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L’Argentina e il Regno delle Due Sicilie nella storia dei rapporti diplomatici

La gran parte degli storici italiani che si sono cimentati nella ricostruzione delle vicende concernenti le relazioni bilaterali tra Argentina e Italia ha sempre evitato di ricordare che, oltre al Regno di Sardegna, giustamente annoverato come il primo Stato preunitario italiano che allacciò rapporti diplomatici con il grande Paese dell’America Meridionale, ci furono anche il Regno delle Due Sicilie e lo Stato Pontificio, sebbene, quest’ultimo, limitato alla sola rappresentanza consolare argentina presso il “Soglio di Pietro”. Scopo del presente contributo è quello di proporre ai nostri lettori una vicenda storica, la quale, sebbene durata appena cinque anni (dal 1855 al 1860), contribuì non poco al miglioramento dei già pregressi rapporti fra le due Nazioni. Ciò in un’epoca nella quale, abbandonata, da parte del Re delle Due Sicilie, ogni forma di attrito con Buenos Aires (i contrasti erano sorti dopo il 25 maggio del 1810, allorquando le allora Provincie Unite del Rio de la Plata si erano ribellate alla Corte di Spagna, alla quale Re Ferdinando e suo padre erano imparentati), la Corte Napoletana, ancora oggi e spesso falsamente accusata di arretratezza ed “isolamento internazionale, aveva varato un serio programma di interscambi commerciali, grazie al quale le navi di entrambi i Paesi varcarono l’Oceano, trasferendo così merci e persone, tanto da dar luogo ai primi insediamenti di Napoletani (intendendo per tali i Meridionali in generale) lungo le rive del Rio de la Plata, sui quali, per fortuna nostra, è stato scritto abbastanza.

  1. Anno 1855. Argentina e Regno delle Due Sicilie decidono di aprire i loro Consolati.
Carta geografica del Regno delle Due Sicilie

Quasi mai nessuno, nemmeno i biografi ufficiali, ha sottolineato la circostanza secondo la quale l’obiettivo di un accordo diplomatico fra i due Paesi fu uno dei risultati personali e professionali conseguiti da un suddito di S. M. il Re delle Due Sicilie trapiantato da molti anni in Argentina (era giunto a Buenos Aires il 29 aprile del 1827), vale a dire il celebre scrittore e storico Pietro De Angelis, nato a Napoli il 20 giugno 1784, che tanto lustro avrebbe conseguito proprio nel Paese del Sud America, come ricorderemo in un prossimo saggio che verrà pubblicato su questo stesso portale. Ebbene, sono gli stessi biografi del De Angelis che ci ricordano come il grande uomo di cultura napoletano si fosse interessato, alcuni anni prima della svolta del 1855, presso il Presidente dell’allora Confederazione Argentina, Generale Juan Manuel de Rosas, del quale era ottimo amico, onde perorare la richiesta di Re Ferdinando II di Borbone finalizzata alla deportazione di condannati politici in Argentina, offrendoli quali manodopera per le grandi e sterminate “Estancias” della nota Pampa. La storia ci ricorda, in ogni caso, che la proposta Napoletana non fu accolta dal Presidente Rosas, che giustamente immaginò come la presenza di persone indesiderate a Napoli potesse arrecare nocumento al suo stesso Governo. Le vicende Argentine ci segnalano, poi, che nel 1852, a seguito della battaglia di Caseros (3 febbraio 1852), ebbe fine la dittatura del Generale Rosas, costretto a riparare in Inghilterra, ma anche la “sudditanza” di Buenos Aires, la quale si ribellò, staccandosi dalla Confederazione (il cui Direttorio fu assunto dal Generale Justo José de Urquiza), dando vita, al seguito di rivolte e scontri armati,  al c.d. “Estado de Buenos Aires”, destinato ad operare sino al 1861, come approfondiremo meglio nel prossimo capitolo. Dal settembre 1853 in poi, l’Argentina fu dunque amministrata da due diverse entità politiche: la Confederazione Argentina, con Capitale Paranà, e lo Stato di Buenos Ares, retto sotto forma di Repubblica, avente sede nell’omonima città rio-platese. Come è facile intuire, la situazione venutasi così a delineare mantenne le due realtà amministrative sul continuo “piede di guerra”, fomentato da tensioni molto forti, spesso derivate anche dall’eccessivo danno che tale separazione aveva procurato, soprattutto nell’ambito del commercio estero.

I due Stati si fecero, quindi, la guerra anche in termini legislativi, varando tutta una serie di provvedimenti volti a favorire l’approdo delle navi mercantili straniere nei rispettivi porti. Era chiaro, infatti, come l’uno (la Confederazione) cercava di sopperire alla mancanza degli introiti provenienti dalla Dogana di Buenos Aires, sin lì gestiti dalla medesima Confederazione, la quale gli attribuiva evidentemente un’importanza strategica per l’intero sistema economico del Paese, mentre l’altro (lo Stato di Buenos Aires) vedeva proprio nei traffici con l’estero la “valvola di sfogo” della propria economia, soprattutto dovendo smaltire il surplus della produzione di grano proveniente dalle Pampas. Era chiaro, a quel punto, come gran parte delle potenze straniere, disorientate dinanzi a tale situazione politica, si sentisse in obbligo, nel riconoscere ovviamente entrambi gli Stati, ma anche di autotutelarsi, sia in Patria che in loco, dando così vita a proprie rappresentanze Consolari. Ebbene, presi i dovuti contatti con entrambi le Presidenze, Pietro De Angelis riuscì ad ottenere l’autorizzazione affinché il Regno delle Due Sicilie potesse stabilire un Consolato di 3^ classe sia presso la Confederazione che presso lo Stato di Buenos Aires. Comunicata la decisione a Napoli, fu così che il 14 luglio 1855, Re Ferdinando II firmò da Ischia, su proposta del Ministro degli Affari Esteri del Regno, Luigi Carafa, il Real decreto n. 2345, con il quale: «Reputando utili agl’interessi della navigazione della nostra real bandiera ed al commercio dè nostri amatissimi sudditi negli Stati della Confederazione Argentina ed in quello di Buenos Aires» stabilì l’apertura di un Consolato Generale presso quegli Stati, affidandone l’incarico (a norma dell’art. 2) ad un unico diplomatico, proprio quel Don Pietro De Angelis di cui parlavamo prima. Mentre il riconoscimento de facto del Console De Angelis da parte della Confederazione Argentina fu quasi contestuale alla nomina[1], quello da parte dello Stato di Buenos Aires pervenne ufficialmente solo il 25 giugno 1858, data nella quale l’Avvocato José Valentín de Alsina y Ruano, a quel tempo Governatore dello Stato, emanò un apposito decreto, su proposta del Capo del Dipartimento, Norberto de la Riestra[2].

Gli interessi della Confederazione Argentina nel Regno delle Due Sicilie sarebbero stati tutelati, invece, dal Console che Paranà individuò, inizialmente con la clausola della provvisorietà, nella persona del Cav. Valerio Falcon (a ciò nominato nel corso del 1856), un noto impresario Napoletano, fratello di Gioacchino Falcon, che proprio in quel frangente storico si trovava ad operare alla Corte di Re Ferdinando, addetto sia alla Segreteria particolare del Sovrano che presso il Ministro di Stato per gli Affari Esteri[3]. Il Cav. Falcon non era certo uno qualsiasi, in quanto ancora nel 1855 ricopriva la carica di Console del Messico e della Nuova Granada[4]. Il rappresentante diplomatico accentrò gli uffici del Consolato in Via Pellegrini, n. 19. Fu solo verso il 1859-1860 che a Napoli troviamo anche un Console Generale dello Stato di Buenos Aires nella persona di Don Francesco Castellano, già Console Generale della Grecia e titolare di un’importante Agenzia Marittima, con uffici in Strada Piliero, n. 29-30[5]. In Argentina, invece, il Console De Angelis avrebbe svolto la propria funzione rimanendo a vivere nella stessa Buenos Aires, città che avrebbe ovviamente lasciato, con le opportune garanzie diplomatiche (lgs. “Passaporto di servizio”) ogni qualvolta si sarebbe dovuto recare nella Capitale della Confederazione, la città di Paranà, come si ricorderà. Sfogliando i vari libri di storia, vari sono i riferimenti al Console De Angelis e alla sua attività come rappresentante in Argentina della Corte Napoletana. Si tratta, per lo più, di riferimenti riguardo al suo ruolo a tutela sia dei marittimi Napoletani giunti sul Rio de la Plata, che degli interessi commerciali del Regno delle Due Sicilie in terra Argentina. Molto importante fu, poi, il suo ruolo come estensore di importanti informative, opportunamente spedite a Napoli, con le quali partecipava alla Segreteria di Stato per gli Affari Esteri tutto ciò che riguardava sia la situazione generale Argentina, sia la condizione e i movimenti dei sudditi Napoletani che vivevano in quel Paese.

Don Pietro De Angelis

Per il Governo Napoletano, Don Pietro De Angelis dovette, tuttavia, occuparsi, questa volta ufficialmente, della spinosa questione relativa ad una sorta di “Guyana Napoletana” che Re Ferdinando sperava di aprire oltre Oceano, onde liberare le patrie galere Napoletane. Fu così che il De Angelis, ripresi i contatti con la Presidenza della Confederazione, stilò una Base per l’introduzione di seimila emigranti dal Regno delle Due Sicilie nella Confederazione argentina, che in seguito avrebbe dato luogo alla nota Convenzione stilata effettivamente dai due Stati, il 13 gennaio 1857 a Napoli (da parte del Ministero Carafa e dal rappresentante argentino, Don José Buschental[6]), la quale, tuttavia, non avrebbe avuto esecuzione pratica, sia perché respinta dai destinatari reclusi nelle carceri del Regno delle Due Sicilie, sia perché bloccata dal Parlamento Argentino, il quale, per ratificarla, aveva imposto sostanziali modifiche. La presunta “Guyana” non era altro che una sorta di Colonia composta da sudditi napoletani condannati per vari reati, ovvero detenuti politici, che accettavano di lasciare l’Italia in commutazione della pena che avrebbero dovuto scontare nel Regno. La Convenzione stabiliva che la Colonia sarebbe stata inizialmente finanziata da Napoli, almeno fino a quando non avesse raggiunto un buon livello di autonomia. Il diplomatico napoletano tenne alto il nome del suo Paese anche in altre circostanze, solo apparentemente non riflettenti la politica estera delle Due Sicilie. I suoi biografi ci ricordano, infatti, come il Console De Angelis offrì il proprio carisma e soprattutto la propria competenza alla Diplomazia del Brasile in occasione delle trattative finalizzate alla stipula della Convenzione che il 20 novembre dello stesso 1857 avrebbe regolamentato, tra il Brasile e l’Argentina, la navigazione del Rio de la Plata, fornendo peraltro al Ministro plenipotenziario brasiliano J. M. da Silva Paranhos alcuni importanti documenti. Non solo, ma sempre allo stesso Diplomatico brasiliano, Egli garantì la propria intermediazione onde consentire la risoluzione di vecchie questioni tra il Brasile e il Paraguay riguardo alla navigazione del Rio de la Plata-Paraguay, attraversando il Mato Grosso. Nel 1858 – anche questo gli storici di parte evitano di ricordarlo – il Regno delle Due Sicilie ottenne dal Governo dell’Uruguay l’autorizzazione a poter aprire una propria rappresentanza diplomatica a Montevideo. Ebbene, anche in quella circostanza si scelse Don Pietro De Angelis, segno evidente del fatto che il grande letterato e storico Napoletano non fosse poi così in urto con la Corte Napoletana, circostanza, questa, che troviamo molto spesso riportata dai suoi biografi. In verità è probabile che l’assunzione dell’incarico da parte del De Angelis avvenne, ma solo per pochi mesi, tanto da fare in tempo per essere inserito in un noto Almanacco dell’epoca[7]. Molto avrebbe potuto fare ancora il De Angelis se la morte non lo avesse colto in fallo. Don Pietro De Angelis si spense, infatti, a Buenos Aires il 10 febbraio del 1859, all’età di 75 anni.

  1. La guerra civile del 1859 e il nuovo Console Napoletano a Buenos Aires.

La scomparsa del Diplomatico napoletano coincise con un periodo nuovamente caldo per l’Argentina. La Confederazione, presieduta ancora dal Generale Urquiza, nel tentativo di risolvere le gravi problematiche economiche riscontrate dalle Provincie dell’interno, le quali non tolleravano affatto che lo Stato di Buenos Aires (come si è già ricordato nell’articolo dedicato al bicentenario della nascita del Generale Bartolomé Mitre) assorbisse e trattenesse per sé i ricchissimi proventi doganali, decise di attaccare nuovamente Buenos Aires. La storia dell’Argentina ci ricorda, poi, che a seguito della sconfitta di Cepeda (11 novembre 1859), laddove le truppe di Buenos Aires, poste agli ordini del Generale Mitre, furono pesantemente sconfitte dall’esercito dell’Urquiza, lo stesso Mitre fu costretto a firmare il c.d. “Patto di San José de Flores”, in virtù del quale lo Stato di Buenos Aires rientrò nella Confederazione, accettando la Costituzione del 1853, pur mantenendo alcuni privilegi. Tornando alla nostra vicenda, proseguiamo col dire che il 21 ottobre dello stesso 1859, il Governatore dello Stato di Buenos Aires, José Valenti Alsina, firmò il decreto con il quale si riconobbe il nuovo Console delle Due Sicilie presso lo Stato di Buenos Aires nella figura del suddito Napoletano Antonio Llambi, che da decenni ormai viveva nella Capitale porteña, esponente di spicco della Comunità italiana della quale era stato un affermato mecenate[8]. La stessa decisione fu assunta dal Governo Uruguayano, il quale riconobbe il Lambi “Encargado interino” presso il Consolato Generale di S.M. il Re delle Due Sicilie in Montevideo[9]. Sempre a Buenos Aires, ma presso la Confederazione Argentina avrebbe operato, invece, il Console Antonio Clambé, sostituito in seguito dallo stesso Llambi[10].

Carta geografica dell’Argentina

Tornando a parlare della storia Argentina ricordiamo, poi, che il Generale Mitre mantenne la sua leadership nonostante la cocente sconfitta, tanto da essere nominato (il 3 maggio del 1860) Governatore della stessa Provincia di Buenos Aires. Nei mesi seguenti, lo statista argentino, non rispettando gli accordi firmati, diede luogo al rafforzamento dell’Esercito di Buenos Aires, ma anche ad una serie di alleanze con alcune Province dell’interno, mettendo così in dubbio la leadership del nuovo Presidente della Confederazione, Santiago Derqui, il quale il 5 marzo dello stesso anno era subentrato all’Urquiza. Inevitabile fu, a quel punto, l’innesco di un nuovo scontro tra gli “Unitarios” e i “Federales”, i quali dalle parole passarono alle armi. L’ennesima guerra civile ricevette il suo culmine nel corso della battaglia di Pavón (17 settembre 1861), a seguito della quale le truppe di Buenos Aires riportarono un inatteso successo. La vittoria militare segnò la fine graduale del dominio federale, consentendo così al Generale Mitre, esponente di spicco del Partito Unitario, di assurgere a Capo di uno Stato unitario che avrebbe visto la luce nel settembre dell’anno seguente.

  1. L’epilogo dell’ottobre 1860 e l’organizzazione successiva.

Nello stesso arco temporale nel quale in Argentina si registrava la vittoria del Generale Mitre, nella Penisola Italiana il Generale Giuseppe Garibaldi terminava la sua “Campagna di liberazione” del Meridione d’Italia, innescata con la nota “Spedizione dei Mille” avviata dallo scoglio di Quarto, a Genova, agli inizi di maggio dello stesso 1860. Ancor prima della caduta del Regno delle Due Sicilie, decretata con la firma dell’armistizio e la resa di Francesco II il 17 febbraio 1861, cui avrebbe fatto seguito la proclamazione del Regno d’Italia, il 17 marzo dello stesso anno, fu stranamente il Console Sardo di Rio de Janeiro (Brasile), Carlo Sechino, ad indirizzare, il 22 ottobre 1860, una nota ai due Governi di Paranà e Buenos Aires, sollecitandoli a disporre la cessione dalle loro attribuzioni dei due Consoli napoletani[11]. Le loro funzioni furono, quindi, demandate al Console Generale che lo stesso Regno di Sardegna aveva designato, da qualche tempo, sia presso il Governo di Paranà che presso quello di Buenos Aires, vale a dire il Cav. Marcello Cerruti, successivamente sostituito dal Conte Bartolomeo De la Ville Sur-Yllon, nato a Napoli nel 1829, manco a farlo apposta già membro del Servizio Consolare del Regno delle Due Sicilie, ove era entrato nel 1851, già Console a Trieste (segno evidente di che pasta erano fatti i Diplomatici di quella Nazione così troppo facilmente tacciata dai vincitori come un Paese arretrato sotto tutti i punti di vista), coadiuvato dal Vice Console Domenico Freddi[12]. A Napoli, invece, in attesa delle decisioni che la sola Argentina avrebbe potuto assumere, rimase in carica il Cav. Valerio Falcon. Tra il marzo del 1861 e il settembre del 1862, gli argentini continuarono ad essere rappresentati in Italia dagli Incaricati d’affari scelti dai rispettivi Stati, la Confederazione Argentina e lo Stato di Buenos Aires. Ebbene, secondo il «Calendario Generale del Regno d’Italia pel 1862», le rappresentanze diplomatiche argentine nel novello Stato italiano furono rappresentate dai Consoli dislocati a Chiavari, Genova, Lavagna, Napoli, Palermo e Portofino, per quanto riguarda la Confederazione. Dai consoli stanziati a Chiavari, Genova, Lavagna e Spezia, per quanto riguarda lo Stato di Buenos Aires. A Napoli, come anticipato prima, rimase confermato il Console Generale Falcon che continuò così a rappresentare, dapprima la Confederazione e in seguito la Repubblica Argentina, peraltro assumendo la titolarità dei Consolati Generali di altri Paesi, segno evidente di come fosse stata giusta e lungimirante la scelta operata da Buenos Aires alcuni anni prima[13].

Ten. Col. Gerardo Severino
Direttore Museo Storico Guardia di Finanza

[1] La nomina del De Angelis fu ratificata ufficialmente dal Governo Confederato il successivo 18 aprile 1856.

[2] Cfr. Decreto in data 25 giugno 1858 del Departemento de Relaciones Esteriores, in Registro Nacional de la Republica Argentina que comprende los documentos espedidos desde 1810 hasta 1873, tomo 4° (1857 – 1862), Buenos Aires, Impren a Especial de Obras de La Republica, 1888, p. 573.

[3] Cfr. Almanacco Reale del Regno delle Due Sicilie per l’anno 1855, Napoli, Stamperia Reale, 1855, p. 94.

[4] Ivi, p. 97.

[5] Cfr. Luigi Galanti, Guida per Napoli e i suoi contorni, Napoli, C. Boutteaux e M. Aubry Editori, 1861, p. 288.

[6] Cfr. Ludovico Incisa di Camerana, L’Argentina, gli italiani e l’Italia: un altro destino, Edizione SPAI, 1998, p. 161.

[7] Cfr. Librairie de Firmin Didot Frères, File e, Annuaire-Almanach du Commerce ed de l’Industrie, 1859, p. 2397.

[8] Cfr. Decreto del Departamento de Relaciones Esteriores dell’Estado de Buenos Aires, in data 21 ottobre 1859, in Registro Oficial del Estado de Buenos Aires – 1859, Buenos Aires, Imprenta del Mercurio, 1876, pp. 87 e 88.

[9] Cfr. Memoria del Departamento de Relaciones Exsteriores presentada a la Asamblea General Legislativa en el secundo periodo de la octava legislatura por il Ministro Secretario de Estado Don Federico Reyes, Montevideo, 7 aprile 1859, p. 32.

[10] Cfr. Almanach de Gotha. Annuarie Diplomaticque et Statistique pour l’année 1861, Gotha Justus Perthes, 1860, pp. 332 e 413.

[11] Ricordiamo che in quel frangente storico ci risulta “scoperta” la carica di Console sardo a Paranà, così come scoperti sono anche i Consolati di Rosario e Cordova, a differenza di quelli di Corrientes e di Gualeguaychu, coperti rispettivamente a Raffaele Gallino ed Ermanno Gianello. Cfr. Calendario Generale de Regno di Sardegna pel 1860, Torino, Stamperia Unione Tipografico Editrice, 1860, pp. 28 e 29.

[12] Cfr. Almanach de Gotha. Annuarie Diplomaticque et Statistique pour l’année 1861, Gotha Justus Perthes, 1860, pp. 333 e 413.

[13] Cfr. Calendario Generale del Regno d’Italia pel 1862, Torino, Stamperia dell’Unione Tipografico Editrice, 1862, pp. 125, 134 e seguenti.