Giorni di Storia

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14 marzo 1972. Muore Feltrinelli. Pubblicò “Il Dottor Živago” e “Il Gattopardo” 

Una vita, una storia di impegno politico ed editoriale, quella di Gian Giacomo Feltrinelli. Nato a Milano il 19 giugno 1926, da Carlo, industriale del legname, e da Giannalisa Gianzana. Una biografia tracciata da Francesco M. Biscione (Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 46, 1996) e tutta da approfondire nel sito della Casa Editrice in uno speciale da leggere e ascoltare. 

Sul terreno editoriale Feltrinelli promosse la cooperativa “Libro popolare”, esperienza militante, “dopo di che nel 1955 diede vita alla G. Feltrinelli editore, la cui attività fu presto sostenuta da una rete di centri di distribuzione, le librerie Feltrinelli: Milano, Pisa, Firenze, Bologna, Roma – si legge nel sito della Treccani – La casa editrice che iniziò le pubblicazioni con Il flagello della svastica di E.Fr.L. Russell e l’Autobiografia di J. Nehru, si impose rapidamente per la vivacità del catalogo e l’accessibilità dei prezzi. Seppur connotata come casa editrice genericamente di sinistra, non perseguì una linea editoriale minoritaria o estremista e si giovò, sia per la parte letteraria che saggistica del catalogo, di una vasta apertura a una serie di temi e problemi proposti laicamente, senza l’aplomb né l’ossequio all’ortodossia che caratterizzavano altri editori di sinistra, talora in diretta sintonia con il pubblico”. E’  il caso dei grandi successi del Dottor Živago di Boris Pasternak, edito nel 1957 in prima edizione mondiale a dispetto delle pressioni censorie sovietiche, e del Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, pubblicato nel 1958 dopo esser stato rifiutato da più editori.

Particolare, infatti, il caso del Dottor Živàgo. Il 15 novembre 1957  usciva in Italia, pubblicato da Feltrinelli in anteprima mondiale, Il dottor Živago  il romanzo di Boris Leonidovič Pasternak che narra la vita avventurosa di un medico e poeta, Jùrij Andrèevič Živàgo, diviso dall’amore per due donne e coinvolto nella rivoluzione russa dell’ottobre 1917.

In Usa venne pubblicato il 6 settembre 1958. Il libro si diffonderà in occidente e nel giro di pochissimo tempo, tradotto in più lingue, diventerà il simbolo della testimonianza della realtà sovietica.

Il romanzo, a lungo osteggiato dal regime sovietico, l’anno successivo, nel 1958, fu divulgato clandestinamente al di là della “Cortina di Ferro” nella lingua russa. Pasternak, membro non allineato dell’intellighenzia, ha vissuto in una comunità di scrittori a Peredelkino, vicino Mosca. Schivo e lontano dalle simpatie delle autorità sovietiche anche quando venne insignito del Premio Nobel per la letteratura, nel 1958, non lo ritirò per via del fatto che il suo ritorno in patria gli sarebbe stato precluso. Morì due anni dopo nel 1960.

Pasternak nel novembre 1957 “fu espulso dall’Unione degli Scrittori e subì una violenta campagna denigratoria, rischiò di essere privato della cittadinanza sovietica e di essere quindi espulso dal suo paese – si legge nel sito della Feltrinelli che ripercorre la vita dello scrittore e poeta e descrive le vicissitudini che portarono alla pubblicazione del romanzo -: parallelamente si sviluppò l’odissea del testo russo del suo romanzo, che dopo una prima edizione pirata in Olanda, fu pubblicato da Feltrinelli, quindi rivisto e migliorato nel 1978, mentre il testo definitivo apparve sul Novyj Mir nel 1988 e, in volume, nel 1991. Anche la traduzione italiana, nel frattempo, era passata attraverso complesse vicissitudini e revisioni, operate da Maria Olsufieva, Mario Socrate e da Zveteremich stesso”.

Solo qualche anno fa, invece, sono stati desecretati più di cento documenti che descrivono il ruolo della CIA nella pubblicazione del romanzo. Siamo in piena “Guerra fredda” con il mondo diviso in due blocchi contrapposti, da un lato l’Urss e i Paesi comunisti, dall’altro gli Usa e i Paesi aderenti al Patto Atlantico. Il progetto “Zhivago” è stato uno dei numerosi programmi di pubblicazione segreta sostenuti dalla CIA che hanno coinvolto la distribuzione di libri, periodici, opuscoli e altri materiali proibiti agli intellettuali dell’Unione Sovietica e dell’Europa orientale (nella foto uno dei documenti della CIA declassificati datato 24 aprile 1958). Un progetto che sottolinea il coinvolgimento dell’agenzia governativa statunitense nella stampa del Dottor Zivago. 

La popolarità del libro ha aumentato l’attenzione dei media per quanto accadeva nell’Unione Sovietica e nel blocco orientale a livello mondiale contribuendo anche all’invio di numerosi appelli al leader sovietico Nikita Kruscev.

Un duro colpo per quanti insistevano che i sovietici nel 1958 godessero di libertà interna. Una dimostrazione concreta di come il “soft power” può incidere nella cultura e nella politica di un Paese e su come può influenzare eventi e guidare la politica estera.

In Italia gli ideali di vita di Yuri Zivago, rivolti alla poesia e al servizio dell’umanità, vengono fatti conoscere al grande pubblico grazie al film del 1965 prodotto daCarlo Ponti per la regia di David Lean e alla magistrale interpretazione di Omar Sharif nei panni proprio di Zivago. Nel cast anche Julie Christie, Geraldine Chaplin, Rod Steiger e Alec Guinness (leggi la recensione del Cinematografo.it)

La pellicola vince 5 Premi Oscar nel 1965 come miglior sceneggiatura non originale, miglior fotografia, miglior scenografia, miglior colonna sonora, migliori costumi; 5 Golden Globe nel 1966; 3 David di Donatello nel 1967: miglior regista straniero (David Lean), migliore attrice straniera (Julie Christie), migliore produzione straniera (Carlo Ponti); il film è stato campione d’incassi negli Stati Uniti nel 1966.

Il romanzo fu pubblicato legalmente in Russia solo nel 1988, nel periodo di riforma dell’Unione Sovietica promosso da Gorbačëv, e sarà nel 1989 che il figlio dell’autore Evgenij si recherà in Svezia per ritirare il premio spettante al padre 31 anni prima.

Il 1959 è anche l’anno in cui il libro “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa vince il Premio Strega, altro romanzo pubblicato da Feltrinelli. Siamo in Sicilia, all’epoca del tramonto borbonico: è di scena una famiglia della più alta aristocrazia isolana, colta nel momento rivelatore del trapasso di regime, mentre già incalzano i tempi nuovi (dall’anno dell’impresa dei Mille di Garibaldi la storia si prolunga fino ai primordi del Novecento). Accentrato quasi interamente intorno a un solo personaggio, il principe Fabrizio Salina, il romanzo, lirico e critico insieme, ben poco concede all’intreccio e al romanzesco tanto cari alla narrativa dell’Ottocento. L’immagine della Sicilia che invece ci offre è un’immagine viva, animata da uno spirito alacre e modernissimo, ampiamente consapevole della problematica storica e politica contemporanea.

Anche questo libro diventò un colossal cinematografico di produzione francese e italiana. Un cast eccezionale diretto da grande regista: Luchino Visconti. Girato in Sicilia ebbe tra gli interpreti attori del calibro di Burt Lancaster  (Don Fabrizio, principe di Salina) Claudia Cardinale   (Angelica Sedara)Alain Delon (Tancredi, nipote del principe) Rina Morelli (Maria Stella, moglie del principe)Paolo Stoppa (Don Calogero Sedara)Romolo Valli (Padre Pirrone)Lucilla Morlacchi (Concetta) e Ottavia Piccolo . E’ il 1860 e Giuseppe Garibaldi con le sue camicie rosse invade la Sicilia. Nonostante lo sconvolgimento politico, l’aristocratico don Fabrizio, Principe di Salina compie egualmente con la sua famiglia il viaggio annuale verso la residenza di campagna di Donnafugata. Qui il Principe viene a sapere da Padre Pirrone che Concetta, sua figlia, si è innamorata di Tancredi, il nipote prediletto di don Fabrizio. Ma le speranze di Concetta sfioriscono rapidamente quando appare la figlia del Sindaco, Angelica Sedara. Don Fabrizio si rende conto che questo connubio tra la nuova borghesia e la declinante aristocrazia è uno dei mutamenti che deve essere accettato. Questa intesa verrà consacrata durante un grandioso ballo al termine del quale il principe si allontana meditando sul significato dei nuovi eventi che richiamano la sua attenzione e lo spingono a un sofferto bilancio della propria vita.