Giorni di Storia

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30 anni senza Astor Piazzolla

La sua vita, avventurosa e intensa, ma soprattutto l’arte che ci ha tramandato fanno oggi parte anche della storia inalienabile del nostro straordinario Paese, il “Bel Paese” che in molti ci invidiano e, spesso, deridono, senza sapere… Ciò in relazione alle origini italiane di colui che è stato, e viene ritenuto tutt’ora e a ragione, uno dei padri del tango moderno (il “Nuevo Tango”), un grandissimo musicista e compositore famoso in tutto il mondo, oltre che nella sua amata Argentina, la Nazione che, a onor del vero, non sempre ha gioito per la sua opera. Il 4 luglio di trent’anni orsono si spegneva a Buenos Aires Astor Piazzola, meglio noto come “El Gran Astor” o “El Gato “ (il gatto, per la sua abilità e ingegno), lasciando nello sgomento non solo i suoi fans argentini e, lo possiamo dire con affetto, italiani, ma anche gli appassionati mondiali di quel genere musicale, una sorta di commistione tra tango e jazz, che il musicista italo-argentino aveva esportato ovunque, “sdoganando” quel genere musicale dagli stereotipi nazionalistici che per anni lo avevano relegato alle Americhe del Sud, o al massimo ai Paesi europei di lingua neolatina, come la Spagna e l’Italia, e per merito degli stessi emigranti tornati a casa. Anche se in Argentina le sue commistioni gli procurarono in vita (ma anche dopo, purtroppo) pesanti critiche, soprattutto da parte di coloro, i puristi, che non gradirono l’esordio e la fama del “Nuevo Tango”[1], Astor Piazzolla, pur tuttavia è e rappresenta l’Argentina nel mondo, tanto è vero che quando si parla di lui o si ascoltano le sue struggenti composizioni non si può non pensare a Buenos Aires, ai locali dove nacque e si diffuse il tango, così come alla bellissima e sterminata Nazione del Sud America che per anni ha dato ospitalità e, soprattutto, offerto una nuova vita a milioni di italiani. Lo vogliamo ricordare in occasione del triste anniversario con queste modeste note biografiche, non prima di aver puntato l’attenzione su di una circostanza non a tutti risaputa: il tango è stato ed è più che un genere musicale o un ballo, uno stile di vita, una filosofia alla quale, oltre al nostro Piazzolla si sono dedicati, prima e dopo di lui, il fior fiore dei musicisti argentini e uruguayani di origini italiane, pur volendo riconoscere – come è giusto che sia – al grande Carlos Gardel il merito assoluto di averlo diffuso al mondo intero, in un’epoca certamente non facile quale fu quella del primo dopoguerra.

Astor Piazzolla e il suo bandoneon

Astor Piazzolla, una vita per la musica.

Astor Piazzolla, uno dei tanti figli e nipoti di immigrati italiani che si erano stanziati da decenni in quella popolosa città, nacque a Mar del Plata, a circa 400 chilometri da Buenos Aires,  l’11 marzo del 1921, figlio unico di Vicente Piazzolla (chiamato affettuosamente “Nonino” dai figli di Astor), a sua volta figlio di Pantaleone, un pescatore nativo di Trani (Bari), e di Assunta Manetti, nativa di Mar del Plata ma di origini Garfagnine, essendo i suoi genitori originari di Massa Sassorosso, una frazione di Villa Collemandina, in provincia di Lucca[2]. Pur essendosi trasferito con la famiglia a New York nel 1925, e dove avrebbe vissuto sino ai sedici anni, Astor non dimenticò mai la sua amata Argentina e, quindi, la musica della sua terra natia, tanto che già all’età di otto anni ricevette dal padre, anche lui appassionato di musica, il suo primo bandoneon[3], con il quale avrebbe in seguito accompagnato lo stesso Vicente Piazzolla in esibizioni private o fra gli immigrati, nel corso delle quali l’uomo si cimentava con la fisarmonica e la chitarra. Nel 1930, a causa della nota crisi finanziaria, detta “del ‘29”, che sconvolse gli States, la famiglia Piazzolla decise di tornare a Mar del Plata.

Trani nel 1920

Qui il giovane Astor avrebbe proseguito la sua parabola musicale, prendendo lezioni di musica da celebri insegnanti, tra i quali Libero e Homero Paoloni. In verità già nove mesi dopo si registrò il suo ritorno a New York, volendo perseverare nello studio della musica e del bandoneon, per poi iniziare a  suonare in alcuni gruppi. Concordano i biografi del Piazzolla come sia stata fondamentale, in quegli anni, l’amicizia che gli concesse il grande  Carlos Gardel, il quale lo avrebbe incoraggiato a proseguire con la musica, peraltro procurandogli anche alcuni piccoli ingaggi per celebri spettacoli. Non solo, ma pare che lo avesse anche invitato a quello che sarebbe stato il suo ultimo tour, quello nei Caraibi, al quale, tuttavia, Astor non avrebbe preso parte per via del diniego dell’energico Vicente, tenendo presente che nel 1935 il giovane aveva appena compiuto quattordici anni[4]. Due anni dopo la famiglia si trasferì nuovamente a Mar del Plata, dove Astor si sarebbe definitivamente dedicato al genere tango, che cercò sin da subito di suonare secondo un proprio stile. Negli anni seguenti s’avvicinò a vari musicisti, tra i quali Luis Savastano, Nestor Romano a Miguel Calò, il quale lo invitò a trasferirsi definitivamente nella capitale del tango. Raggiunta così Buenos Aires nel 1939, Astor fu scritturato nell’orchestra di Anibal Troilo, ritenuto a ragione come il depositario della tradizione tanghera, orchestra nella quale il giovane Piazzolla ebbe un doppio compito: suonare il bandoneon e firmare gli arrangiamenti, operazione, quest’ultima, grazie alla quale ebbe modo di sperimentare nuove modalità espressive, maturate sia grazie agli insegnamenti appresi a New York, che agli studi che, contemporaneamente, svolse nella stessa Buenos Aires sotto la guida di Alberto Ginastera, il più celebre compositore argentino di quell’epoca. Di lì a poco avrebbe dato vita alla “Orquestra tipica de Astor Piazzolla”, successivamente ribattezzata “Orquestra de 1946”. Negli anni ’50, Astor volle dedicarsi alla musica sinfonica, iniziando a comporre colonne sonore per film.

Un quartiere bene di Mar de la Plata negli anni Venti

Da quel momento in avanti si sarebbe allontanato (momentaneamente, s’intende) dal suo amato bandoneon, dedicandosi così alla c.d. “musica colta”, dalla quale riceverà, in effetti, non poche soddisfazioni professionali. Nel 1953, tanto per citare un esempio calzante, grazie alla sinfonia “Buenos Aires” vinse il “Premio Sevitzky”, con annessa borsa di studio che gli consentì di recarsi a Parigi per un anno. Nella Capitale francese studiò con Juliette Nadia Boulanger, la grade direttrice d’orchestra e compositrice, ma soprattutto Professoressa di musica, la quale, tuttavia, lo consigliò di tornare ad occuparsi di tango, tanto era evidente come nel giovane italo-argentino tale genere fosse ormai entrato nel sangue. Fu con il suo ritorno a Buenos Aires che Astor Piazzolla ebbe modo di dedicarsi anima e corpo alla pratica di quel nuovo genere che di lì a qualche anno sarebbe stato definito “Nuevo Tango”, dando così vita, nel 1955, al gruppo “Octeto Buenos Aires”. Il nuovo genere musicale, pur attirandogli severe critiche da parte di puristi, accrebbe enormemente la sua fama, portandolo così a spostarsi e a suonare in varie località del mondo. Dal 1958 al 1960 visse, quindi, a New York, ove ebbe modo di frequentare i grandi artisti del momento, tra i quali Stravinskij. Una curiosità, si trovava ancora in America quando il 13 ottobre del 1959 si spegneva prematuramente il padre Vicente. Fu proprio in quel frangente che Astor Piazzolla avrebbe composto uno dei suoi pezzi più famosi, “Adios Nonino”, una composizione così struggente dalla quale, oltre alla sensibilità artistica ormai raggiunta dal musicista, trapela quel sentimento passionale e romantico tipico degli italo-argentini sempre nostalgici nei riguardi della propria terra d’origine e dei propri affetti privati. Tornato a Buenos Aires, Astor Piazzolla diede vita ad un quintetto, il “Quinteto nuevo tango”, titolo che sarà più volte modificato anche in ragione del cambio o dell’aggiunta di nuovi artisti. Con tale gruppo si esibì in molti locali, alternando le attività di arrangiatore a quelle di compositore.

Astor Piazzolla e la grande Milva

Dal 1967, in collaborazione con Horacio Ferrer compose alcune delle sue opere più famose (citiamo “Maria de Buenos Aires”, “Balada para un loco”, “Chiquilín de Bachín”). Nel 1971 è nuovamente in Europa per una tournee. Al rientro in Patria diede vita al celebre “Quinteto in Noneto (Conjunto 9)”, continuando a girare il mondo e a produrre opere. Nel 1973, ripresosi da un infarto, Astor Piazzolla raggiunse l’amata Italia, stabilendosi così per qualche tempo fra Roma e Milano. E fu proprio in Italia che compose “Libertango”[5], il pezzo che ancora oggi viene considerato il brano per antonomasia del “Nuevo Tango” e certamente quello più ascoltato al mondo. In Italia avrebbe collaborato con grandi artisti, anche italiani, allora molto seguiti dal pubblico e dalla critica, come nel caso di Mina, Milva e Iva Zanicchi, voci straordinarie che accompagnò col suo bandoneon in diverse esecuzioni e in seguitissimi programmi televisivi. Sempre in Italia, Astor conobbe, infine, anche il grande compositore e arrangiatore americano Gerry Mulligan, astuto sassofonista, ma soprattutto uno tra i fondatori dello stile denominato “Cool Jazz”. Con lui collaborò anche negli anni seguenti, avvicinandosi così alla musica elettronica, peraltro assieme al figlio, Daniel Piazzolla. Fu, poi, la volta di Parigi, ove continuò a comporre, pur non rinunciando a girare il mondo per concerti e contatti di lavoro. Astor Piazzolla fece ritorno a Buenos Aires nel 1978. Qui ricostruì il quintetto. Nel 1980 fece nuovamente ritorno a Parigi, tappa di continui spostamenti che lo avrebbero portato a suonare in molte parti del mondo. Furono, quelli, anni molto intensi, basti ricordare che il celeberrimo “Oblivion” fu scelto come uno dei brani della colonna sonora di “Enrico IV”, il film diretto da Marco Bellocchio nel 1984. Nei dieci anni che seguirono, la sua  frenetica attività lavorativa ne minò, purtroppo, la già precaria condizione di salute, essendo già da molti anni sofferente di cuore. Si trattava di problemi molto gravi che nel 1990 culminarono con un ictus, con conseguente emiparesi ed uno stato di coma, dal quale “El Gato” si riprese solo parzialmente alcune settimane dopo. Ma la situazione appariva ormai irreversibile, tanto è vero che sua moglie, Laura Escalada, tenendo sempre a mente il vivo desiderio espresso da Astor di morire nel sua Buenos Aires, lo riportò in Argentina. E fu proprio nella sua mai dimenticata Argentina che il grande artista si sarebbe spento, per l’appunto il 4 luglio del 1992.

Piazzolla a Milano ai tempi della registrazione di Libertango

Astor Piazzolla nel giudizio della storia e nel ricordo popolare.

Come già ricordato in precedenza, Astor Piazzolla viene oggi considerato tra i più importanti strumentisti d’avanguardia, ma soprattutto musicisti di tango della seconda metà del XX secolo, degno erede di Carlos Gardel, che piaccia o meno ai puristi. Come si è compreso egli è stata una figura molto controversa, soprattutto nei confronti del popolo argentino, il quale lo ha giudicato, spesso aspramente, sia musicalmente sia politicamente, ritenendo che la sua musica fosse un ulteriore tentativo di apportare cambiamenti alla stessa società argentina, o peggio di connivenza con la stessa dittatura, come ricordò, nel 2005, il chitarrista argentino Tomas Gubitsch, che Piazzolla aveva inserito all’inizio del ’77 nel nuovo “Ottetto” appena costruito (“Conjunto Electronico”) per un tour in Italia e Francia[6]. Al Piazzolla si rimproverarono atteggiamenti filo-governativi sol perché, nel corso dei mondiali del 1978, si era dato da fare per far conoscere meglio l’Argentina al mondo intero, evitando così di parlare in pubblico di questioni politiche, preferendo occuparsi solo della sua amata musica. Del resto, molti anni prima di lui, un certo “Libertador” (parliamo del Generale José de San Martín) aveva difeso l’Argentina del dittatore Rosas dinanzi all’aggressione franco-inglese, dimostrando al mondo intero che il concetto di Patria da difendere veniva prima rispetto al giudizio e alla condanna del potere politico in carica. In ogni caso, al di là di questo atteggiamento dovuto al profondo legame con la propria Patria, e, quindi, al di là di chi la governava (ma questa è una caratteristica che solo gli argentini possono comprendere), la sua musica, il “Nuevo Tango”, ha varcato i confini del Rio de la Plata e delle Ande, ottenendo consensi sia in Europa che in America del Nord, da sempre palestre per i variegati generi musicali. Sempre i suoi biografi ci ricordano il fatto che Astor Piazzolla pare abbia scritto circa 3.000 brani, anche se ne è riuscito a registrare solo 500, anche questo un vero e proprio record. La sua celebrità non ha pari in Italia, terra che ha sempre amato il tango, tanto che già nel 1993, un anno dopo la scomparsa, il maestro Hugo Aisemberg, noto musicista e arrangiatore argentino, unitamente all’Associazione Musicale di Pesaro fondarono il “Centro Astor Piazzolla”, con sede a Ferrara e con presidenza onoraria di Donna Laura Escalada de Piazzolla, con la finalità di promuovere la diffusione del tango, della cultura argentina e rioplatense, con la raccolta in un archivio di documentazione (libri, video, dischi, fotografie) e spartiti, l’organizzazione di concerti, seminari e corsi di perfezionamento. Sedici anni dopo la morte di Astor anche l’Argentina volle onorarlo come meritava. Nel 2008, infatti, l’allora Presidente della Repubblica Argentina, Cristina Fernández de Kirchner inaugurò solennemente a suo nome l’aeroporto internazionale di Mar del Plata, città di nascita del grande artista. L’11 agosto del 2013 è stata, poi, inaugurata una piazzetta nel centro di Massa Sassorosso (Lucca) intitolata “Largo Astor Piazzolla”, peraltro a poca distanza dalle abitazioni nelle quali vissero i nonni materni di Astor e davanti alla chiesa dove si sposarono. Concludiamo il presente saggio con una considerazione. La musica di Astor Piazzolla, da gran parte dei suoi fans ritenuta vibrante, al punto tale da essere attraversata da tensioni, che per quanto sotterranee, sono sempre pronte per esplodere in fremiti di passionalità, per poi mitizzarsi in melodie di grande cantabilità, ha saputo consegnare ai posteri la vera anima della musica e dello stesso  popolo argentino. Al di là e al di fuori degli schemi della critica e del giudizio dei suoi detrattori, possiamo serenamente affermare che è stato proprio grazie ad Astor Piazzolla se il tango sia entrato definitivamente nei teatri, negli stati e nei luoghi ove si organizzano concerti. Non solo, ma per assurdo, è stata proprio la sua musica, scritta per essere suonata, ma non ballata come sosteneva lo stesso Astor, che ha riportato in auge il tango anche nelle scuole di danza e nelle sale da ballo, ma soprattutto – lui, Astor Piazzolla, ne sarebbe stato felice – anche nei programmi delle grandi orchestre del mondo intero, ivi comprese quelle militari, nei cui repertori da concerti pubblici troviamo gran parte delle sue più celebri composizioni. Trent’anni fa moriva, dunque, un vero gigante della musica del Novecento, un uomo che col suo bandoneon ha sicuramente fatto innamorare i tanti che non conoscevano ancora quella filosofia di vita chiamata “tango”. Lo ricorderemo sempre, ascoltando i suoi brani, fieri di vivere in quel “Bel Paese” dal quale partirono i suoi nonni, senza sapere di essere gli iniziatori di una nuova, elettrizzante avventura, un motivo

Col. (A) Gerardo Severino
Storico Militare

[1] Si differenzia dal tango tradizionale perché incorpora elementi presi dalla musica Jazz, facendo uso di dissonanze e altri elementi musicali innovativi. Lo stesso Piazzolla aveva introdotto, a partire dal “Conjunto Electronico”, l’uso di strumenti che non venivano utilizzati nel tango tradizionale, come l’organo Hammond, il flauto, la chitarra elettrica, il basso elettrico, la batteria e le percussioni e persino la marimba.

[2] Secondo alcuni biografi, il nome di Astor deriverebbe da un amico e cliente del padre, Astor Bolognini, un  violinista di successo in America del Nord, originario di Parma.

[3] Il Bandoneon è un tipo di fisarmonica inventato dal musicista tedesco Heinrich Band (1821-1860), da cui deriva il nome. Può essere diatonico o cromatico ed è uno strumento fondamentale nelle orchestre di tango.

[4] In verità, con tale proibizione, Vicente avrebbe salvato la vita ad Astor, soprattutto se teniamo presente la triste circostanza della prematura morte di Carlos Gardel e di altri suoi amici musicisti, avvenuta a causa di un incidente aereo presso l’aeroporto di Medellin (Colombia) il 24 giugno dello stesso ’35, al rientro dal tour di cui sopra.

[5] I suoi biografi ci ricordano che nel maggio del 1974,  grazie a una intuizione del suo manager e produttore storico, Aldo Pagani, Astor si recò a Milano, ove ebbe modo di lavorare all’album “Libertango”, accompagnato da un’orchestra, formata da musicisti italiani e che comprendeva due tra i più apprezzati esecutori del momento, gli stessi che l’avrebbero in seguito accompagnato in altre significative avventure musicali: Pino Presti al basso elettrico e Tullio De Piscopo alla batteria.

 

[6] Cfr. Astor Piazzolla sostenne la dittatura argentina, in <<Il Piccolo>>, 25 agosto 2005.