Giorni di Storia

date, nomi, avvenimenti che raccontano il '900

Nomi

Ippolito Costabile, il celebre “maestro d’ascia” di Castellabate

Castellabate, perla del Golfo di Salerno, che nel suo lembo costiero (Capo Licosa) ne vede il termine, nella parte Meridionale, ha un rapporto privilegiato con il mare, come ho più volte raccontato su questo portale storico, ove ho ricostruito vicende legate sia alla storia dell’emigrazione italiana nel mondo che vicende belliche, volendo citare, tanto per dare un esempio, la tragedia del sommergibile “Velella”. Mentre è oggi una località rinomata, quasi esclusivamente per via del turismo estivo, ma anche per via del film “Benvenuti al Sud”, Castellabate è stata per un paio di secoli famosa per i suoi cantieri navali, e comunque perché in essa ebbe vita il famoso “Gozzo Cilentano”, richiesto in tutt’Italia, per via della sua saldezza nella navigazione e nell’esercizio della pesca. Quella che segue è la storia di questo straordinario settore artigianale, ma anche la storia della mia famiglia d’origine, quella dei Severino-Ippolito, una storia che ho potuto ricostruire anche grazie alla collaborazione ricevuta da Emilio Guida, responsabile dell’Archivio Storico del Comune di Castellabate[1].

La Marina di Castellabate in una foto degli inizi del Novecento

Mastri d’ascia, calafati e cantieri navali a Castellabate

La storia che racconto oggi inizia, dunque, sotto il Regno delle Due Sicilie – siamo sul finire del Settecento – epoca nella quale a Castellabate si diede vita al primo “cantiere navale”, naturalmente a conduzione familiare, posto in essere da Antonio Ippolito, capostipite di un’antichissima famiglia originaria della costiera Amalfitana, attività che però dovette essere contesa con quella degli omologhi “Maestri d’Ascia” sorti nel frattempo ad Agropoli e ad Acciaroli, volendo limitare l’orizzonte alle rotte verso Nord e verso Sud del Regno[2]. In verità, quello degli Ippolito, non era, in origine, un vero e proprio cantiere come lo intendiamo oggi, ma semplicemente una bottega di artigiano, che molto probabilmente operava nei pressi della località di “Isca della Chitarra”, molto prossima al porticciolo detto, invece, di “Porta delle Gatte”.

La casa di famiglia di Costabile Ippolito, in basso a destra (anno 1914)

Di un vero cantiere navale, così come evidentemente lo considerava o lo considera tuttora la terminologia industriale, si incominciò a parlare solo dopo il 1865, anno in cui quello di Francesco Ippolito, nipote di Antonio, di Castellabate fu annoverato fra i 34 cantieri navali aperti nel Regno proprio in quell’anno[3].  Lo stesso rapporto statistico aggiunse, però, che a Castellabate, nel corso dello stesso periodo, era stato varato un solo bastimento, con una stazza media di tre tonnellate[4]. Naturalmente la statistica ufficiale renderà giustizia al cantiere solo negli anni seguenti, evidenziandone sia la maggiore produzione che la sempre più elevata stazza dei mezzi nautici realizzati. Il cantiere navale viene, quindi, annoverato, ancora nel 1872, nell’ambito di un apposito elenco che riepiloga i più importanti fra quelli attivi nel Compartimento Marittimo di Castellammare di Stabia, primato che perdurerà anche negli anni seguenti[5].

Il marinaio Costabile Ippolito in una foto del 1895-1896 (collezione G. Severino)

Ebbene, in quel frangente storico, tra i principali collaboratori di Francesco Ippolito, troviamo anche il mio bisnonno, Costabile, il quale era nato a Castellabate il 12 ottobre 1857, ennesimo figlio dello stesso Francesco Ippolito e di sua moglie, Elena Di Gregorio[6]. Coniugato, dopo aver prestato quattro lunghi anni di servizio nella Regia Marina, il 25 novembre del 1879 con Maria Di Sessa, anche lei nativa di Santa Maria di Castellabate, Costabile divenne padre di Luigi, nato il 20 ottobre del 1880. A Luigi fece seguito Francesco Paolo, nato il 4 novembre 1882, Elena, nata il 9 agosto 1885, Rosina, nata il 22 gennaio 1888, mia nonna, Angiola, nata il 10 settembre del 1890, Caterina, venuta alla luce il 16 aprile 1894, Antonio, nato il 10 gennaio 1897 e morto il 21 gennaio seguente e, infine Antonia, nata il 25 gennaio 1899. Ho voluto elencare la famiglia al gran completo, anche per far comprendere quali potessero essere state le difficoltà economiche che spinsero l’abile calafato di Castellabate a lasciare il Paese, alla volta delle lontanissime Americhe. Ebbene, Costabile Ippolito giunse per la prima volta negli Stati Uniti il 20 maggio del 1896, appena “smobilitato” dalla Regia Marina, ove era stato nel frattempo richiamato, sulla soglia dei quarant’anni, sbarcando ad Ellis Island dalla nave “Scandia”, partita una ventina di giorni prima da Napoli. Tornato in Italia di lì a qualche anno, Costabile riprese il mestiere di prima, quello di “Mastro d’ascia e Calafato”, che avrebbe esercitato ininterrottamente, assieme ai fratelli più grandi, sino al 1906, anno in cui si decise a far ritorno in America, ove nel frattempo si era trasferito stabilmente il figlio maggiore, Luigi.

Sbarcato ad Ellis Island il 29 di giugno dal vapore “Città di Milano”, che era salpato da Napoli, provenendo però da Genova, Costabile Ippolito andrà ad abitare nella stessa casa che ospitava Luigi, nella popolosa Mulberry Streat, civico 88. Farà, tuttavia, ritorno in Patria di lì a qualche anno, dovendo riprendere in mano le redini del cantiere navale di famiglia, nel frattempo ingranditosi proprio grazie alle rimesse inviate in Patria dagli emigranti, grazie alle quali era ripresa energicamente la fabbricazione delle barche da pesca, tra gozzi e paranze a vela. Rimanendo a parlare della tradizionale vocazione artigiana di Castellabate, con particolare riferimento alla costruzione e riparazione dei natanti, un dato molto importante perviene dalla c.d. “Matricola degli esercenti industrie, rivendite, arti e professioni”, stilata dal Comune di Castellabate nel 1903 e riportata integralmente, per la prima volta, in un libro dedicato alle Fiamme Gialle di Castellabate[7]. Dal relativo prospetto emerge che tra i “Calafati[8] operanti nel Comune in quel contesto storico vengono censiti gli stessi Ippolito (Girolamo, cugino di Costabile, e Giuseppe, molto probabilmente suo figlio) e tale Francesco Cilento, anche se i primi sono ancora gli unici a disporre di un apposito spazio ben delineato, ove esercitare anche la costruzione delle barche, oltre alla riparazione. Erano, quelli, gli anni nei quali Costabile Ippolito era ancora dimorante a New York, tanto che la tradizionale attività era stata “temporaneamente” portata avanti dal fratello Antonio. Lasciati in America il figlio Luigi, così come qualche figlia e lo stesso mio nonno, Francesco Paolo Severino, abitante anche lui a Mulberry Streat, Costabile Ippolito, ormai non più giovanissimo tornò definitivamente a Castellabate, desiderando ardentemente di riprendersi in mano l’azienda o parte di essa.

Mulberry Streat 1905 (Collezione G. Severino)

Da un “Elenco dei contribuenti privati…” soggetti al pagamento della nota imposta detta “di Ricchezza Mobile” relativo al 1924 lo ritroviamo, infatti, censito nella categoria dei “Carpentieri” (per il quale avrebbe dichiarato un reddito annuo di £. 1.200), unitamente ai calafati e maestri d’ascia Francesco Paolo Di Cunto, Vincenzo Ippolito e Luigi Marinelli, storico fondatore del Cantiere navale di San Marco di Castellabate[9]. Ben due cantieri navali, uno attestato in Santa Maria ed uno in San Marco vengono, invece, censiti nel 1928, anche se genericamente ne viene indicata, come data d’inizio attività, rispettivamente l’anno 1911 (quando evidentemente Costabile Ippolito fece ritorno da New York) e l’anno 1912. Molto probabilmente, tali datazioni erano riferite a speciali concessioni amministrative o fiscali non meglio evidenziate nel testo[10]. Il mio bisnonno, Costabile Ippolito, protagonista di questa bella vicenda, si spense nella sua casa di proprietà, un bel palazzetto costruito nell’area detta “Li Cristuni”, il 19 febbraio 1929, a due giorni dai festeggiamenti di San Costabile, patrono del Comune di Castellabate e, ovviamente, suo santo protettore. Aveva settantadue anni, gran parte dei quali passati a lavorare il legno. Qualche anno dopo, siamo ormai giunti ai primi anni ’30, solo quello degli Ippolito di Castellabate viene annoverato, in una apposita pubblicazione, fra i pochi, oltre ai due di Salerno, cantieri navali della medesima provincia adibiti alla “costruzione e riparazione dei natanti da pesca”, segno evidente della specializzazione che il medesimo stabilimento aveva ormai assunto col passare degli anni[11]. In tale felice circostanza viene citato anche il proprietario dell’attività imprenditoriale, il mastro d’ascia Vincenzo Ippolito, figlio di Antonio e nipote del mio bisnonno Costabile[12], erede della storica e tradizionale famiglia attestata a Castellabate sin dalla fine del Settecento, ma che con Don Antonio Ippolito, “Maestro costruttore di Legni e Maretimi” era divenuta particolarmente celebre nella prima metà dell’Ottocento, tanto da far parte dei “notabili” di Castellabate[1].

Col. (a) GdF Gerardo Severino
Storico Militare

[1] Attestata dopo l’anno mille nel pistoiese, la famiglia Ippolito si diramò nel mantovano, quindi in Sicilia, in Calabria e, infine, nel Napoletano, ove giunse ai tempi di Roberto il Guiscardo. Varie le famiglie stanziate nel Principato Citra, sia nei paesi rivieraschi che nell’entroterra dello stesso Cilento. Ciò avvenne, tuttavia, attorno al Sei-Settecento, quando alcuni rami degli Ippolito si trasferirono nel Cilento. Prima di tale periodo, degli Ippolito non vi è traccia nell’ambito dei vari censimenti relativi alla popolazione cilentana. Cfr., ad esempio, Antonio Silvestri, “La Popolazione del Cilento nel 1489”, Acciaroli, Edizione del Centro di Promozione Culturale per il Cilento,  1991.

[2] Cfr. Gennaro De Crescenzo, “Le industrie del Regno di Napoli”, Edizioni Grimaldi, anno 2002, pag. 122.

[3] Cfr. “Statistica del Regno d’Italia –Movimento della Navigazione nei porti del Regno – anno 1865”, Tipografia Le Monnier – Firenze, anno 1866, pag. 126.

[4] Ibidem.

[5] Cfr. “Rivista Marittima – anno 1872”, Roma, Ministero della Marina, 1872, p. 964.

[6] Il Mastro Calafato Francesco Ippolito, oltre a Costabile e a varie figlie femmine, era anche padre di Alfonso Maria (4.1.1846), Antonio (12.2.1850) e Natale (26.12.1852).

[7] Cfr. Gerardo Severino – Vincenzo Caputo, “La Guardia di Finanza a Castellabate in due secoli di storia italiana (1808 – 2005), Roma, Edizione Museo Storico della Guardia di Finanza, 2006, pp. 60 e 61.

[8] È opportuno precisare che per “Calafato” s’intende l’artigiano addetto ai restauri delle barche, con riferimento storico alla pratica della impermeabilizzazione dello scafo, mentre per “Maestri d’Ascia” i carpentieri navali addetti alla materiale costruzione dei battelli.

[9] Cfr. Direzione Generale delle Imposte Dirette, “Imposta sui Redditi di Ricchezza Mobile. Elenco dei Contribuenti Privati possessori di redditi incerti e variabili delle categorie B e C. – Provincia di Salerno”, Roma, Libreria dello Stato, 1924, p. 287 e seguenti.

[10] Cfr. “La Marina Mercantile Italiana al 31 dicembre 1928”, Roma, Provveditorato Generale dello Stato, 1929, p. 9.

[11] Sui cantieri Ippolito e Marinelli vgs. Gennaro Malzone (a cura di), “Arti e Mestieri del vecchio e nuovo Cilento”, Edizione E.P.I.A. “Manlio De Vivo” – San Marco di Castellabate, 2004, pp. pagg. 30 e 31 – 38 , 39 e 40.

[12] Cfr. “La pesca nei mari e nelle acque interne d’Italia”, Istituto Poligrafico dello Stato – Roma, anno 1931, pag. 198.

[13] Cfr. Gerardo Severino – Vincenzo Caputo, “La Guardia di Finanza a Castellabate…”, op. cit., pag. 24, nota n. 53.