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Gorbaciov, l’uomo di pace che sbriciolò la cortina di ferro

La storia, spesso, è disegnata dalle scelte e dalle decisioni di uomini e donne che hanno inciso sugli eventi con ricadute per i popoli, le nazioni e gli equilibri mondiali. E’ il caso di Mikhail Sergeyevich Gorbaciov (1931-2022), primo e ultimo presidente dell’Unione Sovietica, che ha contribuito insieme ad altri attori politici a livello internazionale a porre fine alla “Guerra Fredda”. Ronald Reagan, il Presidente degli Stati Uniti, che con lui firmò accordi e trattati per la non proliferazione delle armi nucleari, così come il cancelliere tedesco Helmut Kohl, osservarono che Gorbaciov aveva contribuito non solo a trasformare l’URSS, ma ad abbattere la “cortina di ferro, a riunire la Germania, ad accendere la scintilla verso l’autonomia dei Paesi dell’est, ex aderenti al Patto al di Varsavia. Era Nobel per la Pace, Gorbaciov, anche perché aveva delineato un modello di politica internazionale che denunciava la violenza come soluzione ai problemi interni ed esterni di uno Stato. Resta celebre il suo incontro, a quattr’occhi, con il premier britannico Margareth Thatcher del 16 dicembre 1984 in cui parlò delle relazioni Est-Ovest e della necessità di fermare la corsa agli armamenti prima che fosse troppo tardi. Un incontro che fece volare la Thatcher a Washington per incontrare Reagan e incoraggiarlo a coinvolgere il il leader sovietico e futuro fautore della “glasnost” e della “perestroika” con l’obiettivo di abbassare le tensioni tra i due blocchi contrapposti in cui era stato diviso il mondo. L’11 marzo 1985 il vicepresidente George W. Bush consegnò la lettera del presidente Reagan al nuovo leader dell’Unione Sovietica, dopo il funerale di stato di Konstantin Chernenko. Nella lettera il Presidente USA invitava Mikhail Gorbaciov ad andare a Washington per un vertice ed esprimeva la speranza di Reagan affinché i negoziati sul controllo degli armamenti potevano veramente arrivare alla possibilità concreta di fare progressi verso il comune obiettivo di eliminare le armi nucleari.

La macchina della diplomazia si faceva strada. Non era ancora arrivato il 1989, quel novembre in cui il crollo del Muro di Berlino avrebbe aperto una fase nuova a livello internazionale.

Tredici giorni dopo Gorbaciov rispose alla lettera di Reagan. Erano i primi passi verso la distensione. Il capo del Cremlino sottolineò la necessità di migliorare le relazioni tra i due paesi sulla base della competizione pacifica e del rispetto delle reciproche scelte economiche e sociali. Due lettere in cui i leader delle due superpotenze prendevano atto della responsabilità delle rispettive nazioni per la pace nel mondo. In fondo dove essere nell’intessere di tutti, la pace, a partire dalla comunità internazionale. Seguirono altre lettere, altri contatti diplomatici fino al primo faccia a faccia tra Reagan e Gorbaciov il 19 novembre del 1985 a Ginevra. Entrambi parlarono della sfiducia e dei sospetti del passato e della necessità di iniziare una nuova fase nelle relazioni USA-URSS. E poi gli incontri fino all’ultima sessione del summit di Reykjavik il 12 ottobre 1986, le lettere della Thatcher su Gorbaciov inviate a Reagan e quella del cancelliere Kohl a Bush nei giorni immediatamente successivi al 9 novembre 1989 dopo il crollo del Muro di Berlino. In una lettera del 28 novembre il cancelliere tedesco suggeriva al Presidente USA di impegnarsi con Gorbaciov su tutta la linea al fine di contribuire al cambiamento pacifico in Europa. (1)

Infine a Malta, al centro del Mar Mediterraneo, nel primo incontro bilaterale con George W. Bush del 2 dicembre 1989. Un incontro sulla nave militare “Maxim Gorky” durante un contesto sociale fortemente modificato dagli eventi: dalle elezioni in Unione Sovietica e in Polonia allo sbriciolamento della “cortina di ferro”. Poi ci sarà la prima plenaria del vertice del G-7 a Houston del 10 luglio 1990. E’ il summit in cui si rifletté su come i Paesi ricchi e industrializzati poteva fronteggiare e nel caso aiutare a seguito degli eventi in atto nell’Unione Sovietica ormai sulla strada della “perestrojka”. Poi avverranno i fatti che hanno scritto la storia fino a quel 1991 quando Gorbaciov aveva dovuto gestire le proteste nelle repubbliche baltiche, che chiedevano l’indipendenza dall’Unione Sovietica. Ad agosto si era verificato un tentativo di colpo di stato ai suoi danni mentre era in vacanza in Crimea. Poi l’1 dicembre aveva registrato il referendum in Ucraina che avrebbe portato all’indipendenza il Paese con capitale Kiev.

Fatti e notizie che fecero il giro del mondo, sui giornali, sulle tv, via radio. Non c’era ancora internet e i social network, ma dal piccolo schermo dentro le case di tutto il mondo si assisteva all’attività politica di questo grande uomo che cercava faticosamente di instaurare reti e relazioni con i grandi leader delle potenze occidentali per arrivare a un solo obiettivo: la pace.

 

Gorbaciov era nato il 2 marzo 1931, a Privolnoye, una piccola frazione di campagna del Caucaso del Nord. Suo nonno era a capo di un kolchoz, una fattoria collettiva, suo padre un operatore tecnico. La dignità e il duro lavoro erano le basi fondamentali nell’educazione del piccolo Gorbaciov. Allora come oggi la coltivazione del grano era fondamentale, per il gran bisogno di materie prime seguito alla Seconda guerra mondiale, dalla quale l’Unione Sovietica era uscita vincitrice ma con enormi perdite economiche e di vite umane. Il giovane Gorbaciov era bravissimo a scuola e ciò lo portò a entrare all’Università Statale di Mosca, la migliore in Russia. Studiò legge e si laureò con il massimo dei voti. Diventò capo della sezione locale del Partito (PCUS) a 39 anni guadagnandosi la fiducia di Leonid Brezhnev. Nel 1978 Gorbaciov venne nominato Segretario del Comitato Centrale del partito. Dopo il periodo in cui i capi del partito furono Andropov e Cernenko e dopo la morte di quest’ultimo nel 1985 fu Andrej Gromyko, ministro degli esteri sovietico, a fare il nome di Gorbaciov. Infine il Politburo, cioè la massima assemblea sovietica, lo appoggiò e Gorbaciov venne eletto all’unanimità capo dell’Unione Sovietica, il più giovane della storia. Aveva 54 anni.

La sua morte, il 30 agosto del 2022, ha ricordato a molti quegli anni Ottanta, quei giorni in cui le persone di tutto il mondo vivevano con l’incubo di un disastro nucleare, anche dopo i fatti di Chernobyl. Con Gorbaciov ci fu una distensione anche nell’opinione pubblica occidentale. Era l’uomo della speranza, colui che con il suo fare mite e sicuro allo stesso tempo si approcciava ai leader mondiali tendendo la mano e cercando la pace. Per questo conquistò tanta gente comune, italiani compresi. Per questo, ora, occorre non dimenticare la sua opera, riscoprire i suoi scritti, rileggere i suoi libri e rivedere i documentari e le sue interviste. Semplicemente per capire un contesto politico-internazionale che resterà per sempre nella storia.

Dopo la sua morte commentatori e opinionisti, leader politici e analisti hanno dato un giudizio sull’attività in vita di Gorbaciov. I punti di vista sono stati diversi, c’è chi lo ha sostenuto e ammirato, chi invece ha pensato il contrario.

Resta interessante un’intervista rilasciata nel 2011 all’ultimo leader comunista, il quale alla domanda su come lo avrebbe giudicato la storia rispose: “La storia è una donna capricciosa ed è difficile dire quale sarà il suo disegno. Ma voglio anticiparla, per dire che, in generale, Gorbaciov è un bravo ragazzo. Aspirava a fare qualcosa di molto importante, serio per le persone. Non tutto ha funzionato, ma molto” (2).

Vincenzo Grienti

1) National Security Archive, In memoriam di Mikhail Gorbaciov 1931-2022, cons. 1-09-2022

2) M. Ottaviani, Russia. Il freddo di Mosca saluta Gorbaciov. Isolati dal mondo i funerali di Stato, Avvenire dell’1 settembre 2022