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L’inchiesta/Grande Guerra: fucilati per mano amica

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Il telegramma del Comando Supremo – Reparto Giustizia che comunica l’esecuzione di 4 soldati (fonte: Archivio Centrale dello Stato)

Fucilati per mano amica

di Vincenzo Grienti

Roma, 28 luglio 2016

Storie di fucilati per mano amica, storie di ragazzi che partirono per la guerra e non tornarono più. “3167 Rosso. Stamane ha avuto luogo esecuzione soldato Buda Carmine e Annaloro Antonino. Oggi pronunziate due condanne fucilazione carico soldato Passantino Salvatore 144° Reggimento Fanteria allontanatosi trincea inizio azione 28 marzo e soldato Eufemi Pietro 88° Reggimento fanteria agente principale reato rivolta perché 13 marzo rifiutò obbedire con altri dovendo andare trincea. Stop”. E’ solo uno di centinaia di messaggi stringati trasmessi tra i comandi per comunicare di aver posto fine alle vite di giovani, rei di aver infranto le dure regole della disciplina militare. E’ il caso di Salvatore Astuto, 26 anni, di Caltanissetta, analfabeta, del 49° Battaglione bersaglieri. Fu “accusato di codardia” e per questo condannato “per mezzo della fucilazione nel petto” perché il 14 maggio del 1916 si rifiutò di andare in prima linea insieme alla sua compagnia.

Storie che emergono dai documenti custoditi presso l’Archivio Centrale dello Stato, utili a comprendere il dramma di quella “inutile strage” che fu la Grande Guerra. Molti di quei ragazzi non erano mai usciti fuori dal proprio paese, non parlavano italiano, non sapevano né leggere né scrivere. Molti avevano paura. Era umano, comprensibile. Ma soprattutto avevano capito di essere “carne da macello” e l’invio in prima linea per compiere assalti o far breccia al di la della “terra nessuno” nelle trincee nemiche, spesso diventava una vera e proprio condanna a morte. Per questo se qualcuno di quei ragazzi con i sogni e le speranze di tutti i ventenni si rifiutava veniva considerato colpevole di gravi reati contro la disciplina militare. Ma c’erano anche punizioni, specie per i soldati di truppa, per colpe minori rispetto a quelle di rifiutarsi di andare in prima linea. Per esempio l’aver fumato una sigaretta nel posto sbagliato al momento sbagliato. Un capitolo, questo, poco conosciuto della storia italiana che, grazie all’appello di uomini di cultura, docenti universitari e intellettuali, è ritornato di attualità ed è diventato una proposta di legge che ne vuole riabilitare la memoria.

Giovanni Moglia, 28 anni, torinese, sposato con figli, era un commerciante. Da sergente del 162° Reggimento Fanteria fu accusato insieme a Natale
Lanza, 26 anni di Novara, falegname, di «abbandono del posto di combattimento in faccia al nemico». Per Moglia ci fu la condanna «per mezzo della fucilazione nel petto». Lanza invece ebbe una pena a venti anni di reclusione in carcere militare. Come Moglia e Lanza, così come Astuto, Buda e tanti altri le pene furono molto severe. Molti militari italiani furono sottoposti a processi anche per futili motivi, come quello di aver omesso il saluto militare a un superiore in grado. In totale, i soldati processati durante il conflitto furono 262.481, a cui si aggiunsero 61.927 civili e 1.119 prigionieri di guerra. Nell’insieme furono processate 325.527 persone. In questa moltitudine di procedimenti, 4.028 si conclusero con la condanna alla pena capitale, di cui 2.967 con gli imputati contumaci e 1.061 al termine di un contraddittorio. Le sentenze eseguite furono 750, ma il numero dei fucilati fu molto di più. Si stimano circa altri 350 gli uomini giustiziati attraverso decimazioni o esecuzioni sommarie.

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La pagina del quotidiano Avvenire dal titolo “L’Italia dei poveri messa muro” a firma di Vincenzo Grienti

Questa storia nella storia, grazie all’appello di uomini di cultura, docenti universitari e intellettuali, è ritornata di stretta attualità. Lo scorso anno è diventata una proposta di legge, con primo firmatario Gian Piero Scanu. Discussa e votata dall’Aula della Camera dei Deputati all’unanimità nella seduta del 21 maggio 2015, la questione è approdata su alcuni organi di stampa, in particolar modo su Avvenire e Tv2000 che ha dedicato ampi servizi e approfondimenti sul tema dei “disertati”, sul perdono e la riabilitazione per i militari fucilati. Un tema, questo, che si è discusso a Roma anche in una tavola rotonda organizzata dal Forum della cultura cristiana. “L’iniziativa si inserisce nello sfondo delle iniziative per il centenario della Grande Guerra con la volontà di andare oltre la mera celebrazione, ricordando gli esclusi, le vittime dimenticate di tanta brutalità umana” ha detto il presidente del Forum Roberto de Tilla. Dal punto di vista dello storico “è molto interessante che cento anni dopo si torni a parlare di questo tema, finalmente, nell’opinione pubblica” ha spiegato Nicola Labanca, docente di Storia contemporanea all’Università di Siena. Nonostante l’argomento è noto tra gli storici da circa mezzo secolo, “si sa ancora troppo poco e serve poter studiare altra documentazione per approfondirlo e fare davvero chiarezza anche sulle cifre, sia in merito alle fucilazioni legali che a quelle sommarie” ha aggiunto Labanca. Il numero delle sentenze eseguite si attesta a 750, ma il numero dei fucilati fu sicuramente molto di più. Si stima circa altri 350 gli uomini giustiziati attraverso decimazioni o esecuzioni sommarie. Un numero altissimo rispetto a quello dei fucilati negli eserciti degli altri Paesi belligeranti: dalla Francia all’Inghilterra alla Germania. I soldati che indossavano la divisa del Regio Esercito erano giovani afflitti dalla miseria non meno che dall’alfabetismo ha fatto riflettere lo storico Giuseppe Galasso mentre lo storico Giovanni Marco Cavallarin in riferimento ai nostri soldati ha parlato “di gente che è stata costretta ad uscire dalle trincee e andare incontro al nemico. Gente che non capiva il senso di questa guerra”. Basta pensare ai Carabinieri Reali che avevano l’incarico di colpire i soldati che fossero tornati indietro o che avessero tentennato ad andare avanti. “Una bestialità della politica del tempo” ha sottolineato Gian Piero Scanu, della Commissione Difesa alla Camera dei Deputati ribadendo l’importanza della revisione dei processi di tutti coloro che furono passati per le armi per alto tradimento o cause simili. “Una pagina nera nella storia del nostro Paese per la quale oggi lo Stato chiede perdono” ha detto Scanu aggiungendo che la legge non intende in alcun modo aprire ad atti di revisionismo storico, ma solo sollecitare ad una “lettura onesta della nostra storia che dovrà essere rigorosa, lontana da sentimenti antimilitaristi, animata da autentica volontà di ricerca della verità, che vogliamo ottenere a qualunque costo”.
Un tema, quello dei militari fucilati nella Grande Guerra, da anni studiato e approfondito dallo storico Alberto Monticone  e che oggi è assolutamente da rileggere per comprendere tutta la drammatica vicenda, a maggior ragione dopo le parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, in un messaggio inviato al convegno “L’Italia nella guerra mondiale e i suoi fucilati” svoltosi nel 2015 al Museo d’arte moderna e contemporanea di Rovereto, ha sottolineato che “la memoria di quei mille e più italiani uccisi dai plotoni di esecuzione” durante la Grande Guerra, ” interpella oggi la nostra coscienza di uomini liberi e il nostro senso di umanità”.