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La guerra dei convogli e gli accordi interealleati di Parigi

La prima guerra mondiale fu un evento disastroso, una calamità che falcidiò un’intera generazione a livello globale e che modificò le sorti e gli indirizzi di ogni nazione nel primo quarto del ventesimo secolo.

Fu una guerra di posizione, di trincea giocata sulla snervante attesa di una possibile azione, di una possibile avanzata seppur minima,che tutte le nazioni in campo pagarono a caro prezzo in termini di sacrificio umano.

La maggior parte dei racconti, delle ricostruzioni e delle ricerche sono avvenute nei riguardi della guerra terrestre, e non poteva essere altrimenti, ma un grosso contributo in termini di uomini e mezzi venne fornito dalle Marine delle rispettive alleanze.

Dal 24 maggio 1915 al termine della guerra l’Italia riversò il grosso delle proprie truppe sui fronti del Piave e dell’Isonzo, dove di fatto ingaggiò un lungo ed estenuante conflitto con il nemico. Questo enorme dispiegamento di uomini e mezzi ai confini nord orientali italiani non avrebbe avuto esito alcuno se l’allora Regia Marina non avesse fornito un enorme supporto dal mare, dal cielo e anche a terra.

La genesi stessa del conflitto avrebbe portato una radicale trasformazione della geografia delle nazioni e delle potenze ed è per questo che le Marine sarebbero state chiamate ad assolvere un ruolo politico importantissimo anche dopo il conflitto. Di tutto ciò se ne rese conto benissimo il Grande Ammiraglio Paolo Thaon di Revel che stilò quella strategia del rischio equivalente, tesa a ottimizzare i risultati, mantenendo intatta la flotta da battaglia. I successi di Premuda, dell’affondamento della nave da battaglia Szent Istvàn, quello della corazzata Viribus Unitis sono la logica conseguenza della strategia offensiva modulata dal naviglio sottile e silurante, tanto cara a Thaon di Revel che si riassume in[1]:

  • Strategia della vigilanza (per rintuzzare le offese nemiche con ampio impiego del naviglio leggero e sottile);
  • Strategia della battaglia in porto (per sfidare direttamente nelle proprie basi la flotta austriaca attestatasi sulla difensiva);
  • Massivo impiego dei nuovi sistemi d’arma quali aviazione navale, sommergibili, mine, torpedini, ecc.;
  • Difesa costiera e delle basi navali (treni armati, pontoni armati, ostruzioni, minamento, ecc.);

ma soprattutto

  • Protezione del traffico marittimo nazionale e interdizione di quello nemico.

La vera vittoria sul mare l’Italia e i suoi alleati la ebbero quando riuscirono a contenere la minaccia sottomarina nemica, che aveva messo in crisi il sistema di rifornimento e produttivo bellico dell’Intesa.

L’epoca dell’entrata in guerra dell’Italia coincise, presso a poco, con il periodo dell’entrata in servizio nella Marina tedesca dei sommergibili a grande raggio di azione.

L’Italia non poteva rinunziare ai suoi rifornimenti per via marittima, che avevano allora, come oggi, importanza vitale per la vita della Nazione e di conseguenza per la condotta della guerra.

Questi rifornimenti si effettuavano principalmente attraverso linee di traffico bene stabilite, che, partendo da Gibilterra e da Port Said, affluivano ai porti attrezzati della Penisola.

La Germania intuì subito come i traffici mercantili rappresentassero un punto di debolezza dell’Intesa e di conseguenza estese la sua azione offensiva proprio contro il traffico mercantile in genere.

Questa intensificata attività fruttò nel maggio 1915 il siluramento e affondamento presso i Dardanelli delle corazzate Goliath, Triumph e Majestic. Siluramenti che costituirono una vera sorpresa e che indussero soprattutto la Marina britannica a prendere opportune precauzioni nel Mediterraneo.

Questi successi rafforzarono il convincimento tedesco che le possibilità dell’arma subacquea fossero immense e che il suo proficuo impiego fosse appunto la condotta della guerra al commercio. Di conseguenza, nel settembre 1915 nuove unità sommergibili entrarono in Mediterraneo e cominciarono la distruzione sistematica delle navi da commercio. Cattaro divenne una base importante di sommergibili tedeschi e il punto di inizio di crociere di lunga durata.

Per contrastare questa nuova attività, la sola sorveglianza delle rotte si rivelò subito insufficiente a proteggere le navi mercantili. Si riscontrò, pertanto, la necessità che le navi adibite al commercio fossero armate, provviste di apparati radio sia per chiamare soccorso, sia per concorrere a costituire una vasta rete informativa che avrebbe permesso di monitorare i movimenti dei sommergibili nemici.

Dal 26 novembre al 4 dicembre 1915 si riunirono pertanto a Parigi i delegati delle tre grandi Marine alleate, allo scopo di stabilire le basi di un accordo da sottomettere all’approvazione dei rispettivi Ammiragliati, circa: le misure da prendere per la comune difesa contro i sommergibili austro tedeschi nel Mediterraneo; l’assegnazione a ciascuna Marina delle zone di sorveglianza; l’organizzazione di un servizio d’informazioni per le navi in mare a mezzo della radiotelegrafia e di semafori.

Le riunioni furono presiedute dal Vice Ammiraglio francese Ronarch, dal capitano di vascello inglese Grant e dal capitano di vascello italiano Grassi.

Gli accordi che ricevettero subito applicazione furono diversi.

Innanzitutto venne definita la suddivisione del Mediterraneo in diciotto zone di competenza[2]:

La Marina incaricata doveva esercitare nelle proprie zone di giurisdizione la più efficace sorveglianza contro i sommergibili attraverso il pattugliamento condotto da navi armate e da cacciatorpediniere. Venne inoltre riconosciuta la necessità di armare tutti i piroscafi almeno di un cannone, servito da personale militare.

Fu stabilito di ridurre al minimo possibile le missioni per trasporto di truppe e materiali da guerra, caricando al massimo ogni piroscafo, e facendo navigare i piroscafi stessi in gruppi di due o tre.

Venne determinato lo schema del servizio interalleato di comunicazioni radiotelegrafiche per segnalare gli avvistamenti e gli attacchi di sommergibili, servizio che si rivelò importantissimo e vitale per la protezione del traffico. Venne contestualmente convenuto un codice di comunicazione con le relative modalità di coordinamento.

Dagli accordi di Parigi, nacque cosi la prima forma di convogliamento, che rappresentò uno dei punti di forza che condussero alla vittoria finale.

La guerra che da rapida e di movimento si era trasformata velocemente in guerra di trincea e di logoramento trovò la sua essenza non più sul mero coraggio, ma nella capacità delle nazioni di garantire i rifornimenti e le linee di comunicazione navali. Come scrisse Ferruccio Botti in un bel saggio sul Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare: «Nel campo strategico e logistico, la prima guerra mondiale ha segnato una svolta … Essa è stata, fondamentalmente, una guerra di logoramento e di materiali … Da ambedue le parti e sia in terra sia in mare, si finisce ben presto con il rinunciare al mito della guerra breve e al suo corollario, la grande battaglia decisiva. Si cerca, invece, di affamare o bombardare dall’alto le popolazioni … e di aver ragione dello avversario soprattutto mettendo in campo più uomini, cannoni, navi e mercantili; in tal modo, la strategia abdica al suo ruolo e si trasforma in computisteria. Tutto ciò fa assumere un grande ruolo, che mai aveva avuto prima, ai rifornimenti via mare e quindi al dominio del mare»[1].

In questo quadro generale la Regia Marina riuscì a proteggere il trasporto di oltre 51 milioni di tonnellate di rifornimenti in più di quaranta mesi di guerra, cosa che assume una considerevole importanza se si tiene conto delle pesantissime perdite registrate dal comparto mercantile[2]. Riuscì a isolare la flotta mercantile nemica costringendone oltre 500.000 tonnellate alla totale immobilità, come riuscì a impedire che i rifornimenti giungessero via mare con regolarità all’ala sinistra dello schieramento avversario sull’Isonzo. Indubbiamente il buon risultato nella guerra sottomarina lo si ebbe non solo nello sviluppo delle nuove tecnologie come idrofoni, torpedini di profondità, apparati radiotelegrafici ecc., ma anche nell’uso, o per meglio dire il ritorno alla navigazione in conserva, da sempre patrocinata dalla Regia Marina, mediante l’istituto del convogliamento marittimo.

C.V. Leonardo Merlini
Direttore del Museo Tecnico Navale di La Spezia

 

[1] Ferrante E., La Grande Guerra in Adriatico, Roma, Ufficio Storico Marina Militare, 1987.

[2] Zona 1 (inglese): Stretto di Gibilterra, fino alla linea Orano-Capo Palos;

Zona 2 (francese): Mediterraneo occidentale, limitato all’ovest della linea Orano-Capo Palos, all’est dalle linee Ventimiglia-Capo Corso, coste ovest di Corsica e Sardegna, meridiano Capo Spartivento;

Zona 3 (italiana): Mare Tirreno, limiti: Ventimiglia, Capo Corso, costa est di Corsica, Bocche di Bonifacio, Sardegna, linea Capo Spartivento-Trapani;

Zona 4 (francese): Coste di Tunisia, dalla frontiera di Algeria alla frontiera di Tripolitania: zona limitata dalla spezzata Tabarca – Spartivento – Marittimo – Pantelleria Lampedusa-Zarzis;

Zona 5 (inglese): Malta-Coste sud della Sicilia, limiti: Capo Passero, Banco di Medina, Lampedusa, Pantelleria, Marittimo, Trapani;

Zona 6 (italiana): Est Sicilia-Otranto, coste dal Capo Passero ad Otranto. Zona limitata dalle linee Otranto-Linguetta e Passaro Kephali (passando a nord di Merlera);

Zona 7 (italiana): Mare Adriatico, al nord della linea Otranto-Linguetta; Zona 8 (francese): Isole Jonie, dalle isole al nord di Corfù a Sapienza;

Zona 9 (francese): Matapan, Sapienza, Kalamata, Kolokythia, Canali di Cervi e di Cerigo. Mar Egeo tra il parallelo di Cerigotto, limite sud della zona 13 e il meridiano di Milo (punto w);

Zona 10 (francese): Creta, coste dell’Isola, isole adiacenti, Canale di Cerigotto-Kamila, Kamila-Caxo;

Zona 11 (francese): Zona compresa tra il parallelo di Cerigotto ed il limite sud della zona 13, i meridiani W di Milo ed W di Stampalia;

Zona 12 (francese): Dodecanneso-Asia Minore, zona compresa fra il meridiano nord di Stampalia, la costa d’Asia Minore, il limite sud della zona 13 e la linea Kamila-Caxo-C. Chelidonia;

Zona 13 (inglese): Dardanelli, zona a nord della linea Samos, Nicaria, Mykoni, Tinos, Andros, Eubea;

Zona 14 (francese): Caramania, dal C. Chelidonia a Mersina coste W e nord di Cipro;

Zona 15 (francese): Syria (parte nord), da Mersina a W di Kaifa; coste est e sud di Cipro;

Zona 16 (francese): Syria (parte sud), da Kaifa a Port Said;

Zona 17 (inglese): Egitto, da Port Said a Solum;

Zona 18 (italiana): Tripolitania, dalla frontiera di Egitto alla frontiera di Tunisia.

[3] Botti F., La Strategia marittima negli anni venti,  Bollettino dell’Archivio dell’Ufficio Storico Marina Militare, settembre 1988.

[4] Ferrante E., La Grande Guerra in Adriatico, Roma, Ufficio Storico Marina Militare, 1987.