Armando Gori, uno dei 16 eroi di Premuda
Sono passati tanti anni, ma l’impresa di Premuda del 10 giugno 1918 è ancora conosciuta perché il giorno di questo incredibile evento è diventato la festa della Marina Militare. Col tempo però qualcosa è andato perduto nella narrazione ufficiale che, inevitabilmente, è diventata più stringata e meno precisa.
A partire dal 2021 un grande lavoro di recupero è stato attuato dal gruppo di discendenti dei 16 di Premuda, capitanati oggi come allora da un Rizzo, allora Luigi Rizzo, capo sezione Mas, oggi sua nipote, Maria Giuseppina. Ogni nipote ha dato il proprio contributo, con cui si è ricostruita la vita di ognuno, sottolineando il suo ruolo nell’impresa. Io e mia sorella Armanda, che già da tempo stavamo lavorando, a livello personale, sulla valorizzazione della memoria, attraverso lo studio dell’archivio familiare, abbiamo raccontato di nostro nonno, Armando Gori, comandante del Mas 15, sul quale era imbarcato il capo sezione Rizzo e che colpì e affondò la corazzata austroungarica Santo Stefano.
Ecco la sua storia: Armando Gori, nato a Vicchio sull’Appennino tosco-romagnolo, il 25 luglio 1888, è il primo figlio di una famiglia di piccoli proprietari terrieri. La sua vita sembra dover scorrere su consolidati binari, tra campi e boschi. Fin da bambino però manifesta interesse per lo studio e per la letteratura di viaggi e di avventura. Come per tanti ragazzi di campagna più dotati, si pensa al seminario, ma lui, che non conosce il mare se non nei libri e ha navigato avventurosamente solo dentro un tino in un torrente, è attratto dalla vita marinara. Così nel 1906 si arruola a La Spezia nel C.R.E., Corpo Regi Equipaggi.
Per lui comincia un periodo di formazione e di navigazione, nel Mediterraneo, in Africa, in Estremo Oriente e nel Mar Rosso per il conflitto italo-turco. Quando scoppia la Grande Guerra, per i primi anni Gori è imbarcato su due grosse navi, la RN Quarto e successivamente la Dante Alighieri, sulle quali partecipa a venticinque missioni in Adriatico. Nel 1917 passa alla flottiglia Mas con base prima a Venezia, poi a Grado e infine ad Ancona. Da lì, dopo tante notti infruttuose a perlustrare e sminare zone di mare, la sera del 9 giugno 1918 partono due Mas, il 15 e il 21. Sul primo sono imbarcati il capo sezione, capitano di corvetta Luigi Rizzo, il comandante, il capo timoniere Armando Gori, Salvatore Annaloro, Francesco Bagnato, Eraldo Bertucci, Giuseppe De Fano, Letterio Donato, Emilio Manfredi, Giorgio Varchetta, sull’altro il comandante, guardiamarina di complemento Giuseppe Aonzo, Giovanni Calipari, Quirino Capuano, Lorenzo Feo, Luigi Rossi, Bruno Santarelli, Ugo Tomat. Intorno alle 3 di notte, sulla via del ritorno dopo lo svolgimento delle ordinarie mansioni, i due Mas incrociano, presso l’isola di Premuda, una grossa formazione nemica: due corazzate, la Santo Stefano e la Tegetthoff, protette da sei torpediniere e un cacciatorpediniere. Il 15, con al timone Gori, si infila a gran velocità tra due mezzi di scorta, si porta a 300 metri dal bersaglio e lancia due siluri che centrano in pieno la Santo Stefano affondandola. La fuga è altrettanto rapida e rocambolesca: inseguito dal T76, il Mas si salva buttando due bombe di profondità lungo la scia. Il Mas 21 tenta la stessa manovra, lanciando due siluri contro la Tegetthoff da una distanza di 450-500 metri, ma senza danneggiarla.
Il ruolo fondamentale di Armando Gori e del suo sangue freddo è sottolineato da molto giornali dell’epoca e dal fatto che, insieme a Rizzo, nel 1923 prende parte al film “Gli eroi del Mare nostro”, interpretando la parte di se stesso. Nel 1920, Gori partecipa a una campagna oceanica in Sud America, dove, a ogni scalo, gli vengono tributati onori e doni, sia dalle comunità locali, sia da quelle di immigrati italiani, come testimoniato da numerosi giornali in spagnolo, portoghese e anche italiano. Prosegue la sua vita sempre al servizio della Patria, anche quando scoppia la Seconda Guerra Mondiale. Nel 1941 viene catturato dagli Inglesi a Massaua, portato in India, passa quattro lunghi anni di prigionia a Bairagarh. Il ritorno è triste e difficile, come per molti reduci: dopo un periodo nella Marina Mercantile, muore a Genova nel 1953, appena andato in pensione. Pochi i ricordi pubblici, un monumento a Vicchio, una lapide sulla casa natia, molti quelli privati, che sono stati inseriti da noi nipoti in un libro che narra la sua storia.
Alessandra Bertini
Per saperne di più sull’impresa di Premuda