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16 gennaio 1968. Marinai nella Valle del Belice

marinaiMarinai nella Valle del Belice per cielo, per mare e per terra accanto alla gente colpita dal terremoto avvenuto ella notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968. Il sisma, di magnitudo 6.1, rase al suolo interi paesi: Gibellina, Poggioreale, Salaparuta, in provincia di Trapani, e Montevago in provincia di Agrigento, mentre in paesi come Santa Margherita di Belice, Santa Ninfa, Partanna e Salemi si registrò la distruzione o il grave danneggiamento dell’80 per cento degli edifici. Così come nel 1908 per il terremoto di Messina e Regio Calabria la Marina prestò soccorso con navi, mezzi terrestri e marinai in supporto  agli uomini e ai mezzi dei Vigili del Fuoco e dei volontari della Croce Rossa Italiana. La popolazione assistette all’arrivo dei marinai nell’entroterra siciliano pronti a sgombrare macerie, impiantare tendopoli, ripristinare la viabilità, riattivare i collegamenti e andare alla ricerca dei superstiti rimasti intrappolati dentro le case crollate. Furono giorni di spola continua tra le varie basi navali e le zone colpite dall’evento tellurico. Le navi Stromboli, Urania, Vesuvio, Bergamini, Aquila, Altair ed Etna trasportarono viveri, materiale di disinfezione, vestiario, reparti e automezzi dell’esercito mentre gli elicotteri medicinali, plasma, personale e beni di prima necessità. Le unità della 61ma Squadriglia Dragamine, cioè Sgombro, Squalo e Storione, aprirono le imbarcazioni a quanti avevano bisogno. A bordo di nave Squalo vennero ospitati un centinaio di persone tra cui trenta bambini mentre l’equipaggio di nave Storione accolse alcune gestanti fornendo assistenza continua.

medici
Nave Sgombro diede alloggio ai terremotati di Santa Ninfa e Gibellina che per paura non avevano voluto rifugiarsi presso le Scuole locali. A terra ufficiali, sottufficiali, marinai e dipendenti civili della Marina diedero vita a due colonne di aiuti muniti di autoradio, pulmini, autobotti, jeep modello “Campagnola” e autocarri che furono messe a disposizione del Comando Militare Territoriale per il trasporto di tutto ciò che serviva. “Fu un intervento molto complicato, per l’entità del sisma e la dislocazione geografica della zona colpita, a cui la Marina partecipò in maniera incisiva e determinante, contribuendo a supportare la popolazione non solo materialmente, ma anche e soprattutto dal punto di vista umano e della solidarietà. Fu da subito messo in atto un efficace dispositivo aeronavale con uomini e mezzi operanti in mare, in cielo e a terra in particolare nel comune di Santa Ninfa – spiega il comandante Leonardo Merlini, capo ufficio storico della Marina militare -. Nella cittadina trapanese, quasi completamente rasa al suolo venne allestita una tendopoli, denominata Maritenda e un ospedale da campo. La riconoscenza della popolazione è documentata da una lettera di don Antonio Riboldi al Capo di Stato Maggiore della Marina Alessandro Michelagnoli nella quale vengono sottolineate le doti di amorosa assistenza, che alle volte rasentavano l’eroismo di tutti i Marinai intervenuti. Il terremoto del Belice dimostrò ancora una volta l’efficacia, la prontezza operativa e la polivalenza funzionale della Marina Militare”. A Santa Ninfa furono accolte circa 540 persone. L’attrezzatura per allestire il centro di soccorso venne trasportata dalla base navale di Taranto con un ponte aereo attraverso la collaborazione con l’Aeronautica Militare. La tendopoli venne realizzata con strutture isolate dal terreno da piattaforme di legno impermeabilizzato era dotata da una cucina da campo, da una stazione radio e da una pista per l’atterraggio di elicotteri che trasportarono viveri e materiale di prima necessità facendo la spola tra l’aeroporto di Trapani-Birgi e il Centro di Santa Ninfa. “Da parte mia come parroco, e quindi come anima di tutta la popolazione dico semplicemente grazie di tutto cuore! – scrive don Riboldi -. Un grazie che è grande come può essere grande il cuore di tutti noi Santaninfesi che sentiamo ora di amare la Marina Militare con un amore che nessuna medaglia può eguagliare con un amore che testimonia come quanto è militare può essere non morte, ma una grande speranza di vita”. La gente rimase molto colpita dalle doti umanitarie dei marinai che negli anni seguenti non hanno mancato di assicurare la loro presenza anche in altri tragedie analoghe a partire dall’alluvione del Polesine nel 1951 passando per Venezia, Rovigo e Firenze nel 1966, per i terremoti del Friuli nel 1976, dell’Irpinia e Basilicata nel 1980, per l’alluvione del delta del Po nel 1994, per un terremoto in Turchia nel 1999, per il soccorso umanitario alla popolazione di Haiti nel 2010 e per i terremoti del Molise nel 2002, dell’Abruzzo nel 2009 e del centro Italia nel 2016 e 2017. “Sono cambiati i mezzi e le competenze tecniche degli equipaggi –  sottolinea l’attuale Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, Ammiraglio di Squadra Valter Girardelli nella prefazione al calendario storico 2018 – ma è rimasto immutato in senso del dovere e l’abilità specialistica che il nostro personale esprime nel proprio diuturno e onorevole servizio a protezione, sostegno e fondamento dello sviluppo pacifico e del benessere della nazione e dei suoi cittadini”.

Foto d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare

Vincenzo Grienti