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Grande Guerra: la disavventura del piroscafo mercantile “Adda”

Nel corso della “Grande Guerra” furono davvero molte le navi passeggeri, così come quelle mercantili che pagarono lo scotto di appartenente alle Nazioni dell’Intesa, che si contrapponevano in armi ai c.d. “Imperi Centrali”, che quell’immane guerra l’avevano voluta e portata avanti con testarda determinazione. Nella c.d. “guerra dei convogli”, combattuta nei mari di mezzo mondo dagli astuti sommergibilisti austro-ungarici, furono veramente tante le imbarcazioni colate a picco, portando con loro il carico più prezioso: migliaia di vite umane, che nessun’altra colpa avevano, se non quella di appartenere a Stati nemici di Austria, Germania e Russia. Ebbene, non tutte le navi colpite o incidentate, durante i cinque lunghi anni di guerra, lo furono direttamente per mano avversaria. Ci furono, infatti, non pochi casi nei quali sia i vapori passeggeri che quelli mercantili rimasero vittime del c.d. “fuoco amico”, ovvero di circostanze fortuite, spesso anche fatali, dovute a meri equivoci, che purtroppo lo stato di guerra non avrebbe potuto evitare. È, questa, la sorte toccata al piroscafo italiano “Adda”, che fra il 1915 e il 1917 rimarrà vittima di errori umani, attribuibili comunque alla fatalità del momento.

Il Capo di Punta Licosa in una cartolina degli anni Sessanta (Collezione dell’autore)

Da Newcastle on Tyne a Messina (1894 – 1915)

Il piroscafo mercantile “Adda” fu costruito presso i prestigiosi Cantieri Navali “William Dobson & Co”, di Walker, Newcastle on Tyne, in Inghilterra, nel corso del 1894. Varata il 29 settembre dello stesso anno, la nave era di proprietà della “Danon Frères”, una Società d’armatori belga operante ad Antwerp. Con scafo interamente in acciaio, il piroscafo a vapore, aveva un dislocamento pari a 3467 tonnellate, con macchine da 263 cavalli-motore nominali, e fin da subito fu utilizzato per il trasporto merci, con il nome di “Besratael”. Il vapore avrebbe inizialmente assicurato il traffico commerciale con l’Argentina, trasportando in Europa carbone, grano e altri cereali e persino frutta. Quattro anni dopo, esattamente il 18 agosto del 1898, la Società belga lo vendette, ad Anversa, al celebre armatore Messinese, Vincenzo Bonanno, per la somma di £.30.000. In quel frangente, il “Besratael” fu ribattezzato col nome di “Vincenzo”, poi modificato in “Vincenzo Bonanno” nel novembre del 1901. Qualche mese dopo l’acquisito, nella stessa Messina (il 23 gennaio 1899) fu stata costituita la “Società Siciliana di Navigazione a Vapore”, una Società in nome collettivo tra Domenico Bonanno, figlio di Don Vincenzo e altri suoi fratelli. La Società, che in seguito assunse il nome di “Cugini Bonanno”, avrebbe assicurato sia il trasporto marittimo di merci (prevalentemente agrumi) che quello dei passeggeri.

Uno dei gozzi di Licosa che prese parte alle operazioni di soccorso del Piroscafo Adda (Collezione dell’autore)

In quel contesto, il vapore “Vincenzo Bonanno”, valutato in £. 800,000, fu utilizzato dalla stessa Azienda per le rotte transoceaniche(1). Agli inizi del Novecento, tuttavia, il “Bonanno”, unitamente ad altra celebre unità della flotta, il vapore “Regina Elena”, fu ceduto (era il 1903) alla “Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde”, con sede a Milano, per una somma pari a £. 1.300.000. Nello stesso anno troviamo, quindi, il “Bonanno” , al comando del Capitano Rizzo, dislocato nel porto di Genova, dal quale partivano periodicamente, sempre alla volta dell’America Latina (principalmente Argentina e Uruguay), migliaia di emigrati, per poi ritornare carico di ogni ben di Dio. Attorno al 1912, il vapore “Vincenzo Bonanno”, ribattezzato, nel frattempo, col nome di “Adda” (3), risulta iscritto presso il Compartimento Marittimo di Genova, con il n. di matricola 516 e con il nominativo di “NBJO” del Codice internazionale dei segnali(4). Nello stesso frangente storico ne è nuovo armatore il Cav. Francesco Boretti, della Società “Cambiaghi – Rossi & Consorti”, iscritto sempre nel Compartimento di Genova. Fu, quindi, a partire dallo stesso 1912 che l’ex piroscafo inglese fu utilizzato esclusivamente come “Cargo-boats” (vapore da carico), affrontando nuovamente le rotte Oceaniche, collegando così commercialmente le Americhe e persino l’India con il “vecchio continente”.

La punta e l’isola di Licosa in una fotografia del 1915 (collezione dell’autore)

Le disavventure belliche del vapore “Adda” (1915 – 1917)

Nella primavera del 1915, il vapore “Adda” si trovava al comando del Capitano Silvio Vassallo, originario di Genova, e affrontava ancora le rotte dell’America Latina, trasportando merce caricata sia in Argentina che Uruguay. Il giorno 8 aprile 1915, il piroscafo partì da Bahia Blanca, il grandioso porto di Buenos Aires, diretto a Genova. A bordo aveva un carico molto prezioso: un grosso quantitativo di grano e altre importanti mercanzie. La mattina del 14 maggio, nei pressi dello stretto di Gibilterra il vapore entrò in collisione con un vapore inglese, peraltro rimasto sconosciuto, in quanto il mezzo preferì proseguire la navigazione. Lo scontro procurò la morte di alcuni marinai e il ferimento di altri. Il vapore fu, quindi, rimorchiato nel porto di Malaga, ove fu sottoposto ai necessari lavori di restauro. Ma le disavventure belliche del “Adda” (Nella foto di copertina il Piroscafo Adda dall’Archivio fotografico Pietro Berti) non erano certo terminate. Due anni dopo, il piroscafo fu, infatti, vittima di una vera e propria fatalità, come dicevamo in apertura, coinvolto nelle articolate operazioni varate dal dispositivo di vigilanza costiera messo in piedi dalla Regia Marina, a tutela del Golfo di Salerno. A Punta Licosa, la località con la quale termina, a Sud, il citato Golfo, a maggior tutela della locale Stazione Semaforica, importantissima sia per la navigazione che per la stessa sicurezza militare del Meridione d’Italia, era stato incrementato il pattugliamento via mare, tanto che fu disposta la requisizione alla locale flotta peschereccia di alcune imbarcazioni “civili”, ma soprattutto fu posta, proprio sull’isola piana di Licosa una base d’Artiglieria costiera, la quale, anche se munita di pezzi di piccolo calibro, doveva preservare l’area da eventuali attacchi da parte di sommergibili nemici(5).

L’isola e la punta di Licosa oggi (Fototeca G. Severino)

Non solo, ma la zona fu compresa nell’azione di vigilanza, varata nel basso Tirreno dalla stessa Regia Marina, in virtù della quale furono adibiti al pattugliamento costiero, oltre ad alcuni sommergibili anche sei M.A.S. (Motoscafi Anti Sommergibili) ed alcuni idrovolanti stazionati a Sapri(6). E fu proprio un sommergibile, quasi certamente amico, che il 20 settembre 1917 causò – anche se involontariamente – l’incagliamento del vapore “Adda” sulle secche di Licosa. Siamo riusciti a ricostruire l’accaduto grazie al rinvenimento di un resoconto giurisprudenziale relativo al collegio arbitrale, discusso il 29 novembre 1919, sorto nel frattempo fra il proprietario del vapore e l’Istituto Nazionale delle Assicurazioni (7). Ebbene, il vapore “Adda”, ancora di proprietà della ditta “Cambiaghi – Rossi e consorti”, al comando del Capitano Ernesto Martelli, era partito da Bombay per Napoli il 27 luglio 1917. Durante il viaggio in convoglio da Siracusa a Napoli, con a bordo ancora un prezioso carico di grano, scortato da alcune vedette della Regia Marina, all’alba del 20 settembre successivo, il vapore s’incagliò a Punta Licosa con conseguente avaria. Come evidenzia il resoconto, il sinistro avvenne in queste circostanze: <<…l’aria era limpidissima, ma cominciava appena ad albeggiare quando il Capitano dell’Adda, che viaggiava in testa al convoglio, scorse un sommergibile senza bandiera, che trafficava con un veliero, ed appena scorto il convoglio si sommerse. Credendolo un sommergibile nemico, il Capitano ordinò alla macchina di retrocedere e regolò la manovra in modo che investì la costa, presso la quale si viaggia in convoglio per ripararsi in caso di attacco. Dopo un infruttuoso tentativo di disincaglio, si alleggerì il piroscafo sbarcando sulle vedette 1349 sacchi di grano.  Così alleggerito, il piroscafo, con l’aiuto di due rimorchiatori, fu liberato e continuò la sua rotta verso Napoli senza ulteriori avarie>>. Il resoconto, nel tentativo di approfondire meglio l’accaduto, aggiunse che: <<Il Collegio ha considerato che nel crepuscolo del primo mattino, il Capitano avvistò il sommergibile: che questo non faceva alcuna segnalazione amichevole, non inalberava la bandiera nazionale, ma stava accanto a un veliero dal quale pareva, secondo l’osservazione di parecchi marinai, attingesse delle provviste. Appena il sommergibile avvistò il convoglio si sommerse quasi per sottrarsi al cannone dell’Adda, onde il Capitano di questo piroscafo, temendo che partisse il siluro nemico, si gettò con una pronta manovra verso la costa di Licosa, a poca distanza, considerando che l’investimento poteva salvare il carico, che si può valutare a circa 5 milioni, e forse anche la nave il cui valore era di circa 2 milioni”. Il sommergibile – forse di altra Nazione facente parte dell’intesa – che, quasi certamente si era “rifornito” dal veliero, di viveri e probabilmente di carburante, preferì inabissarsi, onde evitare spiacevoli “conseguenze diplomatiche”, così come il veliero, tenendo l’accusa di favorire il contrabbando di guerra, si diede a precipitosa fuga, approfittando del fatto che le vedette della Regia Marina, unitamente ad alcuni battelli di pescatori partiti dalla stessa Licosa, erano impegnate nel salvare il prezioso carico. Il piroscafo “Adda”, dopo le opportune riparazioni presso il Regio Cantiere Navale di Napoli riprese la sua rotta, assicurando ancora per molti anni il commercio con l’America Latina. Nel 1920 il vapore passò in proprietà personale allo stesso armatore Paolo Boretti, il quale, appena l’anno dopo, lo cedette alla “S.A. di Navigazione & Commercio”, sempre di Genova, che ne mantenne il nome.

Nel 1923, il vetusto piroscafo “Adda”, ormai in disarmo nel porto di Savona, fu ceduto all’armatore Angelo Saglietto, di Genova, il quale ne mutò il nome in “Eva”. Non abbiamo idea di quando sia stato radiato esattamente, quasi certamente tra il 1925 e il 1930, anno in cui il bastimento non compare più nell’Annuario Navale edito in quel contesto storico. Aveva così termine la storia di un glorioso Piroscafo, il quale mutando per quattro volte il suo nominativo aveva percorso i mari di mezzo mondo, traportato merci ma anche migliaia di vite umane, tutte in cerca di fortuna, peraltro sopravvivendo miracolosamente alla tragedia della “Grande Guerra”, ma non alla ruggine…

Col. (a) GdF Gerardo Severino
Storico Militare

1. Cfr. Antonino Checco, L’età della decadenza (1861-1945), in <>, a cura di Piero Orteca, Messina, Edas, 1990, p. 102.

2. Cfr. Registro Italiano per la Classificazione dei Bastimenti, Genova, Stabilimento Tipografico Pietro Pellas, 1902, p. 526

3. Con il nome di “Adda” vi erano o vi erano state anche delle unità della Regia Marina da Guerra, come nel caso della Cannoniera, in legno, proveniente dalla Marina sarda, in servizio nella flottiglia del lago di Garda, radiata nel 1867, ovvero della Cisterna per acqua, varata nel 1913 ed in servizio dal 1914.

4. Cfr. “Lista dei piroscafi italiani per ordine alfabetico per l’anno 1912”, in Oreste Calamai, Annuario della Marina Mercantile e delle Industrie Navali in Italia, Edizione La Marina Mercantile – Rivista quindicinale illustrata editrice, 1912, p. 158.

5. Cfr. Angelo Ginocchietti, La guerra sul mare, Roma, Libreria del Littorio, 1930, pag. 36

6. Cfr. Gerardo Severino, Aviazione Militare. Sapri, da Stazione per gli idrovolanti a base d’appoggio per gli elicotteri della Guardia di Finanza, in www.reportdifesa.it, 31 agosto 2023

7. Il resoconto è riportato nella rubrica “Giurisprudenza” relativa alle assicurazioni marittime ed ai rischi di guerra, pubblicata sulla rivista <>, vol. XII, serie seconda, Milano, Unione Tipografico-Editrice Torinese, 1920, pp. 47-49.