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Natale 2018 al Museo Tecnico Navale di La Spezia ricordando i caduti della Grande Guerra

Il Museo Tecnico Navale di La Spezia ha voluto ricordare il centenario della fine del primo conflitto mondiale unendo nel simbolo del Natale i fronti opposti. Le medaglie sono quelle commemorative della Grande Guerra, delle Regie Navi e Sommergibili italiani che operarono instancabilmente in molteplici azioni  belliche ma anche in operazioni di soccorso e salvataggio. Sono in bronzo e in argento e rappresentano una testimonianza insindacabile dello straordinario impegno, oggi come allora, degli uomini di marina.

L’Albero è sostenuto dal bossolo della Viribus Unitis corazzata della imperial-regia Marina austro-ungarica, nonché nave ammiraglia e fiore all’occhiello della flotta. Faceva parte della classe Tegetthoff assieme alle altre corazzate Szent István (“Santo Stefano”), Prinz Eugen e Tegetthoff. Impiegata raramente nel corso della prima guerra mondiale, fu affondata il 1° novembre 1918 nel porto di Pola in seguito all’incursione italiana con il primo mezzo subacqueo d’assalto della storia, la Torpedine Semovente Rossetti, in quella che fu poi ribattezzata l’eroica Impresa di Pola.

Proprio in occasione della ricorrenza del centenario della fine della Grande Guerra, il personale del Museo ha voluto ricordare con questo manufatto  quella che cento anni fa fu definita “un’inutile strage”. Più di 12 milioni di morti e quasi altrettanti invalidi. Fu una straordinaria mobilitazione, di uomini prima di tutto, e poi industriale e tecnologica, che vide la Marina italiana in prima linea, con inventiva e valore, in quanto si capì subito che il mare avrebbe avuto un ruolo fondamentale. E la Marina, una volta mobilitata, si impegnò nella difesa delle coste vincendo il confronto con le potenze nemiche ed esprimendo tutto l’ingegno dei suoi più eroici ufficiali e di migliaia di anonimi marinai. Ma il valore più grande mai negato fu la coerenza ad un concetto fondamentale della cultura del mare: aiuto sempre e comunque a chi è in difficoltà. La Marina operò a sostegno non solo delle popolazioni italiane in difficoltà ma anche nei confronti dei profughi e militari stranieri in fuga, come nel caso dell’esercito serbo, e fu inoltre impegnata nella salvaguardia del patrimonio culturale delle città d’arte.

Le medaglie che addobbano l’Albero sono quelle di Regie Navi e Sommergibili impiegati nel primo conflitto mondiale, e quelle coniate per commemorare la Grande Guerra. Sono sostenute dal bossolo della Viribus Unitis, nave austroungarica affondata in una eroica azione della Marina italiana.

Insieme si ricompongono in un segno di Natale e ci ricordano che il passato ci deve insegnare ad costruire un futuro migliore.

Il Museo Tecnico Navale ha voluto ricordare il centenario della fine del primo conflitto mondiale unendo nel simbolo del Natale i fronti opposti.

Le medaglie sono quelle commemorative della Grande Guerra, delle Regie Navi e Sommergibili italiani che operarono instancabilmente in molteplici azioni  belliche ma anche in operazioni di soccorso e salvataggio. Sono in bronzo e in argento e rappresentano una testimonianza insindacabile dello straordinario impegno, oggi come allora, degli uomini di marina,

L’Albero è sostenuto dall bossolo della Viribus Unitis corazzata della imperial-regia Marina austro-ungarica, nonché nave ammiraglia e fiore all’occhiello della flotta. Faceva parte della classe Tegetthoff assieme alle altre corazzate Szent István (“Santo Stefano”), Prinz Eugen e Tegetthoff. Impiegata raramente nel corso della prima guerra mondiale, fu affondata il 1° novembre 1918 nel porto di Pola in seguito all’incursione italiana con il primo mezzo subacqueo d’assalto della storia, la Torpedine Semovente Rossetti, in quella che fu poi ribattezzata l’eroica Impresa di Pola.

Il Museo, che fa capo all’Ufficio Storico della Marina Militare (USMM), ha registrato il passaggio di testimone tra i due direttori, il capitano di vascello Giosué Allegrini (ritornato a Roma all’USMM) e il capitano di fregata Leonardo Merlini.

E’ caratterizzato da numerose sale: il salone a piano terra con la sezione dedicata alla storia della città della Spezia. Un video spiega come il capoluogo del golfo fosse un borgo di soli 6.000 abitanti nel 1860 e, a seguito della costruzione dell’arsenale, in soli 10 anni raggiunse i 60.000 abitanti.

Dalla sala principale si accede alla Sala Marconi, recentemente realizzata (2017) che custodisce la più importante collezione al mondo di apparati originali marconiani e che testimonia la sua lunga collaborazione con la Marina italiana ed il ruolo importante che essa svolse nell’evoluzione della radio.

Nella teca di fronte all’entrata sono presenti gli elementi principali di un sistema trasmittente e ricevente inventato da Marconi nel 1896, che gli valse la paternità dell’invenzione della radiotelegrafia, e le zone telegrafiche originali che riportano scritti i messaggi in alfabeto Morse scambiati con nave San Martino il 17 luglio 1897 nel golfo della Spezia, durante le prime prove al mondo di radiotelegrafia navale che rivoluzionarono per sempre l’andar per mare e la sicurezza della navigazione.

La Spezia. Museo Tecnico Navale: un ricevitore magnetico a detector usato da Guglielmo Marconi nei suoi esperimenti di radiotelegrafia (Foto Marina Militare)

Dalla zona dei mezzi d’assalto si accede alla Sala delle Polene al piano superiore dove recentemente (2017) è stata dedicata un’ampia stanza di circa 400 mq alla straordinaria collezione di polene lignee del Museo Navale. L’allestimento emozionale è stato sviluppato dalla direzione del museo congiuntamente alla Soprintendenza regionale e allo studio di architettura Ricco e Neri della Spezia ed è stato realizzato grazie alla sponsorizzazione dei Cantieri Sanlorenzo di Ameglia (SP). Le 28 polene sono state posizionate su grossi travi curvi in legno che richiamano il dritto di prora dei velieri, sui quali hanno riacquisito una posizione incombente sul visitatore, con lo sguardo che volge all’orizzonte.

La Spezia. Museo Tecnico Navale, Sala delle Polene (Foto Marina Militare)

Dalla Sala principale si accede alla Sala delle armi subacquee che si snoda in una galleria che richiama lo scafo di un sommergibile, lungo la quale sono esposti siluri e torpedini, armi sviluppate a seguito migliore lavorazione e laminatura dell’acciaio conseguenti alla seconda rivoluzione industriale del XIX secolo.

Il primo in evidenza è il siluro Luppis (1875), raro esemplare del primo siluro impiegato nella Marina italiana, monoelica, propulso ad aria compressa, con una corsa di 150 m. e testa caricata con 27 kg. di fulmicotone.

Una delle sale più affascinanti che incuriosiscono i visitatori è la Sala Sistemi Subacqui, dedicata all’attività di un corpo scelto della Marina, i palombari, nati a La Spezia e da sempre un élite di livello internazionale.

Sulla sinistra il classico vestito da palombaro, completo di scarponi, piastre di piombo, elmo, muta e tubo di collegamento con l’adiacente pompa dell’aria (nella foto sotto); ci riporta indietro di qualche decennio, quando fondamentale era l’affiatamento tra il subacqueo e il personale di assistenza in superficie affinché la pressione all’interno della muta fosse più regolare possibile.

Una delle sale più interessanti è poi quella dedicata all’artiglieria navale Si entra quindi nella sezione dedicata alle artiglierie navali, dove spiccano due grossi mortai britannici Carron (1825) provenienti dai cantieri navali di Castellamare di Stabia; un cannone da 120/40 Mod. 91 (1893) costruito dallo stabilimento Armstrong di Pozzuoli; il cannone Ansaldo da 102/35 (1917) installato sulle navi per caccia antisom.

Al centro della sala spicca Centrale di tiro Galileo della corazzata da 35.000 tonnellate Vittorio Veneto (1937), che rappresentava la tecnologia più avanzata dell’epoca per la soluzione del complesso problema del tiro navale; otto operatori introducevano e aggiornavano continuamente i dati della propria nave, del bersaglio, del vento, della temperatura, dell’umidità dell’aria e l’usura della canna; la centrale elettromeccanica elaborava i calcoli e forniva direttamente ai cannonieri i dati di brandeggio e di elevazione della canna; essi dovevano mantenere la canna correttamente allineata per consentire l’apertura del tiro alla maggiore distanza possibile.