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Italia-Argentina: l’organizzazione diplomatica negli anni della transizione (1859-1862)

Scopo del presente saggio è quello di ricostruire le vicende concernenti l’organizzazione diplomatica che l’Italia e l’Argentina mantennero reciprocamente in entrambi quelle che potremmo definire “realtà geografiche”, non potendo ancora parlare di Stati unitari come li intendiamo oggi, nel periodo storico che va dal 1859 al 1862, in un contesto storico caratterizzato da tutta una serie di avvenimenti che avrebbero radicalmente modificato le strutture Governativo-Istituzionali sin lì sopravvissute. Il 1859 fu l’anno cruciale nel quale, almeno nella Penisola italiana, ancora frammentata in tanti piccoli Regni, Granducati e Ducati, a seguito della 2^ guerra d’indipendenza, l’allora Regno di Sardegna incominciò ad ingrandirsi territorialmente, annettendosi, a seguito di plebisciti popolari, sia la Lombardia che la Toscana, oltre ai Ducati minori di Parma, Piacenza e Modena. Nell’estesissima area geografica che un tempo rispondeva al titolo di “Provincie Riunite del Rio de la Plata”, operava, invce, la c.d. “Confederación Argentina”, sorta nel 1831, con capitale fissata in quel tempo (1859) in Paranà (Stato di Entre Rìos)  e della quale facevano parte 14 provincie autonome, compresa quella di Buenos Aires, basandosi su trattati interprovinciali[1].

Un’antica mappa dell’Argentina

La storia dell’Argentina ci ricorda, poi, che nel 1852, al termine della dittatura di Juan Manuel de Rosas, deposto a seguito della sconfitta subita nel corso della battaglia di Caseros (3 febbraio 1852), la provincia di Buenos Aires si staccò dalla Confederazione, dando così vita ad uno Stato indipendente, presieduto da Manuel Guillermo Pinto, che praticamente sopravvisse sino al 1861-1862, allorquando furono ormai maturi i tempi per la nascita di una Repubblica unitaria, con capitale Buenos Aires. In Italia, negli allora denominati “Regi Stati Sardi”, sia la Confederazione che lo Stato di Buenos Aires aprirono, via via, nuovi consolati, destinati ad aumentare, come vedremo in avanti, all’indomani della proclamazione del Regno d’Italia (17 marzo 1861), allorquando fu assorbito e, quindi, riconvertito anche l’ex Consolato generale di Napoli presso la ormai deposta Corte delle Due Sicilie. Quelle che seguono sono, dunque, le vicende di quegli anni intensi e straordinariamente irripetibili per la storia di entrambi i popoli.

  1. Le rappresentanza della Confederazione Argentina e dello Stato di Buenos Aires in Italia (Regno di Sardegna, delle Due Sicilie e Stato Vaticano) e degli Stati italiani in Argentina alla data del 1859.

Prima di affrontare il tema del capitolo, ricordiamo che nella Confederazione Argentina la presenza degli italiani, intendendo per tali gli appartenenti alla stirpe italica, piuttosto che ad un Paese indipendente e unitario, visto che la Penisola non lo era ancora, risaliva a data immemorabile, praticamente sin dalla fondazione di Buenos Aires, mentre dal punto di vista degli scambi diplomatici fu solo a partire dal 1835 che l’allora Regno di Sardegna, pur non riconoscendo ancora ufficialmente la Confederazione (ciò avverrà solo il 12 maggio 1838) decise di allacciarvi rapporti diplomatici con quello Stato, rapporti resisi necessari anche per favorire sia gli scambi commerciali che l’emigrazione di non pochi liguri e piemontesi, soprattutto abili commercianti e armatori, attratti sia da quella generosa terra che dalle opportunità mercantili offerte dalla navigazione del Rio de la Plata e dal grande porto di Buenos Aires. Nell’ottobre di quello stesso anno, quindi, re Carlo Alberto, ottenuto l’exequatur da parte del governo della Confederazione, nominò il barone Henry Claude Louis Picolet d’Hermillon[2], di nobile famiglia Savoiarda, console generale presso la Confederazione Argentina, distaccandolo così a Buenos Aires, mentre un vice consolato fu istituito anche a Montevideo, affidato a Gaetano Gavazzo[3]. L’opera che il Picolet d’Hermillon svolse a Buenos Aires dal 1835 al gennaio 1849, allorquando verrà sostituito – dietro pressione del generale Rosas – dal console Antonio Dunoyer, un ricco commerciante Savoiardo trapiantato in Argentina dal 1828, fu davvero incredibile, soprattutto in un contesto storico (attorno al 1845) nel quale, a causa degli attriti internazionali, soprattutto con Francia, Inghilterra e Austria, la Confederazione apparve isolata dall’Europa. Il console Sabaudo fu, quindi, l’unico rappresentante a Buenos Aires degli interessi non solo del Regno di Sardegna, ma anche di quelli riconducibili agli altri Paesi d’Europa.

Carta del Regno d’Italia

L’accresciuto prestigio che ne derivò gli valse, nel maggio del 1846, la promozione ad “Incaricato d’affari” di re Carlo Alberto, ovviamente con l’exequatur del generale Juan Manuel de Rosas, nonostante il diplomatico non gli fosse particolarmente gradito, come ci ha ricordato il Moreno[4]. La Confederazione, dal canto suo, non ritenne, tuttavia, di nominare un proprio console nel Regno di Sardegna, almeno per quel frangente, come ci confermano le varie annate del <<Calendario Generale pé Regi Stati>> dell’allora Regno di Sardegna, nei quali non viene indicata nessuna sede diplomatica o consolare Argentina negli Stati Sardi. Ciò almeno sino al 1847, anno in cui il generale Rosas nominò suo console a Genova Don Vicente Picasso, un affermato armatore e commerciante ligure che da molti anni viveva a Buenos Aires (era nato a Genova nel 1823), con il quale il presidente era in ottimi rapporti. L’organizzazione diplomatica delle due Nazioni mutò sensibilmente a partire dalla primavera del 1852, allorquando, a seguito della sconfitta del generale Rosas, come si è già ricordato in precedenza, la provincia di Buenos Aires si staccò dalla Confederazione, retta dal generale Justo José de Urquiza, dando così vita ad uno Stato indipendente. Mentre il Regno di Sardegna designò il console Marcello Cerruti, già console Sabaudo a Rio de Janeiro, suo nuovo rappresentante per entrambi i Paesi, ma con sede unica a Buenos Aires, la Confederazione continuò ad avvalersi, nel Regno di Sardegna, dei servigi di Don Vicente Picasso. Ciò almeno sino al 1855, come approfondiremo a breve, allorquando la situazione diplomatica fra i due Stati fu modificata anche in relazione all’entrata in vigore di un apposito “Trattato d’amicizia”. Ebbene, nel 1855, come abbiamo recentemente ricostruito nell’ambito di un apposito contributo pubblicato da questo stesso portale, entrò in scena anche il Regno delle Due Sicilie, lo Stato più esteso e ricco fra quelli che componevano, allora, quella che il conte di Metternich, durante il noto “Congresso di Vienna”, aveva vergognosamente definito semplicemente come una “espressione geografica”, vale a dire la nostra amata Penisola italiana, il quale, ottenuti dai Governi dei due Stati Argentini la preventiva autorizzazione, con Decreto reale n. 2345, firmato ad Ischia da Re Ferdinando II in data 14 di luglio, aprì un consolato di 3^ classe sia presso la Confederazione che presso lo Stato di Buenos Aires, designandone console generale il nobile Don Pedro De Angelis, uno straordinario uomo di cultura e storico di prim’ordine nato a Napoli nel 1784, al quale l’Argentina deve molto. Il De Angelis, morto nel 1859, verrà sostituito da Antonio Llambi, il quale rimase in carica sino all’ottobre del 1860. Gli interessi della Confederazione presso il Reame delle Due Sicilie furono, invece, affidati all’imprenditore napoletano Valerio Falcon, già console generale del Messico e della Nuova Granada, che lo manterrà anch’egli sino all’epilogo della Corte Napoletana.

Buenos Aires, Palazzo del Congresso

Tornando ai rapporti diplomatici fra l’Argentina e il Regno di Sardegna, ricordiamo che il 21 settembre dello stesso 1855 fu firmato a Paranà, allora ritenuta ancora “Capitale provvisoria”, un importante accordo, passato alla storia come “Trattato d’amicizia, di navigazione e di commercio fra la Sardegna e la Confederazione Argentina”, i cui contenuti sono abbastanza comprensibili già dalla lettura del titolo. A sottoscriverlo, per una validità preventivata in 12 anni, furono il console generale dei Regi Stati Sardi, Marcello Cerruti e il ministro delle Relazioni Estere, vice presidente della stessa Confederazione, dott. Juan Maria Gutiérrez. In relazione a ciò, il governo della Confederazione designò il suo nuovo “Incaricato d’Affari” alla Corte di Torino, nella persona del dott. Delfin B. Huergo[5], il quale giunse in Italia ai primi del 1856, mentre quello Sardo si apprestò ad aprire in Argentina i nuovi consolati di Corrientes e di Gualeguaychù, affidati rispettivamente ai consoli Raffaele Gallino e Manuel Gianello.

Per lo Stato di Buenos Aires, invece, la svolta diplomatica si perfezionò solo nel 1857, allorquando si nominarono consoli generali in Italia, don Bartolomeo Viale a Genova e don José Castellani a Savona, per il Regno di Sardegna, nonché C. Domeniconi lo fu per lo Stato Pontificio[6]. Fu solo nel corso del 1859 che lo Stato di Buenos Aires si decise a nominare un proprio console generale anche presso il Regno delle Due Sicilie, designando a tale ruolo Don Francesco Castellano, già console generale della Grecia e titolare di una fra le più importanti Agenzie Marittime, come abbiamo già ampiamente ricordato nel saggio dedicato ai rapporti diplomatici tra l’Argentina e il Regno delle Due Sicilie. Ma il 1859 – lo abbiamo già detto – fu l’anno in cui si sarebbe registrato una sorta di “parallelismo” politico fra i due Paesi oggetto della nostra ricerca, in quanto: <<…sia l’Argentina sia l’Italia avrebbero iniziato con decisione la conquista della propria unità>>[7]. Mentre nel Nord Italia si svolgeva lo scontro armato fra il Regno di Sardegna e l’Austria (2^ guerra d’indipendenza), in Argentina il generale Urquiza mosse guerra allo Stato di Buenos Aires, sconfiggendo le truppe del generale Bartolomeo Mitre a Cepeda (11 novembre 1859). A quel punto il governo federale stipulò con i perdenti un patto (“Pacto de Unión”, firmato a San José de Flores), il quale avrebbe portato al rientro di Buenos Aires nella stessa Confederazione, e, quindi, alla rinuncia da parte di quest’ultima a disporre di proprie relazioni estere. In verità, la “tregua” durò veramente poco, tant’è vero che ben presto la riottosa Buenos Aires “riprese le armi” contro Urquiza, peraltro mantenendo in asse le sue rappresentanze diplomatiche nel mondo.

  1. L’organizzazione diplomatica bilaterale, in Italia e in Argentina, al compimento dell’unità d’Italia (1860 – 1861).
Il console Marcello Berruti

Ebbene, mentre nella Penisola italiana, oltre alla già citate annessioni degli Stati italiani della Lombardia, Toscana, Parma, Piacenza e Modena, il Regno di Sardegna si preparava allo “scontro finale” con il Regno delle Due Sicilie, dando vita alla celebre “Spedizione dei Mille” (5 maggio 1860), in Argentina la situazione non era certo delle migliori. In quello stesso anno tanto importante per i destini dell’Italia, l’organizzazione diplomatica italiana in Argentina risulta ancora divisa fra Confederazione e Stato di Buenos Aires, segno evidente che quest’ultimo non aveva decisamente accolto l’idea di rispettare il patto di San José de Flores. Mentre il consolato di Paranà risulta scoperto nell’incarico, come lo sono anche quelli di Rosario e Cordoba, nel frattempo istituiti fra il 1858 e il 1859, sono ancora in carica i consoli Raffaele Gallino a Corrientes e Manuel Gianello a Gualeguaychù. Presso lo Stato di Buenos Aires troviamo ancora il commendatore Marcello Cerruti, console generale di 2^ classe, coadiuvato dal figlio Giovan Battista, vice console di 1^ classe. Nel corso del 1861 viene, invece, nominato Incaricato d’affari, con sede in Paranà, il Conte Raffaele Ulisse Barbolani, già Incaricato d’affari del Regno delle Due Sicilie a Rio de Janeiro. In Italia, contemporaneamente, la Confederazione Argentina risulta rappresentata da Vincenzo e Francesco Gianello, rispettivamente console e vice console a Genova (in dicembre verranno sostituiti dal patriota Giovanni Battista Cuneo) e da Giovanni Solari, vice console a Lavagna. A Roma, presso lo Stato Pontificio, la Confederazione risulta rappresentata da Juan del Campillo, a ciò designato il 1° febbraio 1859, collaborato da un “agente politico” nella persona di Salvatore Ximens (o Ximenes)[8].

Il Gen. Pinto

A Napoli, infine, vi è ancora il console generale Valerio Falcon, il quale manterrà l’incarico anche successivamente, sia durante la Dittatura Garibaldina che dopo l’annessione del Meridione al Regno d’Italia. Lo Stato di Buenos Aires era presente a Chiavari, con il console Stefano Sanguinetti; a Genova, con Bartolomeo e Luigi Viale, rispettivamente console generale e vice console; a Savona, con il console Giuseppe Castellani e il vice console Giuseppe Ceppi ed infine a Savona, con il vice console Gaetano Questa[9]. Una leggera modifica si registrò poi nel 1861, allorquando si assistette ad una sorta di “rimaneggiamento” del quadro organico delle ambascerie Argentine nel Regno d’Italia, quest’ultimo – lo ricordiamo nuovamente – sorto il 17 marzo di quel fatidico anno. Mentre il Corpo diplomatico della Confederazione fu contemplato nelle città di Chiavari, con il vice console Andrea Borzone, di Finale Emilia, con il vice console Giuseppe Galluzzi, di Genova (dapprima con il console Giovanni Battista Cuneo e in seguito dai consoli Vicente Gianello e nuovamente Vicente Picasso), di Lavagna, con il vice console Giovanni Solari, di Napoli, con il console Valerio Falcon, di Palermo con il console Salvatore Pace e di Portofino, con il vice console Quinto Ferraro, assistito dal vice console Giacomo Gimelli, quello dello Stato di Buenos Aires fu presente a Genova, con il console generale, avv. Bartolomeo Viale, a Chiavari, con il console Sanguinetti, a Lavagna, con il vice console Giovanbattista Repetto e a Spezia, con il vice console Gaetano Questa[10]. Nessun ambasciatore Argentino risulta, invece, presente nella Roma papalina, almeno in quei primi mesi post unitari[11].

  1. L’organizzazione diplomatica bilaterale, in Italia e in Argentina, alla proclamazione di quella Repubblica (1862).
Il Presidente Argentino Bartolomeo Mitre

Fu nel corso del 1861 che il generale Bartolomeo Mitre, capo di tutte le forze unitarie, decise un nuovo ricorso alle armi onde ribadire nuovamente la leadership di Buenos Aires sulla Confederazione, solo recentemente ribattezzata “Repubblica”, presieduta nel frattempo, dal 5 marzo ’60 da Santiago Derqui, il quale cercò disperatamente di ricomporre l’ennesima frattura. In realtà, anche il riottoso generale Urquiza, che aveva ceduto la Presidenza per scadenza del mandato, si stava muovendo contro la città, deciso ormai a tutto pur di affermare la supremazia dei “federales” sugli “unitarios”.

La vittoria riscontrata dal Mitre sui campi di battagli detti “del Pavon”, il 17 settembre ’61, oltre a decretare il ritiro dalla scena politica del generale Urquiza, ma anche le dimissioni dello stesso presidente   Derqui (5 novembre 1861), fu veramente decisa per la sorti della stessa Confederazione, avendo, infatti, dato inizio a quel processo di costituzione di un moderno stato Argentino, sotto la guida liberale di Buenos Aires. Il generale Mitre fu così eletto, da parte dell’Assemblea dei rappresentanti delle varie provincie, nuovo presidente della Repubblica Argentina, rimanendo in carica per i futuri 6 anni, a partire dal 12 ottobre del 1862. A lui fu affidato il compito di porre le basi per la definitiva costituzione federale, mentre la città di Buenos Aires fu dichiarata sede del governo centrale per il successivo quinquennio, nonché gli fu riconosciuta piena autonomia ed una serie di particolari diritti. Sul fronte diplomatico ricordiamo che già nel settembre dell’anno seguente, esattamente il giorno 25, il ministro delle Relazioni Esterne della Repubblica, Nicanor Molina, aveva indirizzato al suo omologo italiano la decisione di riconoscere ufficialmente il Regno d’Italia, confermando, di conseguenza, l’organizzazione consolare sin lì operante. Mentre Giovanni Battista Cerruti, che inizialmente aveva ottenuto l’exequatur quale unico incaricato d’affari italiano per tutto il territorio della Repubblica, si vide revocare il mandato, la rappresentanza diplomatica del Regno d’Italia fu nuovamente rivisitata, nominando console generale a Buenos Aires il conte Bartolomeo De la Ville, assistito dal vice console Domenico Freddi, nonché previste sedi consolati a Paranà, Cordoba, Corrientes, Gualeguaychù, Gualeguay e Rosario[12].

In Italia, ove fu riconfermata la validità del “Trattato d’amicizia…” stilato nel 1855, l’Argentina mantenne, invece, in asse l’organizzazione del 1861, che verrà poi rivista di lì a qualche anno, tanto che già nel 1865, allorquando fu dato alle stampe il primo “Annuario Diplomatico del Regno d’Italia”, troviamo presenti nella Penisola i consolati Argentini di Carrara, Chiavari, Finalmarina, Genova, Girgenti, Lavagna, Livorno, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Portofino, Savona, Torino e Trapani[13], segno evidente della nuova politica varata dall’illuminato presidente Mitre, in chiave d’apertura verso il nostro Paese, che proprio in quegli anni avrebbe acconsentito, spinto dalla grave situazione economica che lo stava attanagliando, all’emigrazione di massa di migliaia e migliaia di persone, che purtroppo furono costrette a lasciare le proprie case e i propri affetti onde indirizzarsi alla volta del Rio de la Plata.

Ten. Col. Gerardo Severino
Direttore Museo Storico della Guardia di Finanza

[1] Le altre provincie erano Santa Fe, Entre Rìos Corrientes, Tucumàn, Salta, Jujiu, Santiago del Estero, Catamarca, Cordoba, La Rioja, San Juan, San Luis e Mendoza.

[2] Nato a Tarbes l’11 giugno del 1797, il barone Picolet d’Hermillon era stato ufficiale, Sottotenente, del 2° Reggimento di Fanteria Savoia, prima di abbracciare la carriera diplomatica. Dopo la lunga esperienza in Argentina, fu Console Generale in Brasile, dall’11 gennaio 1849, poi trasferito in Spagna, a Madrid, ove si sarebbe spento il 3 settembre del 1864. Coniugato con la N.D. Joséphine Julie de Souville era padre di Jules, nato nel 1828.

[3] Sull’argomento vgs. l’ottimo saggio di Isidoro J. Ruiz MORENO, Inizio delle relazioni tra Italia e Argentina, in <<Euroamericani. La popolazione di origine italiana in Argentina>>, Torino, Fondazione Giovanni Agnelli, 1987, pp. 1/12.

[4] Cfr. I. MORENO, op. cit., pp. 3 e 4.

[5] Cfr. Ministero dell’Interno, Calendario Generale del Regno pel 1857, Torino, Stamperia dell’Unione Tipografico-Editrice, 1856, pag. 26.

[6] Cfr. Agents de l’État de Buenos-Ayres a l’étranger, in M. BALCARCE, <<Buenos-Ayres sa situation présente se lois liberales, sa population immigrante ses progres commerciaux et industriels>>, Paris, Imprimerie D’Ad Blondeau, 1857, p. 54.

[7] Cfr. I. RUIZ MORENO, op. cit., p. 10.

[8] Cfr. Almanach de Gotha. Annuaire Diplomatiche ed Statistique pour l’année 1860, Ghota Justus Perthes, 1860, p. 653.

[9] Cfr. Ministero dell’Interno, Calendario Generale del Regno pel 1860, Torino, Stamperia dell’Unione Tipografico-Editrice, 1860, pp. 28 e SS.

[10] Cfr. Almanach de Gotha. Annuaire Diplomatiche ed Statistique pour l’année 1861, Ghota Justus Perthes, 1861, p. 777.

[11] Ivi, pag. 676.

[12] Cfr. Ministero dell’Interno, Calendario Generale del Regno d’Italia – 1862, Torino, Stamperia dell’Unione Tipografico-Editrice, 1862, p. 122 e SS.

[13] Cfr. Ministero per gli Affari Esteri, Annuario Diplomatico del Regno d’Italia per l’anno 1865, Torino, Tipografia G. B. Paravia e Comp. 1865, p. 184 e SS.