Papa Francesco: lo studio della storia come ricerca della verità
Cari fratelli e sorelle, buongiorno, e benvenuti!
Sono contento di darvi il benvenuto in occasione della vostra adunanza plenaria, nell’ambito della quale celebrate il 70° anniversario dell’istituzione del Pontificio Comitato.
Saluto il Presidente, Padre Marek Inglot, e saluto ciascuno di voi, grato per il vostro incontro e per il vostro servizio. Provenite da diversi Paesi e da tre continenti, ognuno con le proprie, apprezzate competenze specialistiche. Così garantite la dimensione internazionale e il carattere pluridisciplinare del Comitato, la cui attività di ricerca, convegnistica ed editoriale si inscrive in una dinamica multiculturale feconda e propositiva. La bella Collana «Atti e Documenti», diretta dal Segretario del Pontificio Comitato, festeggia quest’anno anch’essa un settantesimo: il 70° volume edito.
Ciò testimonia un impegno nella ricerca della verità storica su scala mondiale, in uno spirito di dialogo con differenti sensibilità storiografiche e con molteplici tradizioni di studi. È bene che collaboriate con altri, espandendo le vostre relazioni scientifiche e umane, ed evitando forme di chiusura mentale e istituzionale. Vi incoraggio a mantenere questo approccio arricchente, fatto di ascolto costante e attento, libero da ogni ideologia – le ideologie uccidono – e rispettoso della verità. Ribadisco quanto vi dissi in occasione del vostro 60° anniversario: «Nell’incontro e nella collaborazione con ricercatori di ogni cultura e religione, voi potete offrire un contributo specifico al dialogo tra la Chiesa e il mondo contemporaneo» (Discorso, 12 aprile 2014).
Questo stile concorre a sviluppare quella che chiamerei “diplomazia della cultura”. È molto attuale, e oggi tanto più necessaria nel contesto del pericoloso conflitto globale a pezzi in atto, al quale non possiamo assistere inerti. Vi invito pertanto a proseguire nel lavoro di ricerca storica aprendo orizzonti di dialogo, dove portare la luce della speranza del Vangelo, quella speranza che non delude (cfr Rm 5,5).
Mi piace pensare al rapporto tra la Chiesa e gli storici nei termini di prossimità. C’è infatti una relazione vitale tra la Chiesa e la storia. Su tale aspetto San Paolo VI ha sviluppato un’intensa riflessione, ravvisando il punto di incontro privilegiato tra la Chiesa e gli storici nella comune ricerca della verità e nel comune servizio alla verità. Ricerca e servizio. Ecco le parole che rivolse agli storici, nel 1967: «Può essere qui che si trovi il principale punto di incontro tra voi e noi […], tra la verità religiosa della quale la Chiesa è depositaria e la verità storica, della quale voi siete i buoni e devoti servitori: tutto l’edificio del cristianesimo, della sua dottrina, della sua morale e del suo culto, tutto riposa in definitiva sulla testimonianza. Gli Apostoli di Cristo hanno testimoniato ciò che hanno visto e ascoltato. […] Ciò lascia comprendere quanto un organismo di natura spirituale e religiosa come la Chiesa cattolica sia interessato alla ricerca e all’affermazione della verità storica […] Essa pure ha una storia, e il carattere storico delle sue origini ha in particolare per essa un’importanza decisiva» (Discorso ai partecipanti all’Assemblea generale del Comitato internazionale di scienze storiche, 3 giugno 1967).
La Chiesa cammina nella storia, accanto alle donne e agli uomini di ogni tempo, e non appartiene a nessuna cultura particolare, ma desidera vivificare con la testimonianza mite e coraggiosa del Vangelo il cuore di ogni cultura, così da costruire insieme la civiltà dell’incontro. Invece, le tentazioni dell’autoreferenzialità individualistica e dell’affermazione ideologica del proprio punto di vista alimentano l’inciviltà dello scontro. La civiltà dell’incontro e l’inciviltà dello scontro. È bello che voi, a settant’anni dalla nascita, testimoniate di saper resistere a tali tentazioni, vivendo con passione, attraverso gli studi, l’esperienza rigenerante del servizio all’unità, a quell’unità composita e armonica che lo Spirito Santo ci mostra a Pentecoste.
Sessant’anni fa, in quell’evento benedetto dallo Spirito che è stato il Concilio Vaticano II, San Paolo VI pronunciò parole che suonano come monito a ogni lusinga di compiaciuta autoreferenzialità ecclesiale, dalla quale occorre proteggere il vostro servizio: «Nessuno […] pensi che la Chiesa […] si soffermi su se stessa per compiacersene e dimentichi sia Cristo, dal quale tutto riceve, a cui tutto deve, sia il genere umano, per servire il quale è nata. La Chiesa sta nel mezzo tra Cristo e la comunità umana, non ripiegata su di sé, non come un velo opaco che impedisce la vista, non fine a se stessa, ma al contrario costantemente sollecita di essere tutta di Cristo, in Cristo, per Cristo, di essere tutta degli uomini, tra gli uomini, per gli uomini, tramite veramente umile ed eccellente tra il Divin Salvatore e l’umanità» (Discorso per l’inaugurazione della III Sessione del Concilio Ecumenico Vaticano II, 14 settembre 1964, 17).
Per i vostri settant’anni, vi auguro di conformare il vostro operato a queste parole: gli studi storici vi rendano maestri in umanità e servitori dell’umanità. A voi e ai vostri cari imparto di cuore la mia benedizione, chiedendovi, per favore, di pregare per me. Grazie.
L’incontro di Papa Francesco con il Pontificio Comitato di Scienze Storiche nel 2014
Già nel 2014 Papa Francesco in occasione del sessantesimo anniversario del Pontificio Comitato di Scienze Storiche aveva incontrato i membri di questo importante organismo vaticano. Era il 12 aprile e il pontefice aprì l’udienza con la celebre affermazione di Cicerone nel De Oratore, parzialmente ripresa dal beato Giovanni XXIII, così appassionato di studi storici, nel discorso di apertura del Concilio Vaticano II: «Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae». Lo studio della storia rappresenta infatti una delle vie per la ricerca appassionata della verità, che da sempre pervade l’animo dell’uomo.
“Nei vostri studi e nel vostro insegnamento, voi vi trovate a confronto in particolare con le vicende della Chiesa che cammina nel tempo, con la sua storia gloriosa di evangelizzazione, di speranza, di lotta quotidiana, di vita consumata nel servizio, di costanza nel lavoro faticoso (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 96), come pure di infedeltà, di rinnegamenti, di peccati. Le vostre ricerche, segnate insieme da autentica passione ecclesiale e da amore sincero per la verità, possono essere di grande aiuto a coloro che hanno il compito di discernere ciò che lo Spirito Santo vuole dire alla Chiesa di oggi” disse Bergoglio. “Il Comitato di Scienze Storiche è inserito ormai da lungo tempo nel dialogo e nella cooperazione con istituzioni culturali e centri accademici di numerose nazioni, accolto con rispetto nella compagine mondiale degli studi storici. Nell’incontro e nella collaborazione con ricercatori di ogni cultura e religione, voi potete offrire un contributo specifico al dialogo tra la Chiesa e il mondo contemporaneo”.
Erano i mesi delle iniziative come il convegno internazionale nella ricorrenza del centenario dello scoppio della Prima Guerra Mondiale: “In esso passerete in rassegna le più recenti acquisizioni della ricerca, con speciale attenzione per le iniziative diplomatiche della Santa Sede durante quel tragico conflitto e al contributo dato dai cattolici e dagli altri cristiani al soccorso dei feriti, dei profughi, degli orfani e delle vedove, alla ricerca dei dispersi” ricordando anche le parole di Benedetto XV che definì «inutile strage» (Lettera ai Capi dei popoli belligeranti, 1° agosto 1917). E risuona ancora oggi, quanto mai attuale, l’accorato appello di Pio XII: «Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra» (Radiomessaggio, 24 agosto 1939). Quando riascoltiamo quelle parole profetiche, veramente ci rendiamo conto che la storia è “magistra vitae”.