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Lo scontro navale in Adriatico di fine 1915

Il salvataggio della popolazione e dell’esercito serbo travolti dall’offensiva austriaca, tedesca e bulgara dopo lo scoppio della Prima guerra mondiale rappresenta, per dimensioni e impegno, una delle prime operazioni umanitarie condotte dalla Marina italiana.

Dal 22 novembre 1915 al 4 aprile 1916 tra le due sponde del Mar Adriatico la Regia Marina, in cooperazione con Gran Bretagna e Francia, compì una missione senza precedenti e non solo di carattere militare, ma soprattutto di grande solidarietà e di aiuto nei confronti di uomini, donne e bambini serbi che scappavano dalla guerra.

L’incrociatore Quarto

Un bilancio complessivo è utile per comprendere l’entità dell’operazione e l’impatto che essa ebbe sulla Regia Marina. A tal proposito, il professore Mariano Gabriele nell’articolo “Il salvataggio dell’Esercito Serbo”, pubblicato sul numero di settembre 2008 del Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, così riepiloga l’intera attività:

“Considerando le varie attività svolte, risulta che furono impiegati 45 piroscafi italiani (per 50 mila tsl), 25 francesi (43 mila tsl) e 11 britannici (50 mila tsl); per i malati e i feriti operarono, inoltre, 5 navi ospedale e 2 navi ambulanza italiane, una nave ospedale francese e una britannica. Di tali unità andarono perdute 6 italiane e 2 francesi, quasi sempre per mine. Per i trasporti furono effettuati complessivamente 560 viaggi, 440 quelli italiani, 101 i francesi, 19 i britannici. Furono trasferiti per mare 342.750 uomini (di cui 260.895 militari serbi dai porti albanesi a Corfù, più prigionieri e profughi condotti in Italia e Francia), 26 358 cavalli (10 153 per l’Esercito serbo), 328 pezzi d’artiglieria (68 serbi) e molte decine di migliaia di tonnellate di materiale. L’impegno delle Marine militari fu notevolissimo, sia per i servizi di scorta ravvicinata, sia per le crociere di pattugliamento. Su un totale di 1159 missioni, la Regia Marina ne eseguì 584 (4 con navi da battaglia, 106 con incrociatori ed esploratori, 270 con cacciatorpediniere, 63 con torpediniere, 141 con sommergibili), la Marine Nationale 340 (168 con cacciatorpediniere, 172 con sommergibili), la Royal Navy 235 (77 con incrociatori ed esploratori, 158 con sommergibili). Nel corso delle operazioni la Marina italiana perse il cacciatorpediniere Intrepido e il dragamine Monsone, la francese il cacciatorpediniere Renaudin e 2 sommergibili, la britannica 5 dragamine. Per contro agli austriaci furono affondati i cacciatorpediniere Lika e Triglaw e 5 sommergibili”.

Triglav

Nell’ambito di tali operazioni e l’intenso fermento registrato, soprattutto nell’area di Durazzo, alla fine del 1915 diede l’occasione agli austriaci di pianificare una incursione che portò a uno dei due maggiori scontri navali verificatisi in Adriatico durante il conflitto.

La notte fra il 28 e il 29 dicembre l’incrociatore leggero Helgoland e cinque caccia della classe “Tatra” – Lika, Csepel, Triglav, Tatra e Balaton – salparono da Cattaro, direzione Durazzo che raggiunsero la mattina del 29 distruggendo tre mercantili.

Nave Csepel

Durante l’avvicinamento al porto albanese si imbatterono nel sommergibile francese Monge, che fu affondato. Il gruppo navale fu però ingaggiato dalle batterie terrestri albanesi che lo costrinsero, per evitare i colpi, ad assumere andature zigzaganti che portarono il Triglav e il Lika a urtare alcune torpedini di un campo minato. Il Lika affondò rapidamente, mentre il Triglav, gravemente danneggiato, fu preso a rimorchio dal Balaton e dal Tatra, che diressero a lento moto per il rientro a Cattaro sospendendo l’azione.

Nave Nino Bixio

Gli austriaci inviarono a più riprese idrovolanti e unità in appoggio, fra cui l’incrociatore corazzato Kaiser Karl VI scortato da quattro torpediniere, mentre gli italiani fecero salpare da Brindisi alcuni esploratori e caccia per intercettare le unità avversarie prima che rientrassero alla base. Presero il mare complessivamente quattro esploratori (due italiani, il Quarto e il Bixio e due inglesi) e nove cacciatorpediniere (quattro italiani e cinque francesi) al comando del contrammiraglio Belleni imbarcato sul Bixio.

I due gruppi navali si ingaggiarono nel primo pomeriggio; gli austriaci riuscirono a rientrare a Cattaro, ma dovettero lasciare il Triglav al proprio destino,([1]) subendo peraltro anche l’abbattimento di un idrovolante e diverse lievi avarie.([2])

Una azione che non ebbe impatto sulle sorti della Grande Guerra in Adriatico e che sancì definitivamente la bontà delle nuove tattiche navali che non prevedevano l’impiego di gruppi navali e della cosiddetta grande battaglia che avrebbe risolto l’esito del conflitto.

C.V. Leonardo Merlini
Direttore Museo Tecnico Navale di La Spezia

([1])Dopo averne tratto in salvo l’equipaggio, fu abbandonato e affondato dalle navi dell’Intesa.

([2]) Anche alcune unità dell’Intesa subirono lievi danneggiamenti.