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Il 27 aprile 1937 muore in carcere Antonio Gramsci

Il 27 aprile 1937 muore in carcere, dopo undici anni di prigionia, Antonio Gramsci, uomo politico, uno dei fondatori del Partito Comunista italiano.   Era nato ad Ales, in (Cagliari), in Sardegna, il 22 gennaio 1891. (guarda il video di RaiStoria) Quarto dei sette figli di Francesco Gramsci e Giuseppina Marcias nel 1894 la famiglia si trasferisce a Sòrgono (Nuoro). Per due anni viene mandato, insieme alle sorelle, in un asilo di suore. A gennaio del 1891, adolescente, dopo una caduta, inizia il suo calvario per la menomazione fisica che lo accompagnerà per tutta la vita con la schiena sempre più curva. Gli studi, iniziati a Santu Lussurgiu e proseguiti a Cagliari, lo conducono alla licenza liceale. Conseguita la licenza liceale, nel 1911 vince una borsa di studio e si iscrive all’università di Torino, Facoltà di Lettere e Filosofia. Si trasferisce a Torino.

Gramsci vive i suoi anni universitari in una Torino industrializzata, dove sono già sviluppate le industrie della Fiat e della Lancia, che hanno eliminato le concorrenti più deboli. Il forte sviluppo industriale ha conferito un aspetto nuovo alla città, che intorno al 1909 ospita circa 60.000 immigrati, che lavorano nelle fabbriche. Data l’alta concentrazione operaia e il ruolo avanzato dell’industria torinese, la organizzazione sindacale costituisce, nella città, una presenza attiva e dinamica, sostenuta da un’ampia mobilitazione dal basso. Sono le iniziative di lotta nelle fabbriche che portano alla costituzione delle prime commissioni interne e alla elezione di delegati di fabbrica, che siedono, durante le vertenze, al tavolo delle trattative con i rappresentanti padronali. È in questo periodo di forti agitazioni sociali che lo studente Gramsci vive i suoi anni universitari e matura la sua ideologia socialista. Studia i processi produttivi, la tecnologia e l’organizzazione interna delle fabbriche e si impegna per far acquisire agli operai “la coscienza e l’orgoglio di produttori”.

A Torino frequenta anche gli ambienti degli immigrati sardi; l’interesse per la sua terra sarà sempre vivo in lui, sia nelle riflessioni di carattere generale sul problema meridionale, sulle sue abitudini, sul linguaggio, sui luoghi e sulle persone dell’infanzia; temi ricorrenti anche negli anni della maturità. (leggi di più su www.antoniogramsci.com).

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Ha diversi interessi culturali, legge moltissimo, ed è anche portato per le scienze esatte. Nel 1911 vince una borsa di studio alla facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Torino. Nella città già industrializzata percorsa da varie agitazioni sociali, sviluppa la sua ideologia socialista. Aveva aderito al Partito socialista ma nel Congresso di Livorno (1921) le divergenze tra le varie correnti, lo portano a staccarsi dai socialisti e a fondare con altri compagni il Partito Comunista Italiano e ne diviene membro del Comitato centrale. Dopo qualche anno si reca in Russia per una riunione dell’internazionale socialista. Lì conosce una giovane violinista Giulia Schuchut che sposa nel 1923 e dalla quale avrà due figli.

Antonio Gramsci, tra i fondatori del partito comunista italiano, l’8 novembre 1926 è arrestato dalla polizia fascista. L’accusa rivoltagli è di voler sovvertire violentemente gli ordini dello stato. Condannato a vent’anni di reclusione, in cella scrive I Quaderni dal carcere, uno sviluppo originale ed approfondito della filosofia marxista. L’aggravarsi delle sue condizioni di salute porta prima al suo ricovero in clinica, e poi alla libertà condizionale. (guarda il video su RaiStoria). Nonostante l’immunità parlamentare fu confinato prima a Ustica e poi nel carcere di Civitavecchia. Le cure mediche sono inadeguate e la sua malattia peggiora. Scrive trentadue quaderni di studi filosofici e politici universalmente conosciuti come “quaderni dal carcere” pubblicati da Einaudi nel dopoguerra. Da ricordare anche un libro di favole scritto per i suoi bambini con il titolo “L’albero del riccio”. Antonio Gramsci fu anche un grande giornalista. Prima del carcere tenne una rubrica sull’Avanti intitolata “Sotto la mole” e una regolare rubrica teatrale. Quegli scritti, che sono un esempio di scrittura e di brevità – e che Gramsci, come ogni buon giornalista, avrebbe voluto destinare al cestino dopo la pubblicazione -, sono stati raccolti da Einaudi nelle “Cronache torinesi” (con, in appendice, le cronache teatrali). I temi del giornalismo trovarono spazio anche negli anni della persecuzione fascista.

Nei Quaderni del carcere, scritti tra il 1929 e il 1935, Gramsci se ne occupò più volte. Le questioni o, come le chiamava Gramsci, le “quistioni” risentono ovviamente delle generali condizioni in cui versava l’editoria dell’epoca (condizioni anche liberticide e drammatiche, con la censura) e, spesso, si tingono di ideologia e di pedagogia politica. Ma non sono affatto “datate”, conservano anzi una sorprendente attualità. (leggi nel sito del Centro di Formazione del Giornalismo radio-televisivo) Gramsci, per esempio, demitizza la “praticaccia” e insiste sulla necessità di insegnare il “mestiere” nelle scuole di giornalismo, anche istituendole nelle stesse redazioni e aprendole a quella che allora, come oggi, veniva denominata “società civile”. Gramsci fissa anche il principio della competenza: un capocronista, dice, dovrebbe essere in grado di amministrare una città, come un corrispondente dall’estero, a differenza dell’inviato o (come lo chiama Gramsci) del “corrispondente viaggiante”, dovrebbe conoscere il paese che lo ospita al punto da poterne scriverne subito un libro.

Antonio Gramsci su Wikipedia

La Casa Museo “Antonio Gramsci” (vai nel sito)