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Don Pedro Alessandri Tarzi: l’emigrante pisano che divenne console in Cile

Nella nostra “sonnecchiante Penisola” quella degli Alessandri – peraltro un cognome molto diffuso – è una delle tante famiglie, un cognome che certamente non dice nulla, almeno a chi non si occupi o interessi di storia. In Cile, invece, il  cognome Alessandri riporta alla mente alcuni fra i più importanti uomini politici, imprenditori, uomini di cultura, medici e abili professionisti che hanno caratterizzato la storia contemporanea di questo grande Paese del Sud America. Si pensi che fra questi, ben due Alessandri sono stati Presidenti della Repubblica, volendo ricordare Arturo Fortunato Alessandri Palma e suo figlio, Jorge Alessandri Rodríguez. La vicenda degli Alessandri rappresenta di conseguenza una delle più interessanti fra le storie dell’emigrazione italiana nel mondo, una storia che ebbe origine a Pisa nel lontano 1821, anno in cui un giovane, Pietro Alessandri, molto probabilmente uno dei tanti patrioti compromessosi con i moti insurrezionali scoppiati in quel contesto a Torino, ove viveva, decise di lasciare l’Italia alla volta del Rio della Plata.

Da Pisa a Buenos Aires (1793 – 1821).

 Molti storici hanno spesso riportato la notizia secondo la quale Pietro Alessandri si fosse recato in Cile (nella Penisola italiana definito allora Chili) già nel 1821, assumendo addirittura già allora il prestigioso incarico di Console Generale del Re di Sardegna in quel di Valparaiso. Vedremo presto che in effetti non fu proprio così, in quanto il percorso da emigrante che il nostro uomo visse in Sudamerica fu alquanto diverso e più difficile di quanto si possa immaginare. Ma procediamo per ordine. Ebbene Pietro Alessandri nacque a Garbi, una località nei pressi di Pisa il 10 maggio del 1793, figlio di Francesco Maria Domenico Alessandri e di Maria Teresa Gertrude Tarzi, membri di una famiglia benestante Pisana, molto probabilmente di origini Piemontesi, secondo alcuni storici[1], rivestita anche di un certo grado di nobiltà, secondo altri[2]. L’agiatezza economica della famiglia consentì al giovane Pietro di poter seguire appositi studi nell’ambito dell’arte, che egli aveva sempre prediletto rispetto ad altre attività professionali (pittura e scultura, in  particolare), e ciò nonostante il fatto che i genitori ne volessero fare un uomo di Chiesa. Di carattere ribelle, Pietro Alessandri si dimostrò sempre insofferente nei riguardi della disciplina e, quindi, contrario a tutte le imposizioni. Al di là della nostra supposizione riguardo a presunte motivazioni politiche, nel 1821, all’età di 27 anni, Pietro decise di cambiar vita e, quindi, di seguire i tanti esuli italiani che, dopo i noti “Moti del ‘21” erano stati costretti a raggiungere le Americhe, dovendo sfuggire alla cattura e a pesanti condanne, che per alcuni prevedevano persino la pena di morte. Nel corso del 1821, dunque, troviamo il nostro Alessandri a Buenos Aires, allora ricca Capitale delle “Provincie Unite del Rio de la Plata”, ma anche considerevole Colonia di emigranti e esuli italiani. Risalirebbero a quei primi anni ’20 i tentativi del ribattezzato Pedro Alessandri di fare fortuna in Argentina come artista, operazione che fallì miseramente pur mantenendo salda nell’uomo la grande passione per l’arte e la cultura, come ricorderemo in avanti. E fu proprio in quei primi momenti Sudamericani che l’emigrante Pisano ebbe la fortuna d’incontrare – sembrerebbe proprio a Buenos Aires – Bernardo O’Higgins, il celebre Director Supremo della Repubblica e Comandante dell’Ejército de Chile[3].

L’avventura Cilena (1821 – 1857)

Secondo alcune fonti sarebbe stato proprio l’ O’Higgins ad invitare Pedro Alessandri a Valparaiso, offrendogli di dirigere una scuola di disegno e modellismo, che, tuttavia, le successive vicissitudini politiche non gli permisero di assumere, ricordando, infatti, che il 28 gennaio 1823 lo stesso Bernardo O’Higgins fu costretto a dimettersi, recandosi in esilio in Perù, ove avrebbe continuato a combattere assieme all’altrettanto grande Statista di quei tempi, il noto Simón Bolivar. Ritornato a vivere in Argentina, Pedro Alessandri si diede all’imprenditoria e al commercio, settore nel quale era evidentemente più portato rispetto ad altri mestieri. Pietro Alessandri avrebbe fatto definitivamente ritorno a Valparaiso nel 1826, dopo aver percorso a piedi la strada di Los Andes[4].

Valparaiso 1857

Nel corso dello stesso anno egli si rendeva già famoso in città per via del fatto che era stato capace di fare installare i primi bagni pubblici nella Capitale, dietro la collina di Santa Lucia. Di lì a poco l’emigrante italiano si diede definitivamente al commercio marittimo, in virtù del quale divenne armatore del brigantino “Levante”. In seguito acquistò la goletta “La Terribile”, poi la celebre “Resolution”, acquistata nel 1829 e, infine, del brigantino “Napoleon”, con il quale completò la sua considerevole flotta mercantile. A partire dallo stesso 1829, l’Alessandri varò anche una lucrosa importazione di aragoste con le isole Juan Fernàndez, antesignana della futura attività di commercio del pesce, che coinvolse l’intero Paese. Non solo, ma le sue navi, partendo dal porto di Talcahuano, solcarono gli Oceani per trasportare in Europa frumento, legname e pellame e persino metalli preziosi. Uno dei settori più redditizi al quale la “Flotta Alessandri” si sarebbe dedicata in quegli anni fu il traffico di perle con la Polinesia, un’attività redditizia che avrebbe consentito all’Armatore Pisano di conquistare il famelico mercato europeo. Verso la fine degli anni ’30 dell’Ottocento, Don Pedro Alessandri si presentava come uno dei più affermati uomini d’affari di Valparaiso. La sua flotta trasportava merci dal Cile agli altri porti del Pacifico, quindi, in America Centrale, così come affrontava quotidianamente le rotte dell’America del Nord e della citata Europa. Con lo scoppio della guerra che, dal luglio 1838, contrappose il Cile alla Confederazione Perù-Boliviana (conflitto che terminò nel gennaio 1839, con la piena vittoria delle armi cilene), l’Alessandri mise a disposizione del Governo le proprie navi, indispensabili per il trasporto marittimo delle truppe. Ben presto i suoi interessi spaziarono anche in altri settori. Nello stesso 1839, tanto per citare un esempio, costruì le prime cantine della città di Valparaiso, nel burrone di Almendral, cantine che poi però preferì vendere. Imprenditore a 360 gradi, Don Pedro seguiva di persona i propri affari, tant’è vero che in quello stresso periodo storico (1839-1840) fece un viaggio in Francia, volendo allargare i propri interessi commerciali anche nel settore dei tessuti, tanto da diventare in seguito uno dei principali importatori di abiti e tessuti pregiati confezionati a Parigi. Naturalizzato cittadino del Cile nel corso del 1842, ottenendo l’aggiunta del cognome materno (Tarzi), fu proprio in quell’anno che fondò la celebre “Compañía de Vapores Chilenos”, specializzata nel trasporto via mare dei cereali.

Il Teatro Vittoria distrutto dal terremoto del 1906

Da Valparaiso, la “Flotta Alessandri” mosse, quindi, verso l’Australia, le Haway, la Polinesia, il Messico, la California, ma anche in direzione della vecchia Europa, il cui porto principale fu quello di Genova, la principale città marittima dell’allora Regno di Sardegna. Non solo, ma ben presto si sarebbe interessato anche di miniere, tanto che il 14 febbraio del 1843, assieme a tale Zeñon Uristondo fondò la “Sociedad Mineralógica de Tocopilla”. Uomo dotato di notevole ingegno, Pietro Alessandri seppe sfruttare le variegate situazioni economiche e politiche che visse il Cile nei primi decenni della sua Indipendenza. Godendo di non pochi appoggi politici, l’Imprenditore italiano, oltre al grande commercio verso l’America del Nord, s’aggiudicò anche il servizio misto di posta e passeggeri tra Cile e Perù. Sul finire degli anni ’40, con l’inizio di quell’epopea nota come “corsa all’oro”, le navi dell’Alessandri drizzarono le loro prore verso la California. La sua flotta fu, quindi, adibita sia al trasporto dei rifornimenti destinati alle migliaia di avventurieri giunti in America in cerca del prezioso metallo, sia allo sbarco di nuovi avventurieri. Che dire, poi, dei suoi legami con il mondo della cultura? Ne è una prova certa la fondazione del “Victoria Theatre”, nella stessa Valparaiso, inaugurato il 16 dicembre 1844 e per la cui prima fu offerta l’opera “Romeo e Giulietta”[5].

Pisa in una stampa dei primi dell’Ottocento

Di tale importantissima iniziativa se ne diede conto anche in Italia, grazie ad un’allora celebre rivista teatrale che si pubblicava a Bologna. Ebbene, in una corrispondenza che il 13 febbraio del 1845 spedì a Bologna, da Valparaiso, Raffaele Pantanelli, fondatore dell’allora celebre Compagnia Lirica “Havana Company”, che in quel frangente si trovava in tournee in America Latina, nel ricordare l’evento della prima teatrale che lo aveva visto protagonista, ebbe parole altamente elogiative per l’Alessandri, ricordando come egli avesse aperto il teatro esclusivamente a proprie spese, peraltro facendo venire dall’Italia anche alcuni celebri decoratori, quali il pittore Raffaello Giorgi[6]. Il celebre teatro verrà poi distrutto nel 1906, a causa del terribile terremoto che sconvolse letteralmente tutto il Cile. Don Pedro Alessandro Tarzi fu un mecenate anche per la locale Comunità Italiana, tanto che nel 1856 – epoca nella quale era già autorevole Console Generale del Regno di Sardegna – avrebbe partecipato alla fondazione del primo Ente degli Italiani in quel porto, una benemerita iniziativa proposta dal Dottor Vicente Olivieri e dal commerciante Pedro Sepp che ebbe il nome di “Beneficenza Italiana”. Torniamo al 1851 ed esattamente alla data del 4 di aprile, allorquando Don Pedro Alessandri Tarzi assunse, per volere di Re Vittorio Emanuele II, l’importantissimo incarico di Console Generale del Regno di Sardegna nel Chili, con sede nella stessa Valparaiso (che ricordiamo era già allora sede di importanti Apparati istituzionali della Nazione Cilena)[7]. Don Pedro avrebbe svolto il lavoro che sino a qualche mese prima era stato portato magistralmente avanti dal Conte Augusto Piccolet d’Hermillon, che lo ricopriva da molto tempo[8]. La sua grande competenza negli affari del commercio, ma anche il sapersi districare nella politica Cilena gli permisero di esercitare tale incarico con grande professionalità e, quindi, dimestichezza. L’intensificarsi dei rapporti diplomatici e commerciali con il Regno di Sardegna portò ben presto benefici ad entrambi i Paesi, tanto che l’aumento degli affari tra i sudditi dei due Stati divenne un fatto tangibile e ciò nonostante il fatto che gli italiani costituissero, ancora in quel contesto storico, il più piccolo gruppo di europei in Cile. Nella metà degli anni ’50 si fece tuttavia sentire il suo già precario stato di salute, tanto è vero che nel corso del 1854-1855 Don Pedro fu persino costretto ad affidare parte dei suoi incarichi Diplomatici al proprio Cancelliere, il Cav. Francesco Alfonso Cinelli. I suoi malanni non lo sottrassero, tuttavia, dai doveri nei riguardi del lontanissimo Regno di Sardegna. Si deve, infatti, proprio ai buoni uffici di Don Pedro la realizzazione e la conseguente firma, avvenuta a Santiago il 28 giugno 1856, del “Trattato di Amicizia, di Commercio e di Navigazione tra il Regno di Sardegna e la Repubblica del Chili”, sottoscritto assieme a Don Manuel Antonio Tocornal, in quel frangente storico delegato dal Presidente Cileno[9]. Il “Trattato…”, documento davvero importantissimo che avrebbe portato a entrambi i Paesi grandi vantaggi, soprattutto economici, fu mantenuto in validità anche dopo il marzo 1861, allorquando fu proclamato il Regno d’Italia. Nello stesso 1857 – ci pare utile ricordarlo – l’organizzazione Diplomatica Sarda in terra Cilena era costituita, oltre che dal Consolato Generale a Valparaiso, anche dal Consolato di Coquinbo, località ove molto forte era la presenza di emigranti italiani, retto dal Console Filippo Eduardo Barnes[10]. Don Pedro Alessandri Tarzi si spense a Valparaiso il 31 marzo del 1857, all’età di .64 anni. La notizia della sua morte lasciò un vuoto incolmabile nella nutrita comunità italiana del Cile e varcò l’Oceano, colpendo enormemente anche l’Italia, sua Patria d’origine. Da un celebre quotidiano dell’epoca apprendiamo, infatti, che tale circostanza aveva sparso in Valparaiso un <<lutto generale nella popolazione italiana>>, oltre a documentare i particolari delle solenni esequie, le quali furono celebrate dal Vescovo Mons. Poutaer (?)  nella stessa Cattedrale della città Cilena. Accompagnarono il feretro, avvolto nelle bandiere del Regno di Sardegna e di quella dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, le varie Autorità civili e militari, così come l’intero Corpo Diplomatico stanziato a Valparaiso, tranne il Console Austriaco, il quale non <<assistette per ragioni politiche>>[11]. La sua poltrona presso il Consolato sarebbe stata poi occupata dal Console Generale Don Nicola Romanelli, che l’avrebbe retta almeno sino al 1860[12]. Terminiamo questa affascinante storia ricordando che, sul fronte della vita privata, Don Pedro era sposato con Carmen Vargas Baquedano, di nobilissima famiglia Cilena, dalla quale aveva avuto tre figli, Elcira, Pedro e Aurora. Dal figlio Pedro sarebbe nato Arturo Fortunato Palma, che alcuni anni dopo, come s’è ricordato in premessa, assurse al massimo gradino della Repubblica del Cile, vanto evidentemente non solo della Famiglia Alessandri ma anche della stessa Italia, dalla cui terra s’era spinto, nel 1821, uno dei tantissimi emigrati sul quale nessuno, almeno allora, avrebbe scommesso un centesimo…Eppure!

Dott. Gerardo Severino
Storico Militare

 

[1] Cfr. Gerardo Severino, Marinai italiani al servizio del Cile, in <<Italia Estera>>, 1° aprile 2008.

[2] Cfr. Maria Rosaria Stabili, Il sentimento aristocratico: élites cilene allo specchio (1860-1960), Galatina, Edizioni Congedo, 1996, p. 356.

[3] Il Generale O’Higgins aveva proclamato solennemente l’indipendenza della Repubblica del Cile appena il 12 gennaio del 1818.

[4] Cfr. Alessandro Trojani, L’oro di Garibaldi: la spedizione dei Mille nel contesto internazionale, Edizione Lulu Press, 2008, p. 33.

[5] Cfr. José Zapiola, Recuerdos de treinta años (1810 – 1849), Santiago de Chile, Imprenta de El Independiente, 1872, p.77.

[6] Cfr. lettera in data 13 febbraio 1846 a firma di Raffaele Pantanelli indirizzata a Gateano Fiori, proprietario della testata, in <<Teatri, Arti e Letteratura>>,  n. 1130 del 2 ottobre 1845, p. 40.

[7] Cfr. “Consoli di S.M. il Re all’Estero”, in <<Calendario Generale del Regno pel 1851>>, Torino, Tip. Scuole degli Artisti A. Pons e C., 1851, p. 34.

[8] Cfr. “Consoli di S.M. il Re all’Estero”, in <<Calendario Generale del Regno pel 1850”, Torino, Tip. Scuole degli Artisti A. Pons e C., 1850, p. 36.

[9] Cfr. Atti del Governo di S. M. il Re di Sardegna – Anno 1857, Torino, Stamperia Reale, 1857, p. 299 e ss.

[10] Cfr. “Consolati di S. M. all’Estero”, in <<Calendario Generale del Regno pel 1857>>, Torino, Stamperia dell’Unione Tipografico Editrice, 1857, p. 28.

[11] Cfr. voce “Notizie”, in <<Gazzetta del Popolo>>, n. 172, mercoledì 22 luglio 1857, p. 4.

[12] Cfr. “Consolati di S. M. all’Estero”, in <<Calendario Generale del Regno pel 1860>>, Torino, Stamperia dell’Unione Tipografico Editrice, 1860, p. 29.