Alberto Bellucci, da tenente di sanitá nella Grande Guerra a console d’Italia in Honduras
Poco, veramente poco si sa ed è stato scritto o raccontato riguardo alla presenza di emigrati italiani in Honduras, il Paese del Centro America ove comunque ha vissuto e operato, sin dal periodo pre-unitario una modestissima Colonia di oriundi della nostra Penisola.
Naturalmente si è sempre trattato di modestissime entità, le quali anche dopo l’unificazione nazionale del 1861 non avrebbero di certo eguagliato i “grossi numeri”: quelli rappresentati dall’emigrazione italiana in Argentina, Brasile e Uruguay.
Si pensi, tanto per dare un’idea del fenomeno, che nel dicembre del 1881, allorquando fu eseguito il censimento degli Italiani all’estero[1], a Tegucigalpa, la Capitale Honduregna e in altre località del Paese vivevano appena dieci italiani, anche se poi, tra il finire dello stesso secolo e gli inizi del Novecento, tale numero fu destinato a crescere, come diremo a breve.
Lontano dai grossi flussi migratori dall’Italia, i quali, soprattutto dopo il 1870, avrebbero interessato Paesi dell’area Sud-Americana bisognosi di manodopera straniera (si pensi ai citati casi di Argentina, Brasile e Uruguay, impegnati nello sviluppo massiccio dell’agricoltura e dell’allevamento di bestiame, per non parlare degli sfruttamenti minerari, che avrebbero spinto altri italiani in Cile), l’Honduras avrebbe, invece, attratto solo talune categorie professionali, ovviamente utili a quel processo economico e sociale, che, per quanto lento avrebbe avuto bisogno di particolari esperienze, dei quali erano dotati molti abili professionisti provenienti dall’Europa.
Ecco, dunque, spiegato il perché, ai primi del Novecento, un giovane ma già bravissimo chimico umbro, il Dottor Alberto Bellucci, decise di tentare quella strada, consigliato a ciò da un suo carissimo amico, l’Ingegnere Alessandro Arrighi Scarponi, giunto a Tegucigalpa nel 1911, anche lui originario di Perugia, come lo era il padre del Bellucci. Quella che segue è la sua storia.
Da Todi a Tegucigalpa (1884 – 1916)
Alberto Bellucci nacque a Todi (Perugia) nel corso del 1884, figlio primogenito del celebre Professore Edda Bellucci (non è un errore in quanto si chiamava proprio così, n.d.r.) e di sua moglie, la danese Henny Johansen. Il Professore Edda Bellucci, nato a Perugia il 5 agosto del 1855 da Napoleone Bellucci e Maria Calzolari, nel 1884 si trovava a Todi, ove aveva da poco assunto la Direzione della neo costituita Regia Scuola di Agricoltura, incarico che avrebbe ricoperto sino al 1905[2].
Alberto visse a Todi sino a quando non si trasferì a Perugia, onde frequentarvi la locale Regia Università, ove, nel 1907, lo troviamo anche in veste di assistente[3]. Laureatosi, quindi, in Chimica e Farmacia nel corso del 1908, successivamente, nel 1909, conseguì anche la laurea in Ingegneria Industriale presso il Politecnico di Liegi, titolo che avrebbe poi utilizzato appieno nella futura vita in Honduras.
Nel 1911, a seguito dello scoppio della guerra “Italo-Turca”, Alberto Bellucci fu mobilitato, rivestendo così il grado di Tenente di Sanità. Fu, invece, nel 1913 che, volendo seguire i consigli di un suo carissimo amico Perugino, l’Ingegnere edile Alessandro Arrighi Scarponi, conosciuto molto probabilmente presso il Politecnico di Torino, già emigrato in Honduras nel corso del 1911, Alberto s’imbarcò alla volta delle Americhe.
Giunto nel porto di Amapala, accompagnato dall’architetto Giovanni Belli e dal geometra Augusto Bressani, Alberto si stabilì a Tegucigalpa, ove di lì a poco avrebbe messo su casa, unitamente alla giovane moglie, Rina Corbucci, italiana anche lei, figlia di Ruggero e di Elisa Bellachionna.
Nella Capitale honduregna il professionista fu accolto dallo zio paterno, Gino Carlos Bellucci, domiciliato a Comayaguela, già titolare di un’avviata azienda edile. Lo zio era un agronomo, il quale era giunto ad Escuintla (Guatemala) ai primi del 1913, per poi sistemarsi a Tegucigalpa, dove per l’appunto diede vita a varie attività commerciali.
Fu due anni dopo, esattamente a dar data dal 3 maggio 1915, che, volendo seguire le orme paterne, accettò la cattedra di Chimica, Mineralogia e Sfruttamento Minerario presso la locale Università, Facoltà di Farmacia e Medicina[4]. L’uomo avrebbe vissuto in Honduras sino al 1916, epoca nella quale fu richiamato in Italia, onde partecipare alla “Grande Guerra”, evento che avrebbe coinvolto anche lo zio.
Dagli trincee del Carso alle rive del Rio Choluteca (1916 – 1926)
Tenente farmacista di 1^ classe della Croce Rossa Italiana, Comitato di Torino, il Dottor Bellucci fu, quindi, mobilitato ai primi del 1916, destinato ad operare presso il Comando del 1° Corpo d’Armata[5]. Come è facile comprendere, molto dura sarebbe stata la sua missione in guerra, ricordando la drammaticità di quel conflitto, soprattutto dopo la durissima disfatta che le Armi italiane avrebbero subito a Caporetto, nell’ottobre-novembre del 1917, lo stesso anno nel quale anche l’Honduras avrebbe dichiarato guerra alla Germania.
L’ufficiale medico prese parte al conflitto sino all’epilogo del 4 novembre 1918, per poi essere trattenuto in servizio sino ai primi mesi del 1919, rivestendo il grado di Capitano. Con la smobilitazione generale delle truppe combattenti, il Dottor Bellucci fece ritorno a Tegucigalpa, ove riprese la cattedra universitaria.
Nello stesso tempo, volendo sfruttare al massimo le due lauree conseguite in Italia, già sul finire del ’19, Alberto riuscì ad aprire la “Farmacia Italiana”, così come quella che in seguito sarebbe divenuta la celebre Azienda di marmi e mosaici “Bellucci“, messa in piedi anche grazie allo stesso zio paterno. Dalla “Bellucci” sarebbero usciti gli abbellimenti di non pochi palazzi del potere, primo fra tutti la Casa Presidenziale, opera alla quale l’industriale avrebbe contribuito, con la produzione di mosaici e mattoni.
In tale direzione si rivelò molto preziosa l’amicizia con il citato Ingegnere Alessandro Arrighi Scarponi, che nel frattempo era divenuto Regio Console onorario d’Italia in Honduras. Gran parte degli storici Honduregni che lo hanno ricordato nei propri contributi, sostengono che tale era la finezza del suo lavoro che oggi, le piastrelle Bellucci sono considerate pezzi d’arte unici.
Da Console d’Italia a Tegucigalpa all’epilogo di una vita straordinaria (1926 – 1968)
Fu nel 1926 che, dietro insistenza del carissimo amico e compatriota, Alessandro Arrighi Scarponi, che ne aveva presentato le dimissioni, l’Ingegner Bellucci accettò il prestigioso incarico onorifico di Reggente il Consolato Generale d’Italia a Tegucigalpa, un ruolo certamente non facile, se si pensa che l’ufficio dipendeva dal Ministro Plenipotenziario d’Italia in Guatemala, in quel frangente impersonato dal Comm. Nicola Macario, il quale rappresentava l’Italia, oltre che in Guatemala e Honduras, anche in Nicaragua e nel Salvador[6].
Due anni dopo collabora lo zio, Gino Carlos nel non facile compito di aprire una seconda fabbrica di mattonelle a San Pedro Sule, azienda che purtroppo avrebbe ben presto risentito della morte precoce dell’industriale, venuto a mancare il 2 marzo del 1929[7].
Nello stesso 1929, oramai quarantacinquenne, Alberto Bellucci divenne finalmente padre di una bambina, alla quale furono imposti i nomi di Alberta, Rita e Graciella, venuta al mondo l’8 di dicembre nella bellissima casa sita in Barrio Abayo, nel centro storico di Tegucigalpa. La neonata sarebbe stata battezzata (ne furono padrini il commerciante tedesco Cesar Clamer e sua moglie) il 2 marzo del 1930 nella Cattedrale di San Miguel Arcangel.
Il 1929 fu, infine, anche l’anno in cui avrebbe raggiunto Tegucigalpa anche un altro vecchio amico, Arturo Bergamo, nato a Cuneo nel 1891, con il quale Alberto s’era conosciuto ai tempi della guerra “Italo-Turca”, il quale avrebbe fondato, assieme al connazionale Andrea Gerlero, la fabbrica “La Italiana”[8].
Il professionista umbro fu un uomo dai mille interessi, tanto da assumere anche la rappresentanza, sia in Honduras che ad El Salvador di importanti aziende italiane, come nel caso, tanto per citarne una, della “Nebiolo Soc. An. Milanese”, che produceva macchine e materiali per la stampa e le tipografie. in tale veste lo troviamo, quindi, assiduo viaggiatore, sia in nave che in aereo alla volta degli Stati Uniti d’America.
Nel Paese, nel frattempo, dopo un periodo di guerra civile e vari Governi rivoluzionari, nel 1932 fu eletto Presidente T. Carías Andino, il quale, con successive rielezioni avrebbe governato per 17 anni.
Il Bellucci rappresenterà diplomaticamente l’Italia a Tegucigalpa sino al 1940, epoca in cui lo troviamo ancora citato negli Annuari Ministeriali. La storia del Novecento ci ricorda che, dopo l’attacco a Pearl Harbor (7 dicembre 1941) anche l’Honduras dichiarò guerra alle potenze dell’Asse.
Iniziò così la caccia e il sequestro dei beni appartenenti a persone di origine italiana, tedesca e giapponese su tutto il territorio nazionale. In tale ambito anche il professionista originario di Todi si vide aggredire il patrimonio familiare, dopo aver vista chiusa anche la sede diplomatica.
Ebbene, l’impresa che più di altre lo avrebbe consacrato tra i più famosi emigrati italiani in Honduras fu certamente la progettazione e la costruzione del c.d. “Castello Bellucci”, una splendida opera architettonica di ispirazione italiana (oggi cadente e abbandonato, in attesa di restauri) che fa parte della storia urbanistica di Tegucigalpa.
Questo edificio si trova tra i quartieri La Ronda e La Leona. Fu qui che il Medico e Ingegnere di Todi decise di costruire la sua casa. E lo fece in quanto quel posto gli ricordava tanto l’Italia, soprattutto grazie alla magnifica vista che si godeva da lì. Alberto Bellucci, insieme ad Augusto Bressani e Giovanni Belli, imposero, di conseguenza, il loro stile, prettamente italiano, in questo antico quartiere un tempo noto come “Quartiere Berlino”, in quanto fondato da famiglie tedesche.
Il castello fu costruito nel corso degli stessi anni ’40, dopo che il Bellucci era stato costretto ad abbandonare il ruolo Diplomatico[9], rappresentando così una delle principali attrazioni della capitale. Gli storici di Tegucigalpa ci confermano che nella costruzione del castello furono utilizzati vari tipi di pietra calcarea, un materiale molto comune a quei tempi.
Col. (a) GdF Gerardo Severino
Storico Militare
[1] Cfr. Censimento degli Italiani all’Estero (Dicembre 1881), Roma, Tipografia dell’Ospizio di San Michele, 1884, pag. 88.
[2] Cfr. Manuel Vaquero Piñero, Edda Bellucci (1884 – 1905). Primo direttore della Regia scuola pratica di agricoltura di Todi, in <<Rivista di Storia dell’Agricoltura>>, a. LII, n. 1° giugno 2012, pag. 156.
[3] Cfr. Università degli Studi di Perugia, <<Annuario dell’Università degli Studi di Perugia>>, anno 1907, p. 54.
[4] Cfr. José Reina Valenzuela, Bosquero Historico de la farmacia y la medicina en Honduras, 1947, pag. 225.
[5] Cfr. Ministero della Guerra, <<Bollettino Ufficiale>>, Dispensa 51^, 17 giugno 1916, pag. 2635.
[6] Cfr. Ministero degli Affari Esteri, <<Ambasciate, Legazioni e Consolati del Regno d’Italia all’estero al 1° maggio 1927>>, Roma, Tipografia del Ministero degli Affari Esteri, 1927, pag. 31.
[7] Cfr. Dante Liano, <<Dizionario biografico degli Italiani in Centroamerica>>, Milano, V & P Strumenti, 2003, pag. 15.
[8] Ivi, pag. 16.
[9] Sull’argomento vgs. Gerardo Severino, Italia-Honduras: 170 anni di rapporti diplomatici, www.reportdifesa.it, inserto Speciale n. 53, aprile 2025.