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Ritrovata una preziosa lettera di Rina Todaro al CLN di Sottomarina

Riceviamo e pubblichiamo lo Speciale, curato dal Prof. Fabrizio Boscolo Caporale, di “Notizie ANPI Chioggia”, N. 90 – 21 novembre 2023.   
Lo Speciale, in oggetto, propone la pubblicazione, corredata di un apparato critico essenziale, della lettera, datata 9 maggio 1945, di Rina Anichini, la giovane vedova del Comandante Salvatore Todaro, al CLN di Sottomarina. Tale documento estremamente prezioso è stato  riscoperto dal Prof. Boscolo nel corso di un’esplorazione preliminare del fondo storico del CLN di Sottomarina, conservato presso l’Archivio Storico Comunale “Dino Renier” di Chioggia. 

Premessa. Cronaca di una sorprendente scoperta

Rina Anichini Todaro

La lettera di Rina Todaro, datata Ca’ Bianca 9 maggio 1945, al Comitato di Liberazione Nazionale di Sottomarina è stata rinvenuta da chi scrive con sua immensa ed emozionante sorpresa nei primi giorni dello scorso dicembre (2022) nel corso di un’esplorazione storiografica di carattere assolutamente preliminare del fondo storico del CLN di Sottomarina. Tale preziosa documentazione è conservata e resa accessibile agli studiosi solo da alcuni anni presso l’Archivio Storico Comunale “Dino Renier” di Chioggia, grazie ad una benemerita donazione quanto mai virtuosa e lungimirante da ogni punto di vista. Essa si deve in particolare all’intuizione ed alla perseveranza della compianta e cara amica prof.ssa Gina Duse – illuminata coordinatrice del gruppo di lavoro del “Tavolo cittadino per la Costituzione” negli anni 2017-2018 – cui va il mio affettuoso e commosso ricordo (1)

Stavo esplorando l’interno di un “faldone rosso”, il secondo in ordine di posizione nel fondo CLN di Sottomarina, quando mi sono imbattuto in una “cartellina rossa” intitolata “F.L.N. DOCUMENTI”. Sul frontespizio vi era stato appuntato un post-it giallo con la scritta a mano di Gina Duse “15 fatto”. Numerazione progressiva poi ripresa nella rigorosa e diligente compilazione della “Descrizione sintetica della documentazione che si intende donare”: il fondamentale dattiloscritto, curato sempre in prima persona da Gina, che si prefigurava come un primo e indispensabile inventario archivistico del fondo storico del CLN di Sottomarina.

Scorrendo i vari documenti della “cartellina 15” (“busta 15”, attenendosi ad un lessico propriamente archivistico), sono rimasto subito attratto da una lettera manoscritta. Essa si trovava collocata esattamente in dodicesima posizione (da qui l’indicazione di “foglio 12” nella segnatura archivistica) ed era firmata, per l’appunto, “Rina Todaro”.2 Dopo averla letta con grande attenzione e non poca trepidazione, ho subito realizzato, in base al suo breve ma intenso ed inconfondibile contenuto, che si doveva trattare proprio della moglie, rimasta vedova in giovane età, del Comandante Salvatore Todaro. Una prima chiave attributiva suffragata, anche solo a prima vista, da un insieme di indizi assolutamente convergenti tra loro.

Il primo tra questi era che la moglie del Comandante, in quel contesto comunicativo caratterizzato da un destinatario ufficiale quale il CLN di Sottomarina, aveva scelto di firmarsi “Rina Todaro”, ricorrendo esclusivamente al cognome dello “Sposo caduto”. Espressione, quest’ultima, assolutamente centrale nel breve testo della lettera, che rinvia da un lato ad una fusione sentimentale di struggente affetto e devastante dolore e dall’altro ad una precisa qualificazione del suo status sociale di giovane vedova di un Comandante della Regia Marina quale Salvatore Todaro.

In quel momento fatidico del ritrovamento della lettera non figurava nella mia memoria in una forma assolutamente certa il nome della moglie di Salvatore Todaro: ovvero Rina. Provavo, comunque, la vaga sensazione di averlo già incrociato da qualche parte, avendo letto e/o consultato in passato alcuni tra i più importanti contributi storiografici dedicati a Salvatore Todaro. Il nome “Rina” suscitava in me la netta sensazione che l’ipotesi di attribuire in prima battuta quella lettera alla giovane vedova del Comandante Salvatore Todaro andasse nella giusta direzione.

Un’intima convinzione rafforzata anche da un singolare impatto emotivo con un insieme di dettagli formali tra loro confluenti. Tali da emanare, per così dire, una sorta di “fascinosa aura” intorno al documento, che rinviava di per sé ad una “storia importante”. Questa percezione veniva offerta in primis da una grafia visibilmente elegante, nonostante un’impaginazione non esente da qualche lieve sbavatura, probabilmente dovuta alla fretta nel volere rispondere nella stessa giornata dell’avvenuta ricezione ad una importante comunicazione del CLN di Sottomarina. A questa si allude esplicitamente nello stesso primo capoverso della lettera di Rina Todaro. Un altro elemento caratterizzante è una prosa sintetica, asciutta e sobria. Ma, nel contempo, non priva di una propria raffinatezza stilistica, con alcune notevoli punte espressive, decisamente solenni e in linea con l’eccezionalità di quel dato momento storico. Un registro tendenzialmente formale, ma tutt’altro che arido o asettico. Traspare anche un tono comunicativo empatico, a prescindere dal ricorso a convenzioni formali in uso in quel tempo (l’uso della lettera maiuscola non solo per i pronomi di cortesia ma anche per alcune parole-chiave). La sottile trama retorica – che lega fluidamente parole scelte con raro acume – veicola, altresì, un accorato e sincero trasporto emotivo ed affettivo.

Il che denotava – pur nei limiti di una mia prima e soggettiva lettura – le singolari qualità di una donna di notevole spessore culturale, civile ed umano. Sembrava, come in un gioco di specchi, che nelle parole vergate da questa donna di non comune personalità si potessero intravedere in controluce i “riflessi” – da leggere ovviamente in modo reciproco e biunivoco – dell’uomo non comune che aveva amato e portava ancora nel suo cuore. Al di là di queste velate suggestioni romantiche, comunque non peregrine, restava pur sempre il fattore non trascurabile ed oggettivo che non possedevo allora alcun riscontro documentario e/o bibliografico che mi potesse confermare l’ipotesi attributiva di partenza. Non potevo contare neanche su un circonstanziato ricordo personale di quando avessi probabilmente incrociato il nome della moglie del Comandante, magari accompagnato anche dal suo cognome da nubile. Un dato anagrafico tutt’altro che secondario, che non compariva direttamente nella lettera in questione.

Per sciogliere nell’immediatezza qualsiasi dubbio, la prima cosa che mi passò fulmineamente per la testa fu quella di telefonare dalla stessa sala ricerche dell’archivio storico allo studioso e caro amico Pier Giorgio Tiozzo Gobetto, con cui avevo intrattenuto nei mesi estivi precedenti non poche ed appassionate conversazioni intorno ad una sua importante ricerca, allora in pieno svolgimento, proprio su Salvatore Todaro.

Dopo una rigorosa ma rapida verifica, Pier Giorgio, anche lui sensibilmente emozionato, mi ritelefonò prontamente, confermando che la moglie di Salvatore Todaro si chiamava proprio “Rina”. Il cerchio, almeno dal mio punto di vista, si era chiuso per quanto concerneva la questione dell’attribuzione. Proseguendo, Pier Giorgio aggiunse che era “Anichini” il suo cognome da nubile. E che la signora Rina Anichini in Todaro era originaria di Livorno. Fu, infatti, nella sua città natale che Rina conobbe Salvatore, quando lui vi si era trasferito per frequentare l’Accademia Militare della Regia Marina. Queste tempestive e dettagliate informazioni ricevute da Pier Giorgio Tiozzo Gobetto, che ora desidero ringraziare anche pubblicamente, mi riempirono di quella strana e infantile gioia che si avverte di fronte ad un’imprevista scoperta.

Come è nata l’idea della presente pubblicazione

Poco dopo la “calda telefonata” di Pier Giorgio Tiozzo Gobetto, arrivò paradossalmente puntuale una “doccia fredda”. Appresi, infatti, dal mio amico che la sua ricerca su Salvatore Todaro si era da poco conclusa in via definitiva. Pier Giorgio aveva già consegnato il suo intervento, “Duemila anni di civiltà”. Il Comandante Salvatore Todaro e Sottomarina, per il volumetto Il Comandante Salvatore Todaro (1908-1942). Cittadino di Chioggia, a cura di Cinzio Gibin, collana di monografie Il Novecento di “Chioggia, Rivista di studi e ricerche”. Questo bel volumetto sul Comandante Todaro, comprendente anche un altro importante intervento di Sergio Ravagnan, Salvatore Todaro (1908-1942) Ufficiale della Regia Marina, era ormai entrato nella fase definitiva di stampa presso l’editrice Il Poligrafo di Padova, dovendo uscire in occasione della ricorrenza dell’ottantesimo della morte di Salvatore Todaro. Come si suol dire in questi casi, si era irrimediabilmente perso il treno. Era sfumata, cioè, l’occasione di passare il testimone, come avviene in una staffetta, a Pier Giorgio, affinché fosse lui a portare a termine un’utilizzazione e pubblicazione della preziosa lettera nell’ambito del suo lavoro scientifico, promosso da “Chioggia. Rivista di studi e ricerche”, semestrale della Biblioteca Civica “Cristoforo Sabbadino” del Comune di Chioggia.

Restava il fatto che la lettera di Rina Todaro al CLN di Sottomarina avrebbe meritato indubbiamente di essere fatta conoscere quanto prima non solo agli addetti ai lavori ma anche ad un pubblico più ampio. Questo è stato il pensiero che, di tanto in tanto, è riaffiorato in me, quasi a richiamare un mio preciso senso del dovere. Una responsabilità morale e intellettuale, cui non potevo sottrarmi, in quanto effettivo protagonista, seppure in un modo del tutto occasionale, della scoperta di un documento archivistico decisamente importante.

Sospinto da questo sotterraneo moto interiore, a distanza di più di anno – altresì segnato da una brusca interruzione delle mie ricerche d’archivio per motivi di salute – mi è balenata  l’idea, pur non rientrando nella schiera di studiosi che si sono occupati specificatamente di Salvatore Todaro, di prendere personalmente l’iniziativa per conseguire l’obiettivo della pubblicazione di questa preziosa lettera di Rina Todaro al CLN di Sottomarina, garantendone in questo modo la conoscenza, valorizzazione e diffusione.

L’idea della sua pubblicazione, da corredare opportunamente con un apparato critico essenziale, si è associata con naturalezza nella mia mente con “Notizie ANPI Chioggia”, foglio di informazione della Sezione “Otilla Monti Pugno” della Associazione Nazionale Partigiani d’Italia di Chioggia, dal momento che il destinatario ufficiale della lettera di Rina Todaro era il CLN di Sottomarina. Come già sottolineato in precedenza, il fondo storico di tale organismo democratico ed antifascista è ora accessibile presso l’archivio storico cittadino grazie all’intervento del “Tavolo cittadino per la Costituzione”, avente come punto di riferimento l’ANPI di Chioggia.

Ringrazio pubblicamente il compagno Giorgio Varisco, Segretario dell’ANPI di Chioggia, unitamente a tutto il circolo dedicato a Otilla Monti Pugno, per avere accolto con vivo entusiasmo questa mia idea della pubblicazione e contribuito fattivamente a realizzarla.

Concorrono due ragioni distinte, ma tra loro convergenti, nella mia scelta di pubblicare questa lettera di Rina Todaro in “Notizie ANPI Chioggia”, che vanta una nobile e consolidata tradizione di valorizzazione di documenti, materiali ed approfondimenti storici inerenti alla Resistenza e alla Lotta di Liberazione Nazionale dal nazifascismo sia a Chioggia che nel suo territorio.

La prima ragione – per certi versi fisiologica, cui tengo anche come cittadino “marinante” – è quella di contribuire alla ripresa di un percorso di valorizzazione del fondo storico del CLN di Sottomarina, a partire dalla consapevolezza critica della sua importanza e dei suoi caratteri originali. La mia stessa esplorazione di carattere preliminare del dicembre 2022 verteva principalmente su questa ipotesi di lavoro, considerando le carte del CLN di Sottomarina un osservatorio privilegiato per studiare un peculiare “tempo politico di transizione”, in cui si manifesta un’interessante alterità sia nel dinamismo sociale che nella visione progettuale del futuro di Sottomarina rispetto a Chioggia, che dipende non solo dalle loro differenti identità storiche e strutturali, ma anche da un diverso approccio alla modernità.

La seconda ragione, avente un respiro più ampio ed ambizioso, è quella di favorire una maggiore apertura delle ricerche verso una dimensione culturale e scientifica di carattere sovralocale e nazionale.

Vale ancora di più, in questo caso, l’avvertenza metodologica di attenersi ad una rigorosa autonomia di giudizio, non lasciandosi condizionare sia da effimere mode culturali o concomitanti onde mediatiche del momento che dalle derive faziose di un controverso dibattito pubblico, segnato da una strumentale polarizzazione ideologica.

Analisi e commento della lettera di Rina Todaro al CLN di Sottomarina

Venendo al “cuore civile” del presente contributo, ovvero alla descrizione minuziosa ed analitica del breve ma intenso testo della lettera di Rina Todaro – poco meno di una trentina di righe, ma di eccezionale portata storica ed immenso significato – non si può che partire dallo straordinario rilievo che assume la stessa data che apre la lettera. 9 maggio 1945: solo una quindicina di giorni dopo il 25 aprile, il giorno dell’insurrezione, lo spartiacque storico che segna la liberazione dell’Italia dal nazifascismo e il passaggio alla democrazia.

La lettera di Rina Todaro è una lettera di risposta “alla gentile comunicazione odierna” inviatale dal CLN di Sottomarina, ricevuta, pertanto, lo stesso identico giorno. Il che induce a rilevare quanto fosse prioritaria per il CLN di Sottomarina, in quella fase agitata e delicatissima di transizione, la scelta di istituire prontamente una presa di contatto di carattere ufficiale con la giovane vedova del Comandante, allo scopo di manifestarle, fin da quei primissimi giorni della riconquistata libertà, i più sinceri sentimenti di rinnovato cordoglio, sentito ricordo ed affettuosa vicinanza. Si tratta indubbiamente di un attestato di stima e di affetto nei confronti del Comandante Todaro e della sua famiglia, che costituisce, seppure indirettamente, l’espressione di una precisa scelta politica del CLN di Sottomarina di compiere, sul piano di una memoria condivisa, un gesto apertamente inclusivo nei confronti sia del Comandante Todaro che della sua famiglia.

Fronte della lettera di Rina Todaro al CLN di Sottomarina, datata Ca’ Bianca 9 maggio 1945; il retro segue nella pagina successiva. (Fonte: AAC, fondo CLN Sottomarina, FLN Documenti, b. n. 15, f. 12; lettera di Rina Todaro al CLN di Sottomarina. Su concessione dell’Archivio Storico del Comune di Chioggia. È fatto divieto di duplicazione o riproduzione).
Autorizzazione alla riproduzione fotografica e/o pubblicazione di documenti d’archivio su “Notizie A.N.P.I.  Chioggia” – Trasmissione via email, chioggia@pec.chioggia.org, Chioggia, 03.11.2023 – Richiesta prot. com. n. 59584 del 23/10/2023. Ringrazio in particolare per la gentile e fattiva collaborazione l’amico Enrico Veronese dell’Archivio Storico Comunale “Dino Renier”, unitamente a tutto il personale dell’archivio. Estendo i miei più sentiti ringraziamenti al personale della Biblioteca Civica “Cristoforo Sabbadino”, al funzionario Dott.ssa Cristina Penzo e al Dirigente Dott.ssa Daniela Ballarin.

Quanto al luogo che affianca la data – “Ca’ Bianca”, non Sottomarina – la cosa non deve sorprendere più di tanto. Molto probabilmente la signora Rina, a causa del sopravenuto abbattimento della vecchia casa di Sottomarina, che si trovava nell’area militare di Campo Cannoni3, aveva dovuto trasferirsi nella vicina frazione rurale di Ca’ Bianca insieme ai due giovanissimi figli, Gian Luigi e Graziella. Quest’ultima, di soli due anni, nata dopo la morte in guerra di papà Salvatore. Viene da pensare ad una soluzione chiaramente dettata da una situazione di emergenza, tipica di quei tristi tempi, che si è avvalsa presumibilmente del supporto dei fratelli di Salvatore Todaro (Carlo Alberto ed Aldo) o di loro stretti amici e conoscenti di fiducia. Una località – Ca’ Bianca – più periferica ed appartata rispetto ai centri storici di Sottomarina e Chioggia. Per questo sentita forse più sicura rispetto sia al costante pericolo di bombardamenti aerei nell’ultima fase del conflitto bellico che alle tensioni sociali e ai disordini generati dalle violente reazioni del regime fascista nella sua fase terminale alle iniziazioni di lotta messe in campo dal movimento partigiano.

La lettera, in alto sulla destra, reca l’indicazione del suo destinatario ufficiale: “Al Comitato di Liberazione Nazionale. Sottomarina”.

Segue a capo il primo e seguente capoverso: “Vi ringrazio per la gentile comunicazione odierna, e Vi prego di estendere i miei sentimenti di gratitudine a tutti coloro che operano in Codesto Comitato e che ricordano con affetto fraterno il mio Sposo caduto”.

Prima osservazione: si fa esplicito riferimento, da parte di Rina Todaro, alla ricezione di una “gentile comunicazione odierna”. Dal termine “odierna”, come anticipato sopra, si deduce che il 9 maggio 1945 Rina Todaro abbia ricevuto un’importante comunicazione ufficiale da parte del CLN di Sottomarina, cui segue in giornata la sua pronta risposta. Il ringraziamento è accompagnato dalla preghiera di “estendere i miei sentimenti di gratitudine a tutti coloro che operano in Codesto Comitato”.

Il desiderio di Rina Todaro è quello di far arrivare a tutte le persone attive nel CLN – non solo al vertice, quindi, ma anche a tutta la base – i suoi “sentimenti di gratitudine”.

Poi segue un’affermazione fondamentale: “… e che ricordano con affetto fraterno il mio Sposo caduto.”

Questo sta ad indicare, perlomeno di riflesso, che nella comunicazione del CLN veniva ricordato con “affetto fraterno” il concittadino Salvatore Todaro, lo “Sposo caduto” della signora Rina Anichini. Sono parole forti e dense di notevoli implicazioni che testimoniano in modo sincero un sentito legame affettivo tra Todaro e tutti coloro che in quel momento erano parte attiva del CLN.

Va ricordato, a questo punto, che il gruppo dirigente del CLN di Sottomarina era allora composto da: Amelio Boscolo Chio4 (DC) Presidente, Silvio Bertaggia5 (PCI) Segretario, Guido Bubbola (Partito d’Azione) e Amelio Girardello (PSIUP). Il lavoro del CLN si articolava in Commissioni tematiche allargate. Tra queste un ruolo delicato e non facile, in quel frangente storico, era quello della Commissione Epurazione, avente come segretario Benvenuto Boscolo Berto (DC) e composta dai comunisti Vittorino Boscolo Papo e Marcello Boscolo Meneguolo, dai socialisti Angelo Vianello e Dante Boscolo Momolina e dai democristiani Fortunato Boscolo Bragadin e Angelo Boscolo Meneguolo.6

Proseguendo nell’analisi del testo, il secondo capoverso recita così: “Il momento attuale è grave di problemi, come dite bene; nella bellezza dell’ora, che ha segnato la fine di un incubo, molte sono purtroppo le persone care che noi, spose e sorelle di Sottomarina non rivedremo mai più”.

Rina Todaro, qui, esprime la sua condivisione – “come dite bene” – dell’analisi del CLN riguardo al “momento attuale”, che viene definito “grave di problemi”. Un’espressione sintetica che descrive in modo acuto la drammaticità e peculiarità di un delicato “tempo di transizione”, in cui una molteplicità di nodi sta giungendo al pettine. Si tratta di “problemi” che, tutti insieme, gravano contemporaneamente con il loro peso schiacciante sulla situazione di quei giorni. Ma, nel contempo, in un modo retoricamente mirabile si afferma che tutto questo si inserisce “nella bellezza dell’ora, che ha segnato la fine di un incubo”.

A mio avviso, queste solenni parole hanno una duplice valenza: sottolineano senz’altro la fine della guerra, ma anche la liberazione dal nazifascismo, dal momento che ci si sta rivolgendo al CLN. Ovvero a quel soggetto politico plurale, che aveva saputo unire tutte le forze democratiche ed antifasciste, conseguendo l’obiettivo storico di porre fine ad un oppressivo regime totalitario.

Seguendo un costante filo retorico, tendenzialmente ossimorico, Rina Todaro, dopo aver accennato al sollievo generato dalla “fine di un incubo”, non si dimentica di ricordare le “persone care” che “non rivedremo più”. Convivevano allora drammaticamente nei cuori delle persone sentimenti, anche opposti, di tumultuosa gioia, per la sopracitata “bellezza dell’ora”, e di lancinante dolore, per la perdita delle “persone care”.

E, proseguendo, Rina Todaro si rappresenta nel seguente modo “noi, spose e sorelle di Sottomarina”, collocandosi con naturalezza in mezzo alla gente comune di un paese, cui sente fino in fondo di appartenere. Qui traspare, tra l’altro, un sentimento universale di “fraternità” o più precisamente di “sorellanza”, considerata la declinazione tutta al femminile, nella consapevolezza critica che grava in particolare sulle donne il peso di un’immane tragedia storica.

Tutto questo viene ulteriormente ribadito e rafforzato nel terzo ed ultimo capoverso: “Ed è per questo dolore, sopportato insieme nei giorni tristi, che i miei figli ed io non potremo mai abbandonare codesta terra generosa, alla quale appartenne e volle appartenere Colui che fu sempre il Vostro compagno.”

Nelle parole iniziali emerge il tema della condivisione del dolore, che implica un forte e sincero attaccamento a una “terra” definita “generosa”, per cui sia lei che i suoi figli, qui menzionati significativamente per la prima volta, pensano di non poter abbandonare. I figli rappresentano simbolicamente il futuro. Sono loro implicitamente i protagonisti di un “nuovo inizio”, di una nuova e prospera età di libertà e di democrazia di là da venire.

Ma la “terra” di cui si parla è anche la stessa “alla quale appartenne e volle appartenere Colui che fu sempre il Vostro compagno.” Qui si fondono più elementi. Vi sono tre fili che si intrecciano in modo indissolubile. Un primo filo è quello familiare che lega la moglie ed i figli al padre tristemente venuto a mancare in guerra. Un secondo filo è quello di una comune appartenenza ad una stessa “terra”. Un terzo filo è quello che ruota intorno alla parola-chiave “compagno”, che viene a sancire uno stretto legame esistente da “sempre” tra Salvatore Todaro e tutte le persone del CLN di Sottomarina, che rappresentano, in altri termini, il nucleo embrionale – sociale, intellettuale e politico – di una nuova classe dirigente del paese venutasi a formare nella Resistenza.

Orbene, la parola “compagno” può aprire varie piste interpretative. Cosa si intende per “compagno”?

All’inizio della lettera si parlava di “affetto fraterno”. Pertanto la parola “compagno” può essere correttamente ricondotta a queste due principali dimensioni: l’affettività e la fraternità.

Certo, si tratta principalmente di sentimenti che attengono in prima istanza alla sfera delle relazioni interpersonali, ma sottendono anche un’affinità di fondo nell’intendere i valori comuni e condivisi che sono alla base di una comunità sociale.

Rina Todaro si sta rivolgendo al CLN di Sottomarina, ovvero ad un gruppo di persone, che, seppure pluralmente articolato sul piano ideologico-culturale e politico, era fortemente unito intorno ai valori universali della riconquistata libertà e della nascente democrazia.

La parola “compagno” è una “parola pesante” sul piano dei suoi possibili significati. Ragion per cui occorre in questo caso il massimo di rigore e di prudenza metodologica.

Potrebbe far pensare più o meno legittimamente a una determinata connotazione ideologica ed al caratteristico uso che se faceva nell’ambito specifico del movimento socialista e di quello comunista. È da dire, a questo proposito, che dalla letteratura critica su Salvatore Todaro non sono emersi finora riscontri o indicazioni che attestino simpatie ideologiche e politiche di questa natura. D’altra parte, non si può neanche escludere a priori che l’impiego del termine “compagno”, da parte della livornese Rina Anichini, potesse alludere, di traverso, ad eventuali sue personali simpatie maturate per le forze di sinistra all’interno del campo democratico e antifascista. Ma su questo, giusto per sgombrare il campo da possibili equivoci e indebite forzature, non compare alcuna traccia diretta o indiretta nella letteratura critica sia su Salvatore Todaro che su sua moglie Rina Anichini.

Per quanto concerne l’orientamento ideologico e politico di Salvatore Todaro, nella complessiva storiografia a lui dedicata, prevale, perlopiù correttamente, l’immagine tipica di un brillante militare di carriera, altresì ancorata ad un consonante retroterra familiare e ad una tradizionale fede monarchica. Tra l’altro Todaro è un Ufficiale della Regia Marina particolarmente talentuoso e carismatico, costantemente affascinato dall’innovazione tecnologica e dalla sperimentazione e capace di instaurare un simpatetico e leale rapporto di fiducia con il proprio equipaggio.

Nel contempo, seppure con approcci interpretativi a volte differenziati, è stata evidenziata la complessità e l’atipicità della sua personalità sul piano culturale, che si caratterizza per una variegata, financo controversa ed eccentrica, gamma di curiosità e di interessi culturali, scientifici e, in senso lato, filosofici7, con inconsuete frequentazioni delle culture orientali e della psicanalisi. Infine, un dato condiviso, che accomuna sia il filone degli “studi storico-militari”, si pensi in particolare al fondamentale ed appassionato contributo di Gianni Bianchi8, che quello degli “studi locali”9 (Armando Boscolo, Anton Maria Scarpa, Sergio Ravagnan e Pier Giorgio Tiozzo Gobetto) è quello dell’unanime riconoscimento della spiccata sensibilità sociale ed umanitaria del Comandante Salvatore Todaro, dovuta anche ad una sua elevata formazione spirituale di tipo cattolico.

Il punto di convergenza delle diverse tendenze interpretative della figura di Salvatore Todaro è la comune rivendicazione dell’assoluta centralità simbolica del suo gesto umanitario di decidere, in tempo di guerra, di portare in salvo i naufraghi del Kabalo a bordo del suo sommergibile, il “Cappellini”.  È il richiamo che egli fa alle “leggi del mare” e ai “2000 anni di civiltà” ciò che lo identifica più compiutamente e lo rappresenta simbolicamente, dando vita, per questa via, al singolare fenomeno della sua idealizzazione e mitizzazione, nonché della successiva circolazione e fortuna di una sua immagine cavalleresca, profondamente marcata da un sentimento universale di umanità.10

Tenuto debitamente conto di questo condivisibile e persuasivo profilo sintetico, sarebbe, pertanto, un’autentica forzatura interpretativa volere intravedere a tutti i costi nell’uso del termine “compagno” da parte della moglie Rina Anichini una “chiave retrospettiva” per una collocazione ideologico-politica di “sinistra” di Salvatore Todaro.

Cionondimeno l’uso da parte di Rina Todaro del termine “compagno” con riferimento allo “Sposo caduto” – a prescindere da forzature indebite e da schemi fuorvianti riguardo ad etichettature ideologiche o partitiche di sinistra – rinvia, comunque, ad una sincera condivisione di una elevata dimensione morale e valoriale, imperniata sul primato della dignità della persona umana.

Bisogna anche tenere conto, tra l’altro, che la parola “compagno” sta ad indicare nel linguaggio comune un’ampia molteplicità di possibili significati. Per esempio, si può essere stati, in particolare da ragazzi, compagni di scuola così come compagni di giochi e così via. Per tutti questi casi prevale ovviamente una connotazione di tipo affettivo, pure non trascurabile ed effettivamente presente nel rapporto storicamente determinato tra le persone del CLN di Sottomarina e Salvatore Todaro, compresa naturalmente la sua famiglia.

Etimologicamente la parola “compagno” deriva dal latino ed è composta di cum «insieme con» e panis «pane», ovvero «colui che mangia il pane con un altro».

A me pare che l’uso della parola “compagno” da parte di Rina Anichini Todaro possa raccordarsi pienamente con questa suggestiva origine etimologica. Considerato il particolare momento storico, “grave di problemi”, essere “compagni” voleva significare il saper condividere i beni materiali necessari per la sopravvivenza, come il pane. Ma anche condividere empaticamente con gli altri gli stessi sentimenti, come il dolore, nonché gli stessi fondamentali valori di convivenza civile: libertà, eguaglianza e solidarietà. Gli stessi valori universali che entreranno in seguito nella nostra Costituzione, quale fondamento della nascente repubblica democratica del nostro paese.

A proposito di “pane”, Armando Boscolo, nel suo prezioso volume Il Comandante Salvatore Todaro, pp. 152-153, si è soffermato a lungo sulla stretta e consolidata amicizia tra Salvatore Todaro e Monsignor Umberto Voltolina, il parroco della Chiesa di San Martino di Sottomarina che stava dalla parte degli ultimi, sottolineando in questo modo lo spirito cristiano di caritatevole ed umana solidarietà condiviso fattivamente da Salvatore Todaro, come si evince anche dalla pregnante testimonianza aneddotica della sua sposa.

La breve ma intensa lettera di Rina Todaro si chiude significativamente con la seguente, insieme elegante ed affettuosa, formula di ringraziamento e di saluto:

“Con questi voti Vi rinnovo l’espressione del mio animo grato”.

La firma, come già sappiamo, è la seguente: “Vostra aff ma Rina Todaro”.

Intorno all’uso esclusivo del cognome dello “Sposo caduto” ed alla conseguente non esplicitazione del cognome da nubile valgono le considerazioni argomentative già espresse nella premessa.

Venendo ad un complessivo inquadramento critico della lettera di Rina Anichini Todaro al CLN di Sottomarina, due sono, a mio avviso, i suoi elementi portanti e più significativi, che di “riflesso” contribuiscono a gettare una nuova luce sia sul piano della ricerca storiografica che nello stesso dibattitto pubblico in corso intorno al significato storico e simbolico della figura di Salvatore Todaro.

Il primo elemento concerne il forte radicamento di Salvatore Todaro, di sua moglie Rina Anichini e di tutta la loro famiglia nel tessuto sociale, civile e umano di Sottomarina, contribuendo a rafforzare ulteriormente quanto evidenziato a tal proposito da importanti studi, sia passati che recenti, da quello – encomiabile, ricchissimo di testimonianze dirette ed apripista – di Armando Boscolo negli anni Settanta dello scorso secolo a quello metodologicamente più aggiornato e recentissimo di Pier Giorgio Tiozzo Gobetto. In particolare quest’ultimo contributo, più volte da me citato, è l’unico, finora, ad avere collegato criticamente una dimensione strettamente locale con un orizzonte sovralocale, tendenzialmente globale e di valenza universale.

Il secondo elemento portante – quello senz’altro più innovativo e dirompente – riguarda lo stretto e solidale rapporto umano, che si evince da un’attenta lettura della lettera, tra la signora Rina Anichini Todaro e tutte le persone che fanno capo al CLN di Sottomarina.

A mio avviso, si tratta di un rapporto non riducibile ad una sfera genericamente affettiva, in quanto tale “neutra” sotto il profilo sia culturale che politico. Al contrario, tale significativo rapporto di empatia umana con tutto l’entourage del CLN di Sottomarina attesta anche una netta scelta di campo da parte di

 

 

 

Copertina del volumetto Il Comandante Salvatore Todaro (1908-1942). Cittadino di Chioggia, a cura di Cinzio Gibin, collana di monografie Il Novecento di “Chioggia, Rivista di studi e ricerche”, Città di Chioggia 2022.

Rina Anichini Todaro, che è la conseguenza naturale di una sentita affinità di sensibilità e di valori. Essa affonda le sue peculiari radici in una rete consolidata di relazioni interpersonali e sociali, coltivata “da sempre”. Ovvero, giusto per essere chiari su questo punto dirimente, molto prima dell’avvenuta liberazione dal nazifascismo. In tempi, quindi, non sospetti. Pertanto, a mio avviso, non vi si può riscontrare alcuna forma di doppiezza morale o di opportunismo storico. Fenomeni che pure sono stati presenti in tutti i cambiamenti repentini di regime, compreso il travagliato passaggio tra il regime fascista e la repubblica democratica nata dalla Resistenza.
Del resto la scelta del campo democratico ed antifascista naturalmente sancita con questa sua lettera da Rina Anichini Todaro è perfettamente speculare alle stesse attestazioni di stima e di affetto espresse ufficialmente dal CLN di Sottomarina nei confronti del suo “Sposo caduto”, ovvero del Comandante Salvatore Todaro.
La naturale collocazione di Rina Anichini Todaro a fianco del CLN di Sottomarina trae la sua linfa da una rete virtuosa e solidale di antecedenti relazioni interpersonali e sociali con tutte le persone del CLN di Sottomarina. Si basa in primis, come sottolineato in precedenza, su una sostanziale affinità di valori morali e civili. Gli stessi valori universali, a guardar bene, che in quel mese di maggio del 1945 si configuravano come il primo fondamento di un “nuovo inizio” della vita democratica del nostro paese. Valori universali, umani e civili, diametralmente opposti all’ “incubo”, cui si riferisce nella lettera Rina Anichini Todaro. Una tragedia, quella di un’atroce e sanguinosa guerra, che si intende lasciare definitivamente alle spalle. Un “incubo”, la cui responsabilità ricade totalmente sul regime fascista. È vero, quest’ultimo giudizio, Rina Todaro non lo esprime direttamente, ma lo lascia facilmente intuire.
Nella lettera di Rina Todaro al CLN di Sottomarina risultano assolutamente centrali gli stessi valori umani e civili che ritroviamo nella nostra Costituzione democratica e antifascista, alla cui scrittura hanno dato un fondamentale contributo i nostri concittadini e costituenti Riccardo Ravagnan e Lina Merlin. Una Costituzione che nell’articolo 11 “ripudia la guerra”. Un principio fondamentale per chi, come Rina Anichini Todaro e le “spose e sorelle di Sottomarina”, aveva sofferto e patito la vicenda tragica della guerra come un “incubo”.

Riflessioni conclusive. La lettera di Rina Todaro e il dibattito pubblico sul “Comandante”

Non si può chiudere il ragionamento critico intorno alla lettera ritrovata di Rina Anichini Todaro al CLN di Sottomarina senza interrogarsi sul corretto rapporto da istituire tra il significato intrinseco di tale prezioso documento e il dibattito pubblico esploso in questi ultimi mesi intorno alla figura del Comandante Salvatore Todaro.
La principale ragione dello straordinario risalto recentemente assunto nell’immaginario collettivo dalla figura di Salvatore Todaro è l’attualità della sua decisione di salvare in tempo di guerra i naufraghi del Kabalo a bordo del suo sommergibile “Cappellini”.
Un episodio storico dalla forte valenza simbolica, che costituisce criticamente il focus centrale della magistrale ricostruzione storiografica della figura di Salvatore Todaro operata nel suo fondamentale saggio dall’amico Pier Giorgio Tiozzo Gobetto, di cui si riporta il seguente e significativo passo (p. 59, cap. “2000 anni di civiltà alle spalle”, La vicenda del “Kabalo” esempio universale di umanità):

“Il salvataggio dei naufraghi del piroscafo “Kabalo” ha fatto scalpore nei comandi italo-tedeschi e soprattutto nell’opinione pubblica internazionale perché contrariamente alle consuetudini di guerra, e mettendo a rischio il suo equipaggio, Todaro raccoglie e porta in salvo dei naufraghi. L’episodio è rimasto nella storia come esempio di cavalleria e di umanità che si manifesta persino dentro la guerra. Alle ragioni militari Salvatore ha fatto prevalere le ragioni dell’uomo di mare, e questo ha lasciato una traccia indelebile nella storia. “Sono, come voi, un uomo di mare. È sufficiente questo perché io faccia per voi e per i vostri compagni ciò che avreste fatto per me e per i miei uomini… Non c’è bisogno di dire di più”, risponde al naufrago belga salvato dalla morte”.

Questo episodio del Kabalo – assolutamente centrale per capire il tratto caratterizzante, intimamente trasversale ed unitario di una personalità pure complessa e sfaccettata come quella di Todaro – è stato parallelamente ripreso anche dallo scrittore Sandro Veronesi e dal regista Edoardo De Angelis. La vicenda del salvataggio dei naufraghi è finita in modo dirompente al centro del dibattito pubblico grazie alla pubblicazione del romanzo Comandante(11), scritto a quattro mani da Sandro Veronesi ed Edoardo De Angelis, che hanno, tra l’altro, il merito di assegnare un ruolo di primo piano a Rina Anichini. L’impatto ancor più mediaticamente amplificato lo si deve, comunque, al film, avente lo stesso efficace e lapidario titolo Comandante, diretto dal regista Edoardo De Angelis. Si tratta di lungometraggio, in cui un solido impianto drammaturgico, lo stesso del romanzo, si fonde con la ricerca di un forte impatto epico e spettacolare. Attore protagonista il popolare e bravissimo Pierfrancesco Favino nei panni del carismatico Comandante. Il film, come è noto, ha avuto l’onore di essere stato presentato nella serata inaugurale della 80a edizione della Mostra di Arte Cinematografica di Venezia, suscitando una vasta eco sia nella critica che nel pubblico.

La ragione principale dell’esplosione di questa straordinaria attenzione per il film Comandante è costituita senza ombra di dubbio dalla presa comunicativa della connessione simbolica tra l’umanità del gesto universale del Comandante Todaro di salvare in tempo di guerra i naufraghi del Kabalo ed un tema di grande attualità e altamente drammatico come quello del salvataggio delle vite dei migranti nel Mediterraneo, su cui è ritornato a più riprese con parole forti lo stesso Papa Francesco.
Esiste una singolare coincidenza, circolarità ed assonanza sul piano dei temi e dei valori di portata universale tra il lavoro culturale e scientifico prodotto sul caso del Comandante Todaro da “Chioggia. Rivista di studi e ricerche” e la duplice operazione culturale, letteraria e cinematografica, dello scrittore Sandro Veronesi e del regista Edoardo De Angelis intorno alla figura simbolica del “Comandante”. Quest’ultima impresa intellettuale, scaturita da una sincera passione civile e da uno sguardo sensibile sul tema drammatico della salvezza della vita dei migranti in mare, sta ottenendo complessivamente un notevolissimo successo ed un meritato riconoscimento, anche grazie ad una brillante e libera rielaborazione in chiave estetica e narrativa, non priva di alcune licenze poetiche, del caso del Comandante Todaro.
Come è logico che sia, vi sono state anche reazioni e commenti negativi. Non intendo in questa sede entrare nel merito di legittime divergenze nella valutazione critica sia di un romanzo che di un film.

Su un aspetto, invece, mi sembra doveroso soffermarmi. Una forzata polarizzazione ideologica ha introdotto in chiave provocatoria nel dibattito pubblico la tesi di Salvatore Todaro quale “eroe fascista”, giusto per contaminare in negativo il significato universale del suo ormai famoso gesto umanitario di salvare, in tempo di guerra, le vite dei naufraghi in mare. Riguardo a questo atteggiamento chiaramente strumentale e provocatorio risulta, a mio avviso, del tutto condivisibile la netta e persuasiva risposta data ad un suo lettore dal giornalista Aldo Cazzullo nel Corriere della Sera del 2 settembre 2023 (Risponde Aldo Cazzullo. Non chiamate “eroe fascista” il Comandante Todaro, p. 35).

Aldo Cazzullo, tra l’altro, afferma: “Gli autori del film hanno studiato la figura di Todaro, e hanno trovato più che altro espressioni di fede monarchica e cattolica”. Più avanti fa presente: “Todaro non era un militante politico. Era un soldato. Era in marina, la meno fascista delle tre armi. Lei cita la Decima Mas, e pensa chiaramente a Junio Valerio Borghese e alla guerra antipartigiana. Ma quello è un contesto diverso. Fino all’8 settembre la Decima Mas fa la guerra e la fa bene. Dopo l’8 settembre, molti dei suoi comandanti restano fedeli al re, e si battono al fianco degli Alleati contro i nazisti; a cominciare da Luigi Durand la Penne, l’eroe di Alessandria d’Egitto”.

La ferma ed argomentata risposta di Cazzullo prosegue evidenziando il contributo dato dopo l’8 settembre da non pochi militari italiani alla formazione delle prime bande partigiane.
A liquidare in modo incontrovertibile la tesi provocatoria di Salvatore Todaro quale “eroe fascista” è la stessa lettera di Rina Anichini Todaro, qui pubblicata ed ampiamente commentata, al CLN di Sottomarina. Questo prezioso documento la dice tutta sul “non senso” di etichettature strumentali e volutamente provocatorie di tale natura. A mio parere, non dovrebbero servire su tale questione ulteriori controargomentazioni.

Il Comandante Todaro, come è noto, muore il 14 dicembre 1942, colpito alla testa da un proiettile sparato da un “Spitfire”, mentre sta dormendo a bordo del peschereccio “Cefalo” al largo di Biserta, che si trova sulla costa della Tunisia. Si era allora in piena guerra. Decisamente lontani sia dal 25 luglio 1943 (deposizione di Benito Mussolini da parte del Gran Consiglio del Fascismo, riunito a Verona) che dall’8 settembre 1943, il giorno dell’Armistizio.

Pertanto non possiamo sapere con assoluta certezza cosa avrebbe fatto il Comandante Todaro dopo l’8 settembre 1943. Su questo possiamo solo immaginare o configurare delle ipotesi, che tali sono e tali rimangono.
Comunque, seppure indirettamente, l’attestato di stima e di affetto fraterno nei confronti del Comandante Salvatore Todaro espresso dal CLN di Sottomarina il 9 maggio 1945 alla moglie Rina Anichini fa chiaramente propendere per l’ipotesi che lui avrebbe seguito l’esempio di quei militari fedeli alla monarchia, che hanno scelto, dopo l’8 settembre 1943, di battersi al fianco degli Alleati contro i nazifascisti.
A questo punto mi preme sottolineare che la presente pubblicazione della lettera di Rina Anichini Todaro al CLN di Sottomarina intende contribuire con la dovuta misura e prudenza metodologica ad innescare una rete virtuosa di flussi informativi e dialogici, possibilmente biunivoci e paritetici, tra locale, nazionale e globale, tali da arricchire nel suo complesso la conoscenza in profondità della figura storica e simbolica del Comandante Salvatore Todaro. Compreso, perché no, il suo non trascurabile radicamento nella realtà umana, sociale e culturale di Sottomarina e di Chioggia. Un fattore, a mio modesto avviso, non secondario per comprendere il processo di formazione di una peculiare Welthashauung del Comandante, fondata sul primato per la “gente di mare” di salvare la vita in pericolo di qualunque essere umano. Una concezione della vita e del mondo certamente condivisa dalla sua amata moglie Rina Anichini. Un’elevata visione morale e civile, improntata ad un senso profondo di umanità, che era sicuramente apprezzata da tutte le persone del Comitato di Liberazione Nazionale di Sottomarina.

Fabrizio Boscolo Caporale

 

NOTE
1) Gina Duse – insegnante, studiosa e pubblica intellettuale – è stata indubbiamente l’anima civile, nonché l’autentica regista scientifica, della complessa operazione che ha condotto al salvataggio del fondo storico del CLN di Sottomarina ed alla sua conseguente e virtuosa donazione all’Archivio Storico Comunale di Chioggia. Nondimeno è altrettanto doveroso segnalare in quest’occasione il prezioso, appassionato e fattivo contributo dell’intero gruppo di lavoro coordinato allora magistralmente da Gina, avente come naturali punti di riferimento il “Tavolo cittadino per la Costituzione” e l’ANPI di Chioggia.
Fu esattamente il 10 febbraio 2018 che, nell’ambito delle iniziative promosse dal “Tavolo cittadino per la Costituzione” per celebrare i suoi gloriosi 70 anni, si svolse la cerimonia ufficiale della donazione della documentazione, allora significativamente intitolata Il valore dell’unità politica nella lotta di Liberazione e nell’emergenza del dopoguerra, del CLN di Sottomarina all’Archivio Storico Comunale. In tale occasione solenne fu illustrato un documento del CLN provinciale, con firma di Riccardo Ravagnan (il futuro senatore e padre costituente), in vista delle consultazioni del 2 giugno 1946.
Come si evince dal prezioso dattiloscritto presente in archivio “Descrizione sintetica della documentazione che si desidera donare”, curato in prima persona e con estremo rigore filologico da Gina Duse, il fondo storico del CLN di Sottomarina si trovava collocato in origine presso la storica sede dell’ex Partito Comunista Italiano sita in Via San Marco a Sottomarina. Da qui è stato in seguito opportunamente trasferito, per essere meglio tutelato e conservato, presso la sede del Partito Democratico a Chioggia, in calle Padovani (ex sede PCI), prima di essere donato ufficialmente il 10 febbraio 2018 all’Archivio Storico Comunale di Chioggia. Lo scopo strategico ed esplicito della donazione, sottolineato in più occasioni sia in pubblico che in privato da Gina – comprese anche alcune nostre amichevoli conversazioni di quel tempo – era quello di rendere liberamente accessibile tale preziosa documentazione a tutti gli studiosi, determinando, quindi, in prospettiva la sua possibile e piena valorizzazione sia sul piano strettamente scientifico della ricerca storica sia su quello ben più ampio, culturale ed educativo in senso lato, di una pedagogia civile, da riconnettere a doppio filo con una sempre ravvivata memoria collettiva della tradizione democratica ed antifascista della nostra città.
D’altro canto va ricordato che una concreta valorizzazione del fondo del CLN di Sottomarina era già avvenuta in precedenza con l’allestimento presso l’androne del Municipio di Chioggia di una prima ed importante mostra pubblica, “Sottomarina dopo la Liberazione. Partiti del CLN al lavoro per il lavoro e la democrazia” (21 aprile-2 maggio 2017), che suscitò un vasto interesse ed un’imponente partecipazione di pubblico. Nell’ambito di una prima selezione di fonti storiche, accuratamente accompagnate da opportune didascalie e sintetiche schede storiche, figurava allora anche una significativa lettera, datata 24 ottobre 1945, del Presidente del CLN di Sottomarina Amelio Boscolo Chio al Preside del Ginnasio di Chioggia, in cui lo si invitava a prendere in considerazione il caso del figlio di un bracciante di Sottomarina, meritevole del massimo appoggio materiale e morale, che aveva “dimostrato sin dalla tenera infanzia la massima diligenza ed inclinazione per lo studio, per cui sarebbe preoccupante interrompere la sua strada per l’avvenire che molto promette”. Tale lettera anticipava in concreto, a fronte di una specifica circostanza del tutto particolare, il tema ben più universale del fondamentale diritto allo studio, sancito da lì a poco dall’Assemblea Costituente con la scrittura degli artt. 33 e 34 della nostra Costituzione. È per questa precipua ragione che proposi nella primavera del 2017 questa straordinaria lettera alla viva attenzione dei miei ragazzi della Scuola Sec. di I Grado “G. Galilei” nell’ambito del Laboratorio didattico “Sottomarina & Chioggia Project” – Educazione alla Cittadinanza, che si ricollegava all’entusiasmante esperienza del CCR – Consiglio Comunale dei Ragazzi, da me coordinata negli anni immediatamente precedenti.
2) La lettera di Rina Todaro, che si pubblica in questo Speciale di “Notizie ANPI Chioggia” su concessione dell’Archivio Storico Comunale di Chioggia, presenta la seguente segnatura archivistica: AAC, fondo CLN Sottomarina, b.15 FLN Documenti, f. 12. Si veda, altresì, per una più facile e comoda lettura la trascrizione fedele all’originale del testo della lettera di Rina Todaro a p. 18.
Il foglio della lettera non risulta accompagnato da alcuna busta postale. Il breve testo della lettera è distribuito sia sul fronte del foglio che sul retro. Il foglio risulta fisicamente integro e ben conservato, pur presentando un colorito vagamente giallognolo, dovuto essenzialmente al passare del tempo. Le dimensioni sono: 13,8 cm x 17, 4 cm.
La sigla apposta in alto sulla sinistra, presumibilmente da colui che ha ricevuto e/o archiviato la lettera, non è di facile ed univoca decifrazione. Si tratta di un’abbreviazione composta dalla lettera “e” (in corsivo minuscolo, ma leggermente ingrandito), seguita da una barra obliqua e dalla coppia di lettere in corsivo minuscolo “al” tra loro unite. In seconda battuta, potrebbe essere presa in considerazione l’ipotesi interpretativa che la prima lettera sia una “c” con un gambo prolungato verso l’alto. L’abbreviazione risulta accompagnata da una sottolineatura. Riguardo alla sua interpretazione, non pare trattarsi delle iniziali della persona che ha curato la ricezione o l’archiviazione. Essa serviva presumibilmente per la classificazione di tale documento, ritenuto importante e da conservare con la dovuta attenzione. Sul piano ipotetico la “e” potrebbe alludere a “epistolario”, la “a” ad “atti” e la “l” a “lettere”. La scritta in rosso “Atti”, che si trova immediatamente sotto la firma di Rina Todaro, è stata senz’altro apposta da un esponente del CLN di Sottomarina, che curava l’archiviazione della documentazione. Si potrebbe trattare del compagno Silvio Bertaggia del PCI, che ricopriva allora l’incarico di Segretario del CLN di Sottomarina. Una seconda ipotesi, altrettanto plausibile, potrebbe fare riferimento allo stesso Presidente del CLN di Sottomarina, che, come è noto, era Amelio Boscolo Chio, esponente di spicco della Democrazia Cristiana.
3) P. TIOZZO GOBETTO cit. p. 81. Si fa riferimento “all’abbattimento della casa, ordinata dai tedeschi per ragioni militari (bisognava liberare completamente Campo cannoni, adibito a sbarco di attrezzature di guerra per esercitazioni militari)”.
4) Su tale personalità di primo piano si veda Diario della mia prigionia. Sante Amelio Boscolo Chio Internato n° 183019, trascrizione integrale del manoscritto a cura di Maria Elisa Boscolo Chio, Piove di Sacco 2021.
5) Sulla base di alcune testimonianze orali da me raccolte – in primis quella di mio fratello, Umbertino Boscolo Caporale – il compagno Silvio Bertaggia del PCI faceva di mestiere il fornaio. Il suo forno doveva trovarsi a Sottomarina, sulla riva della laguna del Lusenzo dalle parti di Corte Granda. La sorella di Silvio, Maria Bertaggia, rimasta vedova, divenne la compagna del nostro concittadino Riccardo Ravagnan, senatore e padre costituente.
6) AAC, fondo CLN Sottomarina, b.1 FLN Documenti, fasc. 1 e 6.
7) Si veda: CINZIO GIBIN, Il pensiero di Salvatore Todaro. Giovanni Gentile e Edmund Husserl nell’orizzonte della sua concezione, “Chioggia. Rivista di studi e ricerche”, 61, dicembre 2022, Città di Chioggia 2022. Si tratta di un contributo indubbiamente interessante, avente un taglio critico e problematizzante ed una conclusione positivamente aperta. L’unico punto di riferimento, utilizzato da Cinzio Gibin, è un breve testo, non datato, intitolato Il pensiero di Salvatore Todaro, pubblicato per la prima volta in GIANNI BIANCHI, op. cit. Tale testo si presta – vista la mancanza di riferimenti bibliografici diretti riguardanti le effettive letture e fonti di ispirazione di Salvatore Todaro – ad un ampio ventaglio di piste interpretative. L’amico Cinzio Gibin ha cercato di cogliere criticamente eventuali analogie rispetto alle correnti di pensiero in auge nel primo Novecento. Risultano perlopiù condivisibili, a mio parere, i puntuali riferimenti analogici a pensatori diversi come Edmund Husserl, Giovanni Gentile e Henri Bergson, opportunamente accostati a Salvatore Todaro in ragione del rilievo gnoseologico da lui attribuito all’intuizione nel cogliere l’essenza della realtà naturale e umana. D’altra parte, non andrebbe trascurata, a mio modesto avviso, anche una sensibile influenza nel pensiero di Todaro sia della psicanalisi che delle filosofie orientali. Più in generale si possono ravvisare nel pur breve testo di Todaro i “riflessi” del clima culturale e filosofico caratteristico del suo tempo. Non manca l’adesione ad una critica radicale, marcata anche da una verve polemica, nei confronti dello scientismo positivista. Parallelamente si avverte l’influenza con esiti sincretistici di vari apporti riconducibili lato sensu alle correnti di pensiero idealiste, irrazionaliste e spiritualiste, come viene sottolineato giustamente anche da Gibin. A me pare, che, tra queste, quella che risulta di gran lunga prevalente nel pensiero di Todaro sia la componente spiritualista. Lo spiritualismo è un termine introdotto dal filosofo Victor Cousin (1792-1867) per caratterizzare e definire la propria dottrina. Successivamente è stato usato per designare una corrente filosofica che, sviluppatasi in Francia e in Italia a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, in opposizione al materialismo e allo scientismo positivistico, afferma la priorità dello spirito sulla materia. Tra i suoi diversi esponenti, spiccano le figure di F.-P. G. Maine de Biran (1766-1824), A. Rosmini (1797-1855) e H. Bergson (1859-1941). Quest’ultimo, tra l’altro, viene giustamente segnalato dallo stesso Gibin in relazione al primato dell’intuizione in Salvatore Todaro. Sinteticamente, le caratteristiche fondamentali dello spiritualismo sono: la contrapposizione tra mondo dello spirito, come sfera dei valori, governata dal finalismo e dalla libertà, e mondo naturale, dominato dalla necessità e dal determinismo; la svalutazione del metodo tipico delle scienze naturali e della conoscenza scientifica, cui viene contrapposta la speculazione filosofica intesa come analisi della coscienza e, quindi, indagine introspettiva; la difesa della teologia cristiana tradizionale e la connessa affermazione della trascendenza di Dio, contro le tendenze immanentistiche dell’idealismo neo-hegeliano, in cui rientra, a ben intendere, anche l’attualismo gentiliano.
Sulla base di tali considerazioni generali intorno ad una possibile lettura in chiave spiritualista del pensiero di Salvatore Todaro, ritengo personalmente che la centralità dell’uso che ne fa del concetto – gnoseologico, morale e teoretico – di Amore vada ricondotta alla tradizione filosofica cristiana, in particolare quella di matrice neoplatonica ed agostiniana. Se ho trovato stimolanti, convincenti e persuasive molte delle osservazioni critiche dell’amico Cinzio Gibin sul pensiero di Salvatore Todaro, opportunamente indagato secondo una chiave anche filosofica, lo stesso non lo posso francamente dire per la riduttiva “chiusa finale”. Essa, introducendo rigidamente un nesso deterministico e meccanico tra “sovrastruttura filosofica” e “dimensione politico-statale”, si distacca in negativo, a mio parere, dal suo precedente e pure ammirevole approccio critico, aperto e problematizzante.
Giusto per essere chiari fino in fondo, l’orientamento filosofico improntato allo spiritualismo cristiano, che, a mio avviso, risulta predominante nel pensiero multiforme di Salvatore Todaro era di per sé tutt’altro che organico e/o subalterno all’egemonia culturale e filosofica dell’idealismo gentiliano, affermatasi, come è noto, nel periodo storico contrassegnato dal regime fascista.
8) GIANNI BIANCHI, Salvatore Todaro. La storia di uno dei più audaci e umani Comandanti di Sommergibili, Edizioni Sarasota, Massa 2007. A p. 29 appare la bella foto di Rina Anichini, altresì ripresa nella prima pagina di questo foglio informativo su gentile concessione dell’autore, che pubblicamente si ringrazia.
9) Si vedano in particolare: ARMANDO BOSCOLO, Il Comandante Salvatore Todaro, prima edizione 1970, ristampa anastatica, con prefazione di Anton Maria Scarpa, Libreria Editrice Il Leggio, Sottomarina (VE); ANTON MARIA SCARPA, Il funerale di Salvatore Todaro, leggendario cavaliere del mare, “Chioggia. Rivista di studi e ricerche”, 25, 2004, pp. 29-42; Il Comandante Salvatore Todaro (1908-1942). Cittadino di Chioggia, a cura di Cinzio Gibin, collana di monografie Il Novecento di “Chioggia, Rivista di studi e ricerche”, Città di Chioggia 2022. Quest’ultimo volumetto monografico su Salvatore Todaro comprende gli interventi di SERGIO RAVAGNAN, Salvatore Todaro (1908-1942) Ufficiale della Regia Marina, pp. 11-46, e di PIER GIORGIO TIOZZO GOBETTO, Duemila anni di civiltà”. Il Comandante Salvatore Todaro e Sottomarina, pp. 47-90, cui si rinvia anche per una completa ed aggiornata bibliografia e filmografia ragionata su Salvatore Todaro.
10) Questo suggestivo tema è stato felicemente rielaborato sul piano educativo e didattico dalla maestra Ilaria Boscolo Palo della Scuola Elementare “Salvatore Todaro” di Sottomarina. Si vedano: ILARIA BOSCOLO PALO, Alla scoperta di Salvatore Todaro, il corsaro gentiluomo e La vita di Salvatore Todaro nei disegni degli alunni della scuola elementare a lui intitolata, in “Chioggia. Rivista di studi e ricerche”, n. 61 – dicembre 2022, Città di Chioggia 2022.
11) Nel romanzo di EDOARDO DE ANGELIS e SANDRO VERONESI, Comandante, Bompiani, Firenze 2023, Rina – interpretata nel film da una bravissima Silvia D’Amico – è la costante voce ed interlocutrice simpatetica di Salvatore Todaro. In tal senso si riporta, qui, di seguito uno dei passi più drammatici e pregnanti del romanzo Comandante (pp. 87-88): “La seconda voce ha gridato da prora: “Altri tre uomini da mancina, Comandante! Che facciamo?” Naufraghi, Rina mia. Uomini vinti che nuotavano a fatica e puntavano tutte le loro forze residue sul nero sommergibile che li aveva appena ridotti in quello stato. Uomini che fino a mezz’ora prima avevano le stesse cose che abbiamo tutti noi, e bada, Rina, che non parlo di denaro, non parlo di ricchezze, parlo delle povere cose che ogni uomo si porta sempre dietro, anche in guerra: le foto dei propri cari, il rasoio, il pennello e il sapone per radersi, le sigarette, gli zolfanelli, il pettine, la brillantina, le forbicine, il portachiavi, la roba di ricambio, un maglione di lana fatto ai ferri dalla mamma, le scarpe da riposo, un orologio da taschino appartenuto a un antenato, un mazzo di carte da gioco, una penna stilografica con l’inchiostro raggrumato nel pennino. Tutte quelle loro povere cose in quel momento stavano per toccare il fondo dell’oceano insieme alla nave che le conteneva. Quegli uomini ora non avevano più nulla. Avevano solo un corpo, sempre più pesante, sempre più vicino alla fine, un corpo ancora caldo che l’acqua gelata avrebbe assiderato in pochi minuti.”