Giorni di Storia

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11 settembre 1973. Colpo di Stato in Cile

L’11 settembre di cinquant’anni orsono, a Santiago del Cile le Forze Armate e i Carabineros diedero vita all’ennesimo golpe. Nel destituire il legittimo Presidente, Salvador Allende (1908-1973), i militari misero in piedi una delle più sanguinarie dittature militari mai registrate prima in America Latina. Al comando della Giunta, che di lì a poco si sarebbe macchiata di orrendi crimini, assurse il Generale Augusto Pinochet (1915 – 2006), il quale avrebbe retto il Paese per ben 17 anni. La tragedia Cilena non sarebbe stata la prima, nell’America Latina del secondo dopoguerra, in quanto fu seguita, tre anni dopo, dal golpe in Argentina, ma anche dai tanti altri “sovvertimenti” che avrebbero interessato altrettanti Paesi del Continente Americano, colpevoli tutti di aver eletto, sebbene democraticamente, Governi d’ispirazione Marxista o comunque di sinistra. È per questo che il titolo dell’articolo ha voluto richiamare il Condor, il rapace che diede il titolo alla nota “Operazione”, con la quale – anche se pare che ciò sia avvenuto dopo il 1974 – gli apparati di Intelligence, CIA in testa, si organizzarono, onde debellare per sempre il Comunismo nei vari Stati del Centro-Sud America. Che gli Stati Uniti fossero letteralmente ossessionati da tale “pericolo” non è certo un segreto, come del resto ci ha confermato il recentissimo film dedicato allo scienziato Robert Oppenheimer, il padre della bomba atomica, vittima egli stesso di complotti e vendette personali, in quanto sospettato di essere un simpatizzante comunista.

Il contesto storico

Il “Pronunciamiento” (come tradizionalmente viene definito un “colpo di Stato” nei Paesi Latino-Americani) dell’11 settembre 1973 si verificò a meno di tre anni dall’elezione democratica di Salvador Allende, il candidato del partito “Unidad Popular”, alla Presidenza della Repubblica del Cile. Lo avrebbero appoggiato una coalizione di partiti, formata da Socialisti, Comunisti, Radicali e Cattolici di sinistra. Salvador Allende, primo Capo di Stato in Cile di credo Marxista, varò immediatamente un serio programma di riforme, volte ovviamente a trasformare il Paese in un vero Stato democratico. Con Leggi molto coraggiose fece approvare dal Parlamento sia la riforma agraria che quella sanitaria, verso le quali guardavano con attenzione soprattutto le masse popolari. Non solo, ma nel tentativo di risanare i bilanci Statali, egli decise di nazionalizzare le grandi industrie, soprattutto quelle operanti nei settori minerario e siderurgico (il Cile, lo ricordiamo, è uno dei principali Paesi ove si estrae il rame, ovvero altri preziosi minerali), così come procedette alla nazionalizzazione delle Banche, delle Agenzie assicurative, delle Aziende che operavano nel settore dell’energia elettrica, nei trasporti ferroviari, aerei e marittimi, nelle comunicazioni in generale, e così via. Il Cile, poi, sarebbe stato anche uno dei primi Paesi che disciplinò il divorzio. Questa e le altre radicali riforme causarono al Governo Allende aspre critiche, soprattutto da parte del mondo cattolico, cui si associarono le inevitabili frizioni con il variegato mondo dell’Industria e dell’Alta Finanza, che da anni, in Cile, era dominato prevalentemente da Società straniere (soprattutto Inglesi e Americane), le stesse che sfruttavano l’economia e soprattutto le risorse del grande Paese Sudamericano. Ne nacque, purtroppo, un acceso scontro sociale, caratterizzato anche da una notevole asprezza dei toni politici, peraltro incoraggiato anche dalla forte crisi economica di quei primi anni ’70. Questa, infatti, aveva comportato un’iperinflazione al 350%, il crollo delle esportazioni, un imponente calo del prodotto interno lordo, ma soprattutto una perdita di credibilità internazionale. Non è, quindi, esagerato affermare come la Presidenza Allende risultò invisa anche agli Stati Uniti d’America, oltre che dalla borghesia cattolica e, soprattutto, alla grande imprenditoria, sia Cilena che internazionale. Si pensi che, già un anno prima del golpe, il Paese era stato interessato da un’ondata di scioperi, la quale avrebbe coinvolto varie categorie lavorative, soprattutto quella dei camionisti. Un primo segnale si ebbe, quindi, in occasione delle elezioni politiche nazionali, tenutesi agli inizi dello stesso 1973. L’esito fu ben chiaro, in quanto con l’avanzamento dei partiti di Centrodestra ebbe luogo una sorta di “stallo” tra il Parlamento e la Presidenza della Repubblica. Ne scaturì, di conseguenza, una situazione imbarazzante e, per certi versi, inverosimile. Già in quel frangente, purtroppo, gli stessi partiti di Centrodestra, nel richiamare l’attenzione sia sull’insanabile crisi politica, che sulla grave situazione economico-sociale, invocarono l’intervento delle Forze Armate, giustificandolo col pretesto di ripristinare l’ordine pubblico e il rispetto della Costituzione. I militari, come è facile intuire, non si fecero certo pregare…

Il bombardamento del Palazzo presidenziale

11 settembre 1973, una data da ricordare

Il golpe “eseguito” dalle tre Forze Armate, appoggiate dai Carabineros de Chile (l’equivalente nella nostra Arma dei Carabinieri), ebbe, dunque, luogo la mattina dell’11 settembre 1973. In realtà, il tutto ebbe inizio verso le sei, ma a molti chilometri di distanza da Santiago, esattamente a Valparaíso, la più importante città costiera del Cile, allorquando la Marina Militare occupò i punti nevralgici della città, procedendo all’immediato arresto di dirigenti politici e sindacali di sinistra. A Santiago, invece, il golpe prese avvio alle 7.30, con lo schieramento dell’Esercito per le vie della città, con tanto di carri armati,  autoblindo e soldati in assetto di guerra. Il Presidente Allende, appresa la ferale  notizia, si barricò all’interno dello storico Palazzo Presidenziale (“La Moneda”), seguito da alcuni fedelissimi. La storia di quel tristissimo giorno per la Democrazia, ci ricorda quanto fu coraggioso il comportamento del Presidente Cileno, il quale per Radio cercò disperatamente di convincere i democratici ad una Resistenza ad oltranza. Salvador Allende, sperando sino in fondo in una riscossa da parte del popolo, si rifiutò sdegnosamente di arrendersi senza condizioni. Al suo coraggio fece seguito, verso le ore 12, un bombardamento aereo contro lo stesso Palazzo Presidenziale, il quale fu colpito e danneggiato in vari punti. A quel punto, i militari offrirono al Presidente addirittura un aereo per andarsene all’estero, ma lui, da vero Patriota, rifiutò anche tale possibilità. Fu allora che alcuni commandos dell’Esercito penetrarono all’interno de “La Moneda”, facilitati dalla debole resistenza dei pochi difensori. Salvador Allende non capitolò affatto, volendo rimanere fedele al giuramento prestato, servendo, quindi, fino alla fine il Paese e, soprattutto, la Democrazia. Per non cadere nelle mani dei golpisti, il grande uomo politico Cileno preferì suicidarsi, sparandosi sotto il mento con un mitragliatore AK-47, un cimelio che, secondo alcuni storici, gli era stato regalato tempo prima dall’amico, Fidel Castro.

Il Presidente Salvador Allende durante le ore di resistenza a La Moneda

La sciagurata dittatura di Augusto Pinochet (1973 – 1990)

Con la morte del grande Statista cileno, il potere fu assunto da una Giunta militare, composta dai vertici delle Forze Armate e dei Carabineros de Chile, nell’ordine: Generale Augusto Pinochet, per l’Esercito, Generale Gustavo Leigh Guzmán, per l’Aeronautica Militare, Ammiraglio José Toribio Merino Castro, per la Marina Militare e Generale César Mendoza Durán, per i Carabineros. In realtà, di lì a poco tempo, la Giunta avrebbe ceduto il potere ad un solo uomo: il Generale Augusto Pinochet, nominato Presidente del Cile. Sappiamo tutti cosa accadde dopo. Tra i primi provvedimenti assunti dalla Giunta e da Pinochet si registrò innanzitutto la sospensione delle varie forme di libertà, con lo scioglimento del Parlamento, dei Partiti  e dei Sindacati, seguiti dall’immediata repressione di ogni forma di dissenso e, soprattutto, dal varo di una assurda stagione di crimini contro l’umanità. La Presidenza Pinochet  avrebbe, infatti, colpito sia i sostenitori del Presidente Allende che i militanti e simpatizzanti dei partiti di sinistra. Chi non ricorda le scene dello stadio di calcio di Santiago, trasformato in un vero e proprio campo di concentramento? La dittatura militare in Cile, durante i suoi 17 lunghissimi anni, si macchiò di crimini indicibili, procedendo all’arresto, alla tortura e all’assassinio di migliaia e migliaia di persone – tra loro anche molti oriundi italiani – moltissime delle quali scomparse nel nulla, volendoci riferire al fenomeno dei “Desaparecidos”.

Epilogo

Augusto Pinochet rimase saldamente al potere sino al 1990. Un anno prima, erano state indette le prime elezioni democratiche, dopo il golpe del 1973. Queste furono vinte dal democratico Patricio Aylwin. All’ex dittatore, tuttavia, fu consentito di mantenere, per altri otto anni, la carica di Comandante supremo delle Forze Armate, grazie alla quale l’ex dittatore scampò a eventuali processi. Nominato successivamente Senatore a vita, Pinochet fu fermato a Londra di lì a poco, rimanendo agli arresti domiciliari fino al 2000, anno in cui gli fu concesso di tornare in Cile. Qui si sarebbe spento il 10 dicembre del 2006, senza un briciolo di pentimento e di rimorso. Il golpe e la conseguente dittatura militare non furono evidentemente scelte maturate dai soli vertici militari e dai partiti di destra Cileni. È notorio il fatto che gli Americani, se non prima o durante il golpe, avrebbero appoggiato apertamente la Giunta militare, a quel punto servita come un vero e proprio monito nei riguardi dei Movimenti politici di sinistra, soprattutto nell’area del Centro-Sud America: un immenso territorio che ancora oggi – nonostante il progresso e la globalizzazione – è chiamato a fare i conti con lo spettro del passato, laddove la maggior parte degli Stati che la compongono ebbero a che fare con frequenti stravolgimenti istituzionali, passando ciclicamente da Governi democratici a dittature militari. C’è da chiedersi, a questo punto, se la famosa “Operazione Condor” si sia mai stata effettivamente conclusa…

Col. (a) Gerardo Severino
Storico Militare