Giorni di Storia

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La Regia Guardia di Finanza nei giorni della “marcia su Roma”

Molto spesso, gli storici, anche contemporanei, si sono chiesti quale fosse stato l’atteggiamento o meglio il “pensiero” dei vari apparati di Polizia nazionali dinanzi alla violenza delle “squadracce” fasciste, all’indomani della creazione dei “Fasci di Combattimento”, nel 1919, ovvero di quella socialista, comunista e, soprattutto, anarchica, che unita alla prima (quella Mussoliniana) sconvolsero comunque il Paese, all’indomani della fine della “Grande Guerra” e sino alla famigerata “Marcia su Roma”, di fine ottobre 1922. In verità, non sono stati in pochi a puntare il dito riguardo a presunte “connivenze” tra le stesse Forze di Polizia con i fascisti, ritenuti da queste come “il male minore”, rispetto alla ipotetica e per nulla “immaginaria” ventata Marxista-Leninista che stava soffiando anche in Italia. Al di là di tali giudizi (che si possono sgonfiare da soli, se solo qualcuno ricordasse quanto accadde al Corpo della Guardia Regia, sciolto per volere dello stesso Mussolini di lì ad un anno dalla presa del potere), i Carabinieri Reali, la Regia Guardia di Finanza e la stessa Guardia Regia fecero davvero l’impossibile, pur di garantire la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, e lo fecero, come nel caso delle stesse Fiamme Gialle anche a ridosso della stessa “Marcia su Roma”, cercando di difendere – per quello che potevano, s’intende – le libere Istituzioni dello Stato, almeno quelle territoriali, anche se minacciate dagli stessi fascisti, come evidenzieremo a breve.

Bolzano, 2 ottobre 1922

Bolzano in una fotografia degli anni Venti

Quanto accadde a Bolano, agli inizi del “fatidico” ottobre del ’22 ci fa comprendere al meglio quale possa essere stata la situazione vissuta dall’Italia nelle settimane che precedettero la citata “Marcia…”. Gran parte degli storici ha, infatti, quasi sempre ricordato l’opera che le Forze di Polizia avevano sin lì condotto contro gli “oppositori” al fascismo, evitando – molto spesso ad arte – di citare anche quei casi nei quali la Legge fu fatta osservare anche nei confronti dei seguaci di Benito Mussolini, e persino a pochi giorni dal suo insediamento al Governo della Nazione. Ebbene, il pomeriggio del 2 ottobre 1922, un’orda di fascisti, la maggior parte dei quali provenienti dal Veneto e dalla Lombardia, al comando di Alberto De Stefani, si portò nei pressi del Comune di Bolzano con l’intento di invaderlo e, quindi, di occuparlo. A guardia del Municipio, la Regia Prefettura bolzanina aveva disposto la mobilitazione di un centinaio di Guardie di Finanza e di una trentina di Carabinieri Reali.

Vincenzo Sciuto oramai Capitano anziano nel 1944

I militari, sul principio tennero testa, con molta fermezza all’assalto condotto in piena regola dalle truppe fasciste; ma essendo queste aumentate, di lì a poco, a parecchie centinaia di uomini, dopo una violentissima colluttazione, nella quale volarono molti colpi di bastone, ì fascisti riuscirono ad aprirsi un varco ed a penetrare nel palazzo, in cui si insediarono, non prima di aver cacciato il Sindaco democraticamente nominato. Il giorno seguente, invece, si portarono a Trento, ove imposero le dimissioni del Governatore del Trentino-Alto Adige. Nel conflitto  di Bolzano si ebbero una ventina di feriti, dei quali più della metà furono guardie di finanza, compreso un loro ufficiale. I Finanzieri, è doveroso ricordarlo erano quasi tutti Allievi Sottobrigadieri, frequentatori dello speciale corso che si stava svolgendo presso il Battaglione Allievi della città altoatesina, nonché Allievi Guardie della vicina Scuola Alpina di Predazzo, inviati di rinforzo a Bolzano, al comando del Sotto Tenente Vincenzo Sciuto, da pochi mesi (1° febbraio 1922) giunto trasferito da Maddaloni. Le cronache del tempo ci ricordano che il contegno delle Fiamme Gialle e degli uomini della Benemerita fu davvero encomiabile, tenendo presente il critico e delicato momento[1].

Dalle Alpi alle Piramidi, 22-28 ottobre 1922

La tutela dell’ordine pubblico, anche nei confronti della violenza fascista non fu un elemento che riguardò le sole Regioni del Nord Italia. Quelle che seguono sono le cronache di quanto accadde, sempre nell’ottobre del 1922, nel “Profondo Sud”. Incominciamo da quanto avvenne a Bari il 22 ottobre, a due giorni dal “Convegno” che il Partito Fascista aveva organizzato a Napoli. Fu proprio quel giorno che nel capoluogo pugliese circa 350 fascisti si stavano accingendo a partire in treno alla volta di Napoli, per prender parte alla grande adunata. Alla stazione vi furono, tuttavia, alcuni incidenti con opposte fazioni politiche, che certamente potevano degenerare, almeno secondo le fonti ufficiali. Seguendo la cronaca riportata dal <<Giornale d’Italia>> del giorno seguente, apprendiamo, in verità, che un fascista era stato insultato da un gruppo di pescatori, tanto da <<ritenere giusto metter mano alla propria rivoltella>>. Ad evitare, per fortuna, un possibile spargimento di sangue contribuì l’energia e la presenza di spirito del Maresciallo della R. Guardia di Finanza Emilio Scini, il quale, sollecitamente intervenuto nel conflitto riuscì a ristabilire la calma, tanto che ognuno tornò alle proprie case o ai propri progetti politici[2]. Ricordiamo che il “Convegno di Napoli”, che si tenne presso il celebre Teatro San Carlo, viene ritenuto dagli storici come una sorta di “prova generale” dell’imminente “Marcia su Roma”.

Napoli, camice nere provenienti da Bari e Potenza

Dinanzi ad un Benito Mussolini, il quale non si era fatto alcuna remora nel proclamare l’infelice frase <<O ci daranno il Governo, o lo prenderemo calando su Roma>>,  avrebbero sfilato ben 40.000 “camice bere”, provenienti da varie località del Paese. Molto più consistente fu, infine, quanto accadde a Marano di Napoli proprio il 28 ottobre, quando a Roma Mussolini e i suoi accoliti (circa 25.000 uomini) stavano tenendo “sotto scacco” lo stesso Re d’Italia, Vittorio Emanuele III, pur consci tutti – sia i fascisti che le Autorità Regie – che il Presidio della Capitale era allora composto da ben 28.000 uomini, tra Forza Armate e Corpi di Polizia. Ebbene, all’alba di un apparente tranquillo giorno autunnale, la cittadina di Marano, alle porte di Napoli, fu improvvisamente invasa da svariati nuclei di fascisti, circa 200, come al solito armati di tutto punto e inquadrati militarmente. Il locale Commissario di P.S., non disponendo di truppa sufficiente (Guardie di Pubblica Sicurezza e Carabinieri Reali), chiese aiuto al Distaccamento della R. G. di Finanza che , in quel frangente storico, si trovava in quel Comune per vigilare sull’esatta applicazione dell’imposta sui vini. Il Maresciallo Capo Mario Salvatore, Comandante del Distaccamento inviò due guardie completamente armate presso il Commissariato, onde ricevere ordini in merito. Ma queste, furono improvvisamente circondate da circa 80 fascisti, i quali cercarono di disarmarle. L’energico contegno tenuto dai due finanzieri, i quali si opposero con tutte le loro forze fu seguito dall’immediato intervento dello stesso Commissario, grazie al quale i Finanzieri furono rilasciati. Di quanto stava avvenendo in paese fu immediatamente informato il predetto Maresciallo, il quale assieme a 15 uomini raggiunse le due guardie, nel frattempo rifugiatesi presso il locale Municipio. Il bravo comandante fece circondare l’Ufficio postale, in quanto i fascisti ad ogni costo volevano impossessarsi del relativo telegrafo. Durante la lotta che ne derivò si distinsero, in modo particolare, i Brigadieri Migali Ercole, Caunie Salvatore, Vastano Rodolfo, Celano Mario e i Sotto Brigadieri Giallari Carlo e Gentile Umberto, nonché l’Appuntato Brosa Michele, e le Guardie Arrabito Vincenzo, Bisignano Vito, ed altri. Dopo ben dieci ore di scaramucce e scambi di fucilate, giunsero finalmente da Napoli due Compagnie di Carabinieri Reali al comando del Maggiore Rodio. Grazie all’Arma fu, quindi, possibile, in tarda serata rompere l’assedio, tanto che i fascisti lasciarono Marano, disperdendosi in piccoli nuclei nelle campagne circostanti[3].

Conclusioni

Qualche giorno dopo i “Fatti di Bolzano” era stato lo stesso <<Il Finanziere>> a rassicurare i propri lettori riguardo alla salute delle guardie di finanza ferite, ivi compreso il Sotto Tenente Sciuto, peraltro abbandonandosi ad una certezza: <<Per fortuna però le ferite da lui riportate sono, come quelle delle guardie, di lieve entità; di modo che si ritiene che assai presto saranno guarite. Noi vogliamo augurarci che a questi bravi finanzieri, che tanta fermezza e tanto tatto dimostrarono nel critico frangente, non mancherà il giusto premio>>[4]. Ciò, in realtà, non avvenne in quanto alla difesa della sede Comunale di Bolzano, al comportamento eroico dei Finanzieri a Bari e a Marano di Napoli non poté far seguito alcuna ricompensa, ricordando che al termine della nota “Marcia…”, Benito Mussolini divenne Capo del Governo, carica che avrebbe mantenuto, dopo aver dato vita ad una triste dittatura, per oltre un ventennio. Chi avrebbe mai potuto proporre per un Encomio o una Medaglia uomini in divisa che avevano osteggiato l’avanzata fascista?

Col. (a) G.d.F. Gerardo Severino
Storico Militare

 

 

 

 

[1] Cfr. Corrispondenza dal titolo “I Finanzieri a Bolzano”, in <<Il Finanziere. Giornale della Regia Guardia di Finanza>>, n. 40, 8 ottobre 1922, p. 3.

 

[2] Cfr. corrispondenza dal titolo “Il coraggio e la presenza di spirito dei nostri Sottufficiali”, in <<Il Finanziere. Giornale della Regia Guardia di Finanza>>, n. 44, 5 novembre 1922, p. 3.

 

[3] Cfr. Corrispondenza dal titolo “Finanzieri in servizio di P.S.”, in <<Il Finanziere. Giornale della Regia Guardia di Finanza>>, n. 47, 26 novembre 1922, p. 3.

[4] Cfr. Corrispondenza dal titolo “I Finanzieri a Bolzano”, in <<Il Finanziere. Giornale della Regia Guardia di Finanza>>, n. 41, 15 ottobre 1922, p. 3.