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Pirro Plancher: da tenente dei Carabinieri Reali a comandante della Legione Italo-Argentina nel 1898

Il Tenente di Fanteria Pirro Plancher nel 1888

Nel corso del 1898, l’ennesima vertenza riguardante un tratto dei confini che separano la Repubblica Argentina dal Cile, nella lontanissima Patagonia, sembrò innescare una guerra fra le due potenti Nazioni Sudamericane. Nell’imminenza di ciò,la copiosa Comunità italiana vivente in Buenos Aires pensò bene di dar vita ad un Corpo di volontari, che prenderà ufficialmente il nome di “Legione Italo-Argentina”, ovvero più semplicemente di “Legione Italiana”. Si trattò di una formazione, composta da oltre 19.000 uomini, ben armati ed equipaggiati, pronti ad affiancare sia l’Esercito che la Guardia Nazionale in caso di bisogno, per operazioni terrestri a difesa della Capitale Federale, così come dell’intero Paese. L’organizzatore di tale reparto fu ovviamente un italiano: l’ex Capitano di Fanteria, e ancor prima ex Tenente dei Carabinieri Reali, Pirro Plancher, originario di Parma, uno dei tanti emigrati che nella stessa Buenos Aires aveva fatto fortuna, assurgendo fra gli esponenti più in vista di quella Colonia. Anche se la guerra contro il Cile fu evitata all’ultimo minuto, tanto che gli stessi attriti furono appianati, grazie all’arbitrato di Inghilterra e Stati Uniti (un apposito trattato verrà stilato nel 1902), il ruolo svolto dal Plancher nella formazione della “Legione” non fu affatto dimenticato dalla Repubblica, soprattutto dal suo Presidente, Julius Argentino Roca, salito a tale Assise appena il 12 ottobre dello stesso ‘98, il quale lo avrebbe accolto più volte alla “Casa Rosada”. Uomo di ampie vedute e dalla mille risorse, Pirro Plancher fu in Argentina un uomo fra i più operosi e intraprendenti, dedito al commercio, ma che seppe trasformarsi anche in un bravo estanciero, gestendo una propria fattoria nell’ambito della nota “Colonia Resistencia”, formata da non poche famiglie italiane nel lontano Chaco, come approfondiremo meglio in avanti. Quella che segue è la sua affascinante storia.

Da Parma a Modena (1861– 1885)

Il protagonista di questa ennesima storia legata all’emigrazione italiana in Sud America vide la luce a Parma, la bellissima città che fino ad un anno prima era stata la Capitale di uno dei tanti Stati Preunitari italiani, esattamente al civico n. 12 di Borgo Strinato (Casa Mazzoni), il 4 aprile del 1861, primogenito di Amilcare Plancher, possidente e di sua moglie, Regina Franceschini, originaria di Venezia. Al piccolo nato verranno imposti i nomi di Pirro, Luigi, Giuseppe e Isidoro[1]. Quella dei Plancher era una famiglia giunta nel vecchio Ducato nei primi decenni del Settecento, molto probabilmente provenendo dal Titolo, ovvero direttamente dall’Austria, che a quei tempi lo governava sotto lo scettro di Carlo V d’Asburgo. La stessa famiglia si arricchirà, in seguito, con la nascita di Lamberto, Luigi, Giovanni, venuto al mondo il 22 maggio del 1862 e, infine, di Maria, Cleide, Paolina, Regina, nata il 1° febbraio del 1865. Amilcare, figlio di Luigi e di Cleide Malpeli, si era cresciuto, in verità, in casa del Dottor Luigi Mazzoni, marito in seconde nozze della madre, un celebre Avvocato originario di Fontanellato (Parma), con il quale visse, anche con la sua famigliola, dopo la morte della stessa madre Cleide, avvenuta l’8 aprile del 1863. Non disponiamo, purtroppo, di particolari notizie riguardo al periodo giovanile che Pirro trascorse a Parma, eccetto qualche modesto riferimento alla sua formazione scolastica. Grazie ad un noto Dizionario pubblicato in Argentina nel 1899, sappiamo che il giovane, prima di intraprendere la c.d. “Carriera delle Armi”, aveva frequentato il locale Regio Istituto Tecnico, ottenendo il Diploma di Perito Geometra Agrimensore, oltre a quello di Ragioniere[2]. Agli inizi del 1880, appena compiuti i fatidici 19 anni, Pirro convinse il padre Amilcare a dargli l’assenso onde partecipare al concorso per l’ammissione alla prestigiosa Scuola Militare del Regio Esercito, l’odierna Accademia Militare di Modena. Superate brillantemente le prove d’ingresso, il giovanissimo rampollo di casa Plancher raggiunse Modena già nel corso dell’estate dello stesso 1880, ammesso a frequentare il corso di formazione per la nomina a Sotto Tenente[3]. Promosso a tale grado il 5 gennaio del 1882, Pirro fu destinato al 64° Reggimento di Fanteria della “Brigata Cagliari”, allora di stanza a Milano e al comando del Col. Bernardo Peroni[4]. Qui avrebbe prestato servizio sino alla metà del 1884, data nella quale dovette raggiungere l’88° Reggimento Fanteria della “Brigata Friuli”, con sede sempre a Milano[5]. Nel capoluogo Scaligero il Sotto Tenente Plancher operò sino all’ottobre del 1885, data nella quale ottenne il trasferimento nella gloriosa Arma dei Carabinieri Reali.

Buenos Aires il Poligono di Tiro Italiano a Villa Devoto 1898

Nell’Arma Benemerita (1885 – 1888)

Fu grazie al Regio decreto del 14 ottobre 1885 che il Tenente di Fanteria originario di Parma transitò nella Benemerita, destinato così al Comando della Tenenza di Chieti, dipendente dalla Legione Territoriale di Ancona[6]. Durante la sua permanenza in Abruzzo, Pirro Plancher si sarebbe fatto apprezzare anche come abile investigatore, tanto da meritare una speciale menzione da parte dello stesso periodico dell’Arma, il glorioso “Il Carabiniere”. La rivista, in un suo numero del giugno 1887, ricostruì un episodio accaduto nel Chietino l’anno prima, episodio che riportiamo integralmente volendo apprezzare meglio il nostro protagonista: <<Il di 4 settembre scorso nella contrada San Vincenzo, piccolo abitato del comune di Vacri, celebrandosi la festa del santo omonimo, eransi recati dalla stazione di Bucchianico (Chieti) il brigadiere Fraticelli Nicola e i suoi dipendenti carabinieri Lagorio Giuseppe e Fiorani Secondo, in servizio di sorveglianza. L’unico incidente della giornata fu l’arresto per porto d’arma insidiosa di un certo Giampaolo Luigi, il quale eransi recato a San Vincenzo per acquisto di animali bovini. Calata la sera i militari predetti seco loro conducendo l’arrestato, tornavansene in residenza, quando giunti a metà strada, in una località aspra, tutta cinta di precipizi, detta Tibona, da dietro un rialzo di terreno partì un colpo di fucile carico a grossi pallettoni da caccia, i quali ferirono i due carabinieri e il detenuto Giampaolo. Il brigadiere, rimasto illeso, ricercò subito con gran premura l’autore del misfatto, ma la natura del luogo e l’oscurità della notte gli impedirono di scoprirne le tracce, onde, come meglio poté, condusse in caserma i feriti, i quali tutti avevano riportato parecchie lesioni più o meno gravi che avevano bisogno di pronto soccorso. Quelle dei carabinieri furono giudicate guaribili in 15 giorni, quelle del Giampaolo in 25. Prontamente accorse da Chieti il comandante la tenenza, Signor Tenente Plancher, e con quell’interessamento che si può immaginare in caso simile, intraprese le più sagaci e perseveranti indagini per sollevare il velo del misterioso attentato. Da principio era solo il dubbio che l’aggressione potesse essere stata animata da scopo di vendetta contro l’arrestato, ma poi da un indizio all’altro il bravo Tenente col più energico impegno coadiuvato dal vicebrigadiere Rulli Francesco, comandante provvisorio la stazione di Bucchianico, e dai dipendenti carabinieri Lagorio Giuseppe e Giovenzano Enrico, cominciò a fondare sospetti di reità a carico di certo Antonio Di Lanzi, il quale avrebbe voluto vendicarsi dei carabinieri per precedenti riprensioni dai medesimi subite quale disturbatore della pubblica quiete, trovandosi in istato di ubriachezza. La perspicacia dei militari predetti seppe in seguito procurarsi testimonianze irrefrenabili e la notte del 13  novembre consegnarono alla giustizia l’autore del mancato assassinio del loro compagno d’armi. Questa operazione, condotta con tanto accorgimento ed impegno produsse nella superiorità dell’Arma la più soddisfacente impressione onde il vice brigadiere Rulli con i carabinieri Lagorio e Giovenzano vennero premiati con l’encomio solenne, il bravo Tenente Plancher si ebbe distinte lodi dal comando della legione e dal comando generale>>[7].

Resistencia una delle tante fattorie gestite da italiani

Il Tenente Plancher rimase a Chieti sino agli inizi dell’estate dello stesso 1887, allorquando, per effetto di una Determinazione Ministeriale del giorno 12 giugno fu trasferito al Comando della Tenenza di Viterbo, dipendente dalla Legione territoriale di Roma[8]. Il protagonista di questa storia avrebbe, tuttavia, prestato servizio nei Carabinieri Reali sino al 22 marzo del 1888, data nella quale, mentre si trovava ancora alle dipendenze della Legione di Roma, per effetto di un Regio decreto emanato in quella circostanza fu “Collocato in aspettativa per sospensione dall’impiego”, un atto che, molto probabilmente, fu giustificato da qualche inchiesta giudiziaria o disciplinare, della quale purtroppo non  abbiamo riscontri ufficialiu[9]. A tale provvedimento fece seguito la riammissione temporanea in servizio, con relativa assegnazione al Comando della Tenenza dei CC. RR. di Tagliolo Monferrato (Voghera). Fu, infine, con il Regio decreto del 21 marzo 1889 che il Tenente Plancher fu trasferito nuovamente nei ranghi dell’Arma di Fanteria e conseguentemente destinato presso lo stesso 88° Reggimento Fanteria, ancora di stanza a Milano. E fu a quel punto, amareggiato per come si era delineata la propria carriera, che il nostro Pirro Plancher chiese al Ministero della Guerra di essere collocato “In aspettativa per motivi di famiglia”, motivi legati, in realtà, anche alla ferma volontà di unirsi in matrimonio con la giovane Eugenia Musso, originaria della stessa Tagliolo Monferrato e sua coetanea. In verità, ancor prima che il Regio decreto fosse emanato (lo sarebbe stato solo il 19 ottobre 1889[10]), Pirro Plancher decise di lasciare per sempre l’Italia, seguendo così le orme di molti connazionali, i quali, approfittando della forte richiesta di “mano d’opera” italiana in Argentina, si erano trasferiti a Buenos Aires nel corso di quegli ultimi anni. Il Tenente di Fanteria “in aspettativa” Pirro Plancher, ottenuto ovviamente il visto consolare sul passaporto, s’imbarcò a Genova a bordo del vapore “Umberto I”, diretto ovviamente a Buenos Aires, ove sbarcò il 26 settembre del 1889.

In Argentina, la sua seconda Patria

A Buenos Aires, negli uffici portuali gestiti dal Dipartimento dell’Emigrazione, Pirro Plancher dichiarò di esercitare il mestiere di “bracciante”, l’unico evidentemente che gli potesse garantire un posto sicuro in una delle tante haciendas o estancias attive nell’estesa Provincia porteña. E fu proprio a partire da quel 26 di settembre che il nostro protagonista verrà citato in atti con diverse tipologie di cognome, spaziando, quindi, da “Plancher” a “Planker” e persino “Plancker”. Qualche tempo dopo fu la stessa Regia Legazione italiana a Buenos Aires che gli avrebbe notificato i contenuti del Regio decreto del 25 ottobre 1890, in virtù del quale l’aspettativa per “motivi di famiglia” era stata modificata per “riduzione di Corpo”, un provvedimento motivato dal recente riordino del Regio Esercito. A questo punto era ormai chiaro e definitivo che l’ufficiale di Fanteria non sarebbe stato più richiamato in servizio. Ciò convinse Pirro Plancher a contrarre matrimonio con la fidanzata, Eugenia Musso, la quale, molto probabilmente, lo raggiunse in Argentina di lì a qualche mese, anche se sappiamo di certo che i di lei fratelli, Alberto e Victorio, si trovavano a Buenos Aires già sul finire del 1887. Nel corso del 1893 nacque a Buenos Aires il primogenito, al quale fu dato il nome di José, cui avrebbe fatto seguito, l’anno seguente, Alberta e, forse, altri ancora, dei quali, purtroppo, non disponiamo di ulteriori informazioni, nati probabilmente dopo il 1895, anno in cui la famiglia Plancher fu ricompresa nel “Censo Nacional” (Censimento Nazionale) che si tenne nella Repubblica Argentina. In quella circostanza, Pirro Plancher risulta dedito al commercio, iscritto nella Secion 01, Subdivision 08 della “Capital Federal”. Due anni prima, in virtù del Regio decreto del 6 luglio 1893, Pirro era stato promosso Capitano di Fanteria della riserva e, per questo, iscritto presso il Regio Distretto Militare di Voghera.

Il Capitano Pirro Plancher e la Legione Italo-Argentina (1898)

La famiglia Plancher sul finire dell’Ottocento

Nel corso del 1898, come anticipato in premessa, l’Argentina visse un periodo molto caldo per via del fortissimo attrito sorto con la confinante Repubblica del Cile, riguardo a questioni territoriali concernenti il c.d. “Campo di Ghiaccio” (“Hielos continentales”, secondo gli Argentini, “Campo de hielo”, secondo i Cileni) delle Ande, nella Patagonia Meridionale, peraltro già rientranti e disciplinati in un precedente Trattato siglato nel 1881 tra i due Stati. Dieci anni prima, il 20 agosto 1888 era stato firmato un accordo per attuare la demarcazione dei limiti territoriali ex Trattato del 1881, nominando all’uopo gli esperti Diego Barros Arana per il Cile e Octavio Pico Burgess per l’Argentina. Nel 1892, Barros Arana presentò la tesi secondo la quale il Trattato del 1881 andava interpretato seguendo lo spartiacque montano, incontrando il dissenso dell’esperto argentino. Poiché emersero nuove diatribe riguardo a diversi punti della linea su cui gli esperti non erano d’accordo, la decisione sulla delimitazione fu, quindi, sospesa già nel febbraio 1892 fino alla firma del “Protocollo sui Confini”, siglato nel 1893. Quest’ultimo fu ritenuto un atto molto importante in quanto analizzò l’ipotesi della c.d. “ritirata dei ghiacciai”, in virtù della quale  si sarebbero potute innescare incerte interpretazioni per via di una possibile nuova idrografia locale. Nel gennaio del 1894, l’esperto cileno dichiarò, poi, di aver interpretato che la catena principale delle Ande era la linea ininterrotta di cime le quali dividevano le acque e che formano la separazione delle valli o delle regioni idrografiche tributarie dell’Atlantico dall’est e dal Pacifico dal ovest. L’esperto argentino Norberto Quirno Costa (che nel frattempo aveva sostituto Pico Burges) negò che con una simile esegesi si potesse definire in maniera diversa cosa significasse catena principale delle Ande. Nell’aprile 1896 perciò fu firmato l’accordo per facilitare le operazioni di demarcazione territoriale, il quale designò il Re d’Inghilterra come terzo a cui rivolgersi in caso di disaccordo. In realtà la lunga vertenza andò ben oltre, tanto da far surriscaldare gli animi delle due Nazioni vicine, pronte a tutto pur di aver ragione dei propri diritti. In Argentina la questione fu, quindi, particolarmente tenuta d’occhio, tanto da consigliare al Paese la mobilitazione delle Forze Armate e della Guardia Nazionale. E fu proprio in tale contesto che, agli inizi del 1898, epoca nella quale il Capitano Pirro Plancher non aveva ancora compiuto 37 anni, nella cospicua Comunità italiana vivente in Buenos Aires sorse l’idea di costituire un reparto di volontari, da affiancare ovviamente alle truppe di linea, all’Armada (la Marina Militare) e alla stessa Guardia Nazionale in caso di bisogno. A propugnare la nobile iniziativa fu il noto giornalista Fernando Maria Perrone, emigrato in Argentina sin dal 1866, il quale, oltre a svolgere tale professione era anche un uomo molto vicino alle Istituzioni porteñe, tanto da essere ritenuto uno dei principali fautori degli ottimi rapporti fra Italia e Argentina anche sotto il punto di vista degli scambi commerciali, tanto da favorire la commissione di non poche navi militari col ricorso all’industria navale italiana[11]. Il Perrone, il quale ne era molto amico, affidò proprio al Capitano Plancher il compito più arduo: quello di dar vita materialmente alla futura “Legione Italo-Argentina”, altrimenti detta “Legione Italiana”, volendo ricordare l’epopea Garibaldina. Mentre il Perrone avrebbe mantenuto per sé il Comando effettivo della formazione, che ebbe la forza di una Brigata, il nostro protagonista ne assunse il Comando in 2^, altrimenti definito dalle cronache del tempo “Vicepresidencia”. In meno di tre mesi, la “Legione Italiana” raccolse attorno a sé ben 492 ufficiali e 19.605 uomini di truppa, organizzata su 4 Reggimenti di Fanteria, 2 di Alpini, 4 Squadroni di Cavalleria, 4 Batterie di Artiglieria, 2 Compagnie di Ingegneri ed una Compagnia del Servizio Sanitario, affidata al Dottor Enrico Borghini Barberi. Dei 492 ufficiali: 10 furono addetti al Comando Generale della Legione, 6 al Comando della Brigata, 240 in forza ai Reggimenti di Fanteria, 120 ai Reggimenti Alpini, 26 alla Cavalleria, 28 all’Artiglieria, mentre 25 furono gli Ingegneri, 5 gli ufficiali della Compagnia di Sussistenza e 32 del Corpo Sanitario. Grazie ai buoni uffici del Comm. Antonio Devoto, il celebre industriale e mecenate creatore di uno dei più considerevoli imperi economici in Argentina, gran parte degli italo-argentini reclutati in Buenos Aires furono addestrati al tiro presso il poligono gestito dalla “Società Italiana Tiro a Segno”, la quale era stata fondata il 14 marzo del 1895: poligono sito all’interno dell’immenso parco di “Villa Devoto”. Per fortuna, la guerra contro il Cile non ebbe luogo, grazie al trionfo della diplomazia e, soprattutto, della ragione. La “Legione” fu, quindi, sciolta, non prima di ricevere il plauso dello stesso Presidente della Repubblica, Julius Argentino Roca, il quale, il 31 ottobre volle ricevere tutti gli ufficiali alla “Casa Rosada”, sia per un saluto che per un ringraziamento da parte dell’intero Popolo Argentino. Esattamente un mese prima, come emerge da un verbale del 1º ottobre 1898, firmato da Barros Arana e Francisco Pascasio Moreno (in sostituzione di Quirno Costa, dimessosi nel settembre 1896) e dai suoi assistenti Clemente Onelli (Argentino) e Alejandro Bertrand (Cileno), le delegazioni, non riuscendo per l’ennesima volta ad accordarsi su diversi tratti del confine, avevano deciso di ricorrere all’articolo VI, paragrafo 2 del Trattato sui confini del 1881, chiedendo così una sentenza arbitrale alla Regina Vittoria, la quale in seguito nominò tre giudici britannici. Nel 1901 uno di questi ultimi, il Colonnello Thomas Holdich, si recò nel luogo conteso per studiare la regione geografica. Il Governo di Buenos Aires sostenne che il limite doveva essere identificabile in base all’orografia, al contrario di quanto invece rivendicassero i Cileni, ovvero un criterio basato sull’idrografia. La Corte ritenne che le disposizioni del Trattato del 1881 e del Protocollo del 1893 fossero ambigue e suscettibili a varie esegesi, comportando di conseguenza, come unico risultato, una situazione confusa destinata a perdurare ancora per molto, anche se il 20 maggio 1902, Re Edoardo VII d’Inghilterra emise il tanto atteso “Lodo”. Con esso si dividevano i territori delle quattro sezioni controverse entro i limiti definiti dalle rivendicazioni più estreme di entrambe le parti e si designò un ufficiale britannico per delimitare ciascuna sezione, operazione che ebbe luogo nell’estate del 1903. Il “Lodo” considerò che i monti di quella zona fungessero essi stessi da spartiacque e che, quindi, non potevano né dovevano dar luogo ad ulteriori controversie. In realtà, da allora, la delimitazione del confine nel “Campo di Ghiaccio” rimase in sospeso, e lo sarebbe stato ancora per molti decenni, per fortuna senza dar luogo al fatale “ricorso alle armi”.

Buenos Aires in una cartolina postale del 1898.

Gli ultimi anni di vita

Tornando al protagonista della nostra storia evidenziamo quanto di lui riportò a riguardo della formazione della “Legione” il più volte citato “Dizionario Biografico degli Italiani al Plata”, edito appena l’anno dopo, quindi nel 1899. In quel contesto la breve biografia del Plancher si concluse con la seguente frase: <<Sono conosciuti gli entusiasmi che destarono negli argentini i legionari e gli onori di cui furono fatti segno coloro che erano alla testa della Legione. Il Planker dimostrò allora speciali attitudini al comando e di distinse per energia ed attività>>[12]. Archiviata per sempre la mobilitazione della “Legione Italiana”, il Capitano Pirro Plancher riprese la vita di sempre, interessandosi così dei propri affari commerciali. In tale ambito – ricordando al lettore che l’uomo era anche diplomato “Agrimensore” – egli pensò di darsi all’agricoltura, mettendo magari in piedi una Hacienda  agricola o Estancia in una delle tante aree in espansione delle quali l’Argentina era ricca. E fu così che nel corso del 1906 il Plancher ottenne dal Governo Nazionale la concessione di un lotto nello sperduto Chaco, una vastissima area di confine, a Nord del Paese. Con il decreto n. 2939 firmato a Buenos Aires il 3 agosto del 1906 dal Presidente della Repubblica, José Figueroa Alcorta, “Don Pirro Plancker” ottenne, infatti, in concessione il lotto rurale n. 145 della c.d. “Colonia Resistencia[13], la quale era stata fondata il 27 gennaio del 1878 nei pressi del villaggio di San Fernando del Rio Negro. Si trattava di un insediamento forestale, abitato dal XVII Secolo, a cui si era unita, nel frattempo, una modesta comunità di immigrati italiani provenienti dal Friuli, la quale si era data all’agricoltura e grazie alla quale era stato possibile assicurare la colonizzazione del resto del territorio. Dal 1884, infine, Resistencia era stata dichiarata Capitale del Territorio Nazionale del Chaco. Ebbene, dopo tale data (1906) non siamo stati in grado di acquisire ulteriori elementi biografici riguardo alle sorti del Plancher, del quale anche il poderoso lavoro degli storici Petriella e Sosa Miatello, edito nel 1976, tacque per quanto concerne il “dopo 1898”, segno evidente che in quel contesto (per l’appunto il 1976) si era semplicemente curato il classico “copia e incolla” dal “Dizionario Biografico degli Italiani al Plata”, per quanto questo fosse stato edito nel lontano 1899. Nell’immensa regione del Chaco, nel frattempo, si era trasferito anche il fratello più piccolo di Pirro, Lamberto Plancher, il quale era un Ingegnere, ma soprattutto un ex Capitano Marittimo della gloriosa Società Generale di NavigazioneFlorio Rubettino”. Questi, ben presto,  divenne molto celebre per via delle sue avventure di navigazione lungo il fiume Bermejo, tanto da meritarsi l’intitolazione della località di “Puerto Plancker”, tra i fiume Bermejo e Las Lomitas. Il Capitano in congedo Pirro Plancher è probabile che si sia spento tra il 1906 e il 1927, anno nel quale la moglie, Eugenia Musso, viene citata come “vedova Plancker”. In quel frangente storico, Eugenia Musso in Plancher ci risulta, inoltre, trasferita in Italia, esattamente a Milano, ove assieme a tale Cesare Musso, molto probabilmente suo fratello, fondò la celebre “Casa Editrice Amatrix”. A seguirla nel capoluogo lombardo era stata anche la figlia, Alberta Plancher, la quale, a sua volta, assieme all’ex Capitano degli Arditi, Cesare Brugnatelli, avrebbe dato vita alla “Editoriale Domus”, fondata in Via San Barnaba, 28 B, il 27 luglio del 1929. In Argentina, invece, rimase a vivere il primogenito José, il quale, assieme ai cugini, figli dello zio Lamberto, avrebbe assicurato la continuità alla famiglia Plancher.

Col. (a) GdF Gerardo Severino
Storico Militare

 

 

 

 

[1] Cfr. Archivio Storico del Comune di Parma, Atto di nascita di Plancher Pirro, n. 439, anno 1861. Testimoni sono il Signor Zucchi Dott. Adolfo, di anni 26, Segretario del Mandamento di Noceto, ivi domiciliato e Mazzoni Dott. Luigi, di anni 40, avvocato domiciliato in Parma.

[2] Cfr. Dizionario Biografico degli Italiani al Plata, Buenos Aires, Argos – Barossi, Baldassini e Cia, 1899, p.272.

[3]Cfr. “Circolare n. 52 – Ammissione di nuovi allievi alla Scuola Militare – Specchio A”, in <<Giornale Militare Ufficiale>>, Dispensa n. 22 del 19 giugno 1880, Parte 2^, p. 172.

[4]Cfr. Ministero della Guerra, Annuario Militare del Regno d’Italia – 1882, Roma, Carlo Voghera Editore, 1882, p. 624.

[5]Cfr. Ministero della Guerra, Annuario Militare del Regno d’Italia – 1884, Roma, Carlo Voghera Editore, 1884, p. 131.

[6]Cfr. <<Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia>>, n. 250 del 16 ottobre 1885, p. 4709 e <<Bollettino dei Carabinieri Reali>>, settembre 1885, p. 452.

[7]Cfr. <<Il Carabiniere>>, n. 26 del 20 giugno 1887, p. 205.

[8]Cfr. Ministero della Guerra, <<Bollettino delle Nomine>>, Dispensa n. 24 del 16 giugno 1887.

[9]Cfr. <<Il Carabiniere>>, n. 12 del 25 marzo 1888, p. 2.

[10]Cfr. <<Gazzetta Ufficiale el Regno d’Italia>>, n. 260 del 2 novembre 1889, p. 3752.

[11]Cfr. Dionisio Petriella e Sara Sosa Miatello, Diccionario Biografico Italo-Argentino, Buenos Aires, Associación Dante Alighieri, 1976, p.528.

[12]Cfr. Dizionario Biografico degli Italiani al Plata, op. cit., p. 273.

[13]Cfr. Registro Nacional de la Republica Argentina -Año 1906, Tercer Trimestre, Buenos Aires, Talleres Graficos de la Penitenciaria Nacional, 1906, p. 325 e 326,