nella sua storica sede presso il Convento di Santo Domingo, passò in quel contesto storico sotto la Direzione di Antonio De Marchi, figlio di quel Silvestro al quale il Ferraris aveva ceduto la propria farmacia, anche lui affermato commerciante e industriale, ma soprattutto “influente” cittadino bonearense essendo il genero del Generale Juan Facundo Quiroga, molto vicino allo stesso Generale Rosas, assassinato nel 1835.

Uno degli esemplari di lupo rosso censiti dal Prof. Ferraris

Nel settembre dello stesso 1846, allorquando il Prof. Ferraris prese parte all’8 Congresso degli Scienziati Italiani, che sempre in settembre si riunì a Genova sotto la presidenza del Marchese Antonio Brignole Sale, lo troviamo citato come Professore di Storia Naturale e Direttore del Gabinetto di Fisica e Chimica, incarico che avrebbe svolto a Torino per diversi anni. A pesare sulla decisione di non tornare più in Argentina vi era certamente la gravissima situazione che quel Paese stava affrontando, trovandosi in guerra contro il Brasile, Paraguay e Uruguay, peraltro difficile da raggiungere a causa del blocco navale che gli anglo-francesi, che appoggiavano l’Uruguay, imposero sul Rio de la Plata.

  1. Considerazioni finali.

Un elemento che accomuna tutti i suoi biografi è quello secondo il quale il Prof. Carlo Giuseppe Ferraris era ritenuto, soprattutto in Argentina, una persona di grande cuore e di grande bontà, tanto è vero che, messa su una discreta fortuna economica, grazie alla gestione della farmacia bonearense, si dimostrò sempre solidale, soprattutto con i tanti giovani esuli che affluivano a  Buenos Aires, tra i quali, tanto per citare un esempio tangibile, troviamo anche Luigi Tamini (1814 – 1897), divenuto poi celebre medico, il quale, nel 1838, gli dedicò la propria tesi di laurea, conseguita presso la Facoltà di Medicina dell’Università porteña. Della sua generosità se ne avvalsero anche le Istituzioni scientifiche, sia argentine che italiane, presso i cui Musei di Storia Naturale è ancora oggi depositata la maggior parte degli esemplari dei resti di animali da lui stesso catturati e imbalsamati, ovviamente ai soli fini del loro studio e del relativo apporto che avrebbero potuto avere a favore di nuove scoperte scientifiche. Era, questa, in effetti, l’unica ragione della sua vita, dopo quella per la libertà e l’indipendenza dei popoli, valori per i quali si era tanto battuto, sia in Patria che nella stessa Argentina, come speriamo di aver documentato attraverso queste pagine.

Col. (a) Gerardo Severino
Storico Militare

[1] Cfr. Gerardo Severino, Vittorio Ferrero: l’eroe di San Salvario, in www.giornidistoria.net, 15 luglio 2021.

[2] Cfr. Dionisio Petriella – Sara Sosa Miatello, Diccionario Biografico Italo – Argentino, Buenos Aires, Asociacion Dante Alighieri, 1876, p.279.

[3] Cfr. Gerardo Severino, Bartolomé Mitre, lo statista argentino che tradusse Dante, in www.giornidistoria,net., 18 agosto 2021.

[4] Sull’argomento vgs. Gerardo Severino, De Angelis, il console napoletano con l’amore per l’Argentina, in www.giornidistoria.net, 26 settembre 2021.

[5] L’iniziativa si doveva allo stesso Rivadavia, già segretario del Primo Triumvirato e grande promotore della scienza e della cultura, il quale aveva ipotizzato, sin dal 1812, che le Province dovessero raccogliere elementi per <<avviare l’istituzione nella Capitale di un Museo di Storia Naturale>>. La stessa disposizione fu promossa nuovamente dal Rivadavia nel 1823 , quando ricoprì la carica di Ministro del Governo e delle Relazioni Estere del Governatore di Buenos Aires, Generale Martín Rodríguez, anche se raggiunse il suo obiettivo solo ai tempi della sua breve Presidenza delle Province Unite del Río de la Plata, tra il 1826-1827 .

[6] Cfr. Alcides de Orbigny, Voyage pictoresque dans les deux Ameriques, Parigi, 1836.

[7] Cfr. AA.VV., Il Lavoro degli italiani nella Repubblica Argentina, Buenos Aires, Edizione de <<La Patria degli Italiani>>, 1910, p.74.

[8] Ivi, p. 71.

[9] Cfr. Ernesto J. Fitte, La Agresión francesa e la esquadra argentina en 1829, Buenos Aires, Edizione Plus Ultra, 1976, p. 25.

[10] Del suo valore ne diede testimonianza anche il Generale Juan Antonio Álvarez de Arenales, in un suo libro dedicato alla storia dell’indipendenza Americana.

[11] Cfr. Petriella e Sosa Miatello, op. cit., p. 280.

[12] La più importante della quale si trova in Giancarlo Libert, Astigiani nella Pampa. L’emigrazione dal Piemonte, dal Monferrato e dalla provincia di Asti in Argentina, Chivasso 2005, pag. 109-113

 

[13] Ibidem.

[14] Cfr. Antonio Manno, Informazioni sul Ventuno in Piemonte ricavate da scritti inediti di Carlo Alberto, di Cesare Balbo e di altri, 2^ Edizione, Firenze, Tipografia della Gazzetta d’Italia, 1879, p. 166.

[15] Cfr. Francesco Lampato (a cura di), Annali Universali di Statistica, Economia Pubblica, Geografia, Storia, Viaggi e Commercio, numero di gennaio, febbraio e marzo 1846, Milano, presso la Società degli Editori degli Annali, 1846, p. 177.

[16] Ibidem.

[17] Ibidem.

[18] Cfr. Diario della Sesta Riunione degli Scienziati Italiani convenuti a Milano nel settembre 1844, n. 13 del 26 settembre 1844, p. 7.

[19] Cfr. Diario della Sesta Riunione degli Scienziati Italiani convenuti a Milano nel settembre 1844, n. 15 del 1° ottobre 1844, p. 12.

[20] Cfr. Atti della Settima Adunanza degli Scienziati italiani tenuta a Napoli dal 20 settembre al 5 di ottobre 1845, Parte 1^, Napoli, Stamperia del Fibreno, 1846, pp. 763 e 764.

[21] Cfr. Francesco Lampato (a cura di), Annali Universali di Statistica, Economia Pubblica, Geografia, Storia, Viaggi e Commercio, op. cit. p. 177.