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De Angelis, il console napoletano con l’amore per l’Argentina

Avevamo preannunciato, in un precedente saggio dedicato ai rapporti diplomatici intercorsi fra l’Argentina e il Regno delle Due Sicilie (1855 – 1860), l’idea di dedicare a Don Pietro De Angelis, Console napoletano a Buenos Aires, un modesto approfondimento, grazie al quale poter mettere in luce, oltre alla sua ricca biografia, che ne possa documentare la vita di accademico, letterato, scrittore e, soprattutto, di storico, il particolare legame che lo avrebbe unito, sino alla morte, al grande paese dell’America del Sud. Abbiamo mantenuto la promessa, cercando di evidenziare i passi salienti che caratterizzarono il suo amore per l’Argentina, paese che non sempre ha riconosciuto al De Angelis il merito di essere stato uno dei suoi più importanti storici, come cercheremo, invece, di documentare nelle pagine che seguono. Come giustamente ricordò lo storico Emilio Zuccarini: «Pietro De Angelis è considerato giustamente come il Muratori della storia argentina e questo titolo nessuno lo cancellerà, sebbene certe anime tenerelle affettino di apprezzare poco l’opera di lui, mentre finora nessuno ha fatto per la storia di questo giovine popolo, quello che l’erudito scrittore italiano, con pazienza e costanza, menò a capo, raccogliendo documenti, annotandoli, commentandoli, premettendo notizie biografiche e bibliografiche a ciascun documento, storia, monografia, dando prova di una cultura e di una erudizione che ancora oggi qualche suo detrattore gli deve invidiare»[1].

  1. Da Napoli al Rio de la Plata (1784 – 1827).
Il console Pedro De Angelis

Pietro De Angelis nacque a Napoli il 20 giugno 1784, figlio dello storiografo Francesco, appartenente – almeno secondo alcune fonti – ad una nobile famiglia originaria del Cilento (Provincia di Salerno), esattamente di Castellabate, ove sarebbe giunta da Giungano al seguito del capostipite, Giuseppe De Angelis, coniugato con Laura Finicella, morto nella stessa Castellabate nel 1786[2]. La circostanza verrebbe confermata anche dallo storico Elias Diaz Molano, nel suo “Vida y obra de Pedro de Angelis”, il quale ricostruisce anche le varie vicende della famiglia, un ramo della quale si era per l’appunto trasferito nella capitale del Regno[3]. Come è facile intuire, Pietro De Angelis, durante la sua infanzia, così come durante l’adolescenza, visse in prima persona gran parte degli eventi importanti accaduti nel suo paese a quel tempo, dalla Repubblica Partenopea (1799) all’occupazione napoleonica del Regno di Napoli, così come al successivo e famoso “Decennio francese”, allorquando, almeno inizialmente, ebbe modo di prestare servizio nell’Armata Napoleonica, raggiungendo, almeno secondo alcuni storici, il grado di Capitano d’Artiglieria. Sono tutti concordi, invece, i biografi sul fatto che Pietro de Angelis non fosse tagliato per la “vita delle armi”, anche perché la sua elevata cultura, soprattutto in ambito storico e filosofico, così come la non comune padronanza delle lingue straniere, lo avevano indirizzato verso altro genere di prospettive. Sotto il Regno di Gioacchino Murat, subentrato al cognato Gioacchino Bonaparte nel 1808, Pietro De Angelis si fece notare al punto tale da occupare incarichi di vero prestigio. Introdotto a Corte dal fratello Andrea, responsabile delle relazioni politiche della Segreteria degli Affari Esteri, Pietro ebbe modo di conoscere addirittura la Regina, la moglie di Gioacchino Murat, che ben presto gli avrebbe affidato un incarico molto delicato. Mentre sul piano professionale il De Angelis incamerava successi su successi, tanto da essere ammesso presso la prestigiosa “Accademia Pontaniana”, divenne in seguito “Aio” (la persona che nelle famiglie signorili attendeva all’educazione dei giovani) di casa Murat, tanto che, a partire dal 22 marzo 1811, avrebbe insegnato grammatica italiana alle Principesse Letizia e Luisa. L’8 novembre dello stesso 1811 fu, quindi, nominato Professore di geografia locale e di storia presso la Reale Scuola Politecnica e Militare Napoletana, il glorioso “Collegio Militare” voluto dal Murat stesso, della quale fu poi Consigliere d’istruzione e Vice bibliotecario. Il 10 aprile del 1813 ottenne, poi, la nomina a Consigliere dell’Intendenza di Napoli, mentre dal 24 dicembre venne nominato anche “Aio” dei Principi Achille e Luciano Murat, incarico prestigiosissimo in virtù del quale dovette però rinunciare alla docenza presso il “Collegio Militare”. Il tramonto del “Decennio Francese” (1814 – 1815) non lo colse certo impreparato. Leale verso il Re che lo aveva elevato così in alto, Pietro De Angelis, durante il Congresso di Vienna, accettò di collaborare con il fratello Andrea, rimasto alla Segreteria degli Affari Esteri del Regno, redigendo assieme a lui alcune relazioni «ad uso del principe di Cariati pel congresso di Vienna in difesa del Murat». A seguito della restaurazione borbonica, il nostro protagonista preferì tornare in servizio nell’Esercito, nei ranghi del quale ricevette incarichi di diversa natura, ivi comprese alcune destinazioni all’estero. La sua ricchissima biografia ci ricorda, quindi, che il 16 gennaio 1817, promosso ufficiale di prima classe, fu destinato al 3° Dipartimento, mentre il successivo 9 aprile lo troviamo, invece, correttore di bozze presso la tipografia dello Stato Maggiore. Il 14 marzo 1818, Pietro De Angelis viene spedito a Palermo, trasferito presso il Comando Generale dei Domini oltre il Faro, ove prestò servizio sino agli inizi del 1819, data nella quale lo troviamo a Ginevra, molto probabilmente senza ricoprire incarichi istituzionali. Successivamente si trasferì a Parigi, ove continuò a vivere anche durante l’esperienza Costituzionale Napoletana del 1820, che ovviamente egli appoggiò, soprattutto con i suoi scritti, e che condivise anche a livello istituzionale, venendo, infatti, nominato, oltre che Consigliere d’Intendenza, anche Segretario presso la Legazione napoletana a San Pietroburgo. Con il tramonto della ventata Costituzionalista, Pietro De Angelis fu costretto a permanere nella capitale francese nella condizione di emigrato, condizione in cui visse per anni, anche in relazione al fatto con un Decreto di Re Francesco I del 16 agosto 1825, vietò il rilascio dei passaporti per il Regno e per Malta ai sudditi Napoletani residenti all’estero, evidentemente compromessi con i fatti del 1820-1821. E fu sempre a Parigi, ove il nostro protagonista fu tra i collaboratori della “Biografia Universale”, nella quale fece inserire le vite do Salvator Rosa e di Tommaso Stigliani, che avrebbe sposato la svizzera Mélaine Dayette, cameriera della Contessa Orloff, mentre secondo alte fonti ciò sarebbe accaduto a San Pietroburgo.

  1. L’avventura argentina (1827 – 1859).
Lo statista argentino Bernardino Rivadavia

Fu grazie all’uomo di cultura francese, Varaigne che Pietro De Angelis entrò in contatto con Bernardino Rivadavia, il quale si trovava a Parigi in qualità di Ministro plenipotenziario delle Province Unite del Rio de la Plata. Questi rimase particolarmente colpito dall’abile penna del giornalista, nel frattempo divenuto redattore della nota “Rivista Europea”. E fu così che allorquando quest’ultimo divenne Presidente della Confederazione Argentina (8 febbraio 1826), si ricordò di lui per un importante progetto, quello di individuare letterati europei che lo sostenessero, sia a mezzo stampa che con iniziative culturali. In tale prospettiva, il Rivadavia lo invitò in Argentina. Pietro De Angelis accolse la proposta e decise di lasciare la Francia alla volta del Rio della Plata. Imbarcatosi ai primi di dicembre del 1826, giunse a Buenos Aires il 29 gennaio del 1827. Qui fu nominato responsabile della “Imprenta del Estado”, la Stamperia dello Stato. In quel frangente storico – occorre ricordarlo – l’Argentina si trovava al centro di nuovi attriti e contese politiche, sia di ordine interno che internazionali, duramente provata dai conflitti che contrapponevano gli unitari ai federalisti, come ricordammo, sempre su questo portale, nel curare la biografia del Generale Bartolomé Mitre. L’unitario Rivadavia, eletto alla Presidenza senza la consultazione delle altre Province, nell’annullare di fatto l’autonomia di queste (peraltro prevista dalla Costituzione emanata nel 1826), aveva esacerbato ulteriormente la tensione fra le opposte fazioni politiche. Fu, dunque, in questo clima politico che l’uomo di cultura napoletano fu chiamato ad un compito certamente non facile: formare un’opinione pubblica, in maniera da educarla, secondo le idee europee, riguardo alla comprensione delle varie riforme sociali. In tale direzione, sostituì a “ElMensajero”, organo d’informazione del partito degli unitari, giudicato insufficiente nel portare avanti la politica del Rivadavia, con “El Tribuno”, giornale dei federalisti, ma anche con la “Crónica politica y literaria de Buenos Aires”, che fondò assieme all’amico José Joaquín de Mora, che lo aveva seguito da Parigi. Fondò, poi, “El Conciliador”, giornale prevalentemente politico, destinato, tuttavia, a breve vita a seguito della caduta del Presidente Rivadavia. A quel punto il De Angelis si buttò a capofitto nell’insegnamento, tanto è vero che l’8 giugno del 1828 fondò il noto “Ateneo Argentino”, un istituto scolastico di tipo europeo, al quale erano ammessi alunni forniti della licenza di scuola primaria, a cui affiancò in seguito la “Escuela Lancasteriana”, ove veniva praticato l’omonimo metodo d’insegnamento inglese. Quasi un anno dopo, nel dicembre del 1829, a causa della mancanza di alunni, le Scuole furono costrette a chiudere, così come accadde anche al “Colegio Argentino” per signorine, fondato nel 1827 dalla moglie Mélaine e da quella dell’amico Mora, la signora Fanny. L’azione intellettuale del De Angelis aveva destato non poche: « […] gelosie e, quindi, antipatie nell’elemento argentino. Egli non era stato chiamato dal Rivadavia, come il Carta, per dare lezioni di fisica, ma per fare il giornalista, per portare cioè, tra le lotte dei partiti argentini, una nota serena e moderna […]”, come ci ricorda lo Zuccarini[4]. Fra i contemporanei che non gli lesinarono critiche e attacchi personali ci fu anche Juan Cruz Varela, noto poeta, scrittore, drammaturgo, giornalista e uomo politico argentino, il quale sulle colonne del giornale “El Tiempo”, in un articolo dell’11 novembre 1829, scrisse: « […] se sono disposto a riconoscere in voi una superiorità intellettuale che invano tenterei negare, non posso consentire che uno straniero pretenda amare la mia patria più di quello che io l’amo», segno evidente di come l’intellighenzia d’allora non ammetteva che un non argentino s’occupasse di questioni argentine, soprattutto politiche.

Il famoso testo sulla storia dell’Argentina

Dopo aver contribuito alla stesura della relazione di un progetto di Statuto riguardante la ristrutturazione dell’Università di Buenos Aires, amareggiato per come era stato trattato dalla politica porteña, il De Angelis decise di sposare la politica del nuovo astro nascente argentino, Juan Manuel de Rosas, che difese sulle pagine della “Gaceta mercantil”, ovvero su “Il Lucero”, da lui stesso fondato nel 1829. Nel 1830, il Presidente Rosas gli affidò, quindi, l’incarico di raccogliere e pubblicare i documenti salienti atti a tutelare i diritti territoriali della nazione Argentina. Nel 1833 fondò “El Restaurador de las Leyes”, giornale ovviamente molto vicino al Rosas, ma anche il poco conosciuto “Los Muchachos, destinato ai ragazzi. Fu poi la volta de “Et Monitor”, giornale politico e letterario. Dopo aver fondato, nel 1840, lo “Espiritu de los mejores diarios que se publican en Europa y América”, dal 1843 al 1851 diresse lo “Archivo Americano y Espiritu de la Prensa del Mundo”, un periodico molto importante, di ampio respiro e di livello internazionale che usciva nelle lingue spagnola, francese ed inglese. Con la caduta del Rosas, a seguito della disfatta militare di Monte Caseros (3 febbraio1852), Pietro De Angelis si rivolse, dunque, ai vincitori, ai quali propose, nel giugno dello stesso ’52, pare su incarico personale dello stesso Direttore provvisorio della Confederazione, Generale Urquiza, il noto “Projecto de constitución para la Republica Argentina”. Ma gli antirosisti non avevano certo dimenticato la sua propaganda a favore del dittatore deposto, tanto da indurlo ad un nuovo esilio. Abbandonata Buenos Aires, passò per un breve soggiorno nel Brasile, al cui Governo – ricordano i biografi – cedette la sua monumentale biblioteca, ricavandone 8.000 pesos. Sempre in Brasile, il De Angelis partecipò ad una seduta del famoso “Instituto historico e geografico di Rio de Janeiro”, del quale era divenuto socio corrispondente nel 1839, ma soprattutto fu ricevuto in visita, a San Cristoforo, dallo stesso Imperatore del Brasile. Nell’aprile del 1854, Don Pedro De Angelis si trasferì a Montevideo, città dalla quale iniziò ad «informare» il Ministro degli Affari Esteri del Brasile riguardo alla condotta di uomini politici e della politica in generale dell’Uruguay, con particolare riferimento ai sempre tesi affari concernenti il Rio de la Plata. Abile studioso di tematiche internazionali, con particolare riferimento alla Giurisprudenza internazionale riguardante le vie fluviali Sudamericane, si diede a difendere i diritti sovrani del Brasile sul Rio delle Amazzoni, i quali erano stati messi in discussione, attraverso lo scritto “The Amazon and Atlantic of South America” da parte del Tenente di vascello statunitense M. F. Maury. In tale direzione, il De Angelis pubblicò a Montevideo, nel corso del 1854, sia in inglese che in spagnolo, il testo dal titolo “De la navigation de l’AmazoneRéponse àune mémoire de MrMaury officier de la Marine des EtatsUnis”. Delle sue vicende professionali, a partire dal 1855, ne abbiamo già fatto cenno nel già citato saggio dedicato ai rapporti diplomatici fra Argentina e Regno delle Due Sicilie. Negli anni nei quali visse in Argentina, il De Angelis conseguì ampi meriti, primo fra tutti quello di aver dato vita ad un archivio di manoscritti e di altri documenti relativi ai primi anni della nazione Argentina, il quale sarebbe diventato il più importante del suo tempo. Il suo interesse per l’Argentina si estendeva dalla geografia all’etnografia e alle lingue indigene, tanto da consentirli di raccogliere e catalogare una banca dati unica del suo genere, atta a conoscere le vicende più remote delle Province del Rio de la Plata. Ricordiamo, infine, che Don Pedro De Angelis, venne a mancare ai vivi il 10 febbraio del 1859, dopo una breve malattia, amorevolmente assistito dall’amico, il Dottor Juan Bautista Alberdi, fra i più grandi scrittori e drammaturghi argenti, oltre che abile politico. Le sue spoglie si trovano nel Cimitero della Recoleta. Qualche giorno prima della dipartita – ricordano i biografi bene informati – il De Angelis aveva ricevuto sul letto di morte la decorazione del famoso “‘Ordem imperial da Rosa”, conferitagli dall’Imperatore del Brasile, Don Pedro II in omaggio a quanto aveva fatto anche per quella Nazione.

  1. Le sue opere principali.
Uno dei testi più famosi di don Pedro De Angelis

Prima di ricordare, con questo ultimo capitolo, le opere letterarie che il grande scrittore napoletano ci ha lasciato, occorre dire che egli, oltre ad essere stato membro della “Accademia Pontaniana” e del “Reale Istituto d’Incoraggiamento delle Scienze Naturali di Napoli”, dei quali fu corrispondente estero da Buenos Aires, Pedro de Angelis fu anche membro della “Société de Géographie” di Parigi, della “Royal Geographical Society”, di Londra, della “Société Royale des Antiquaires du Nord di Copenhagen”, della “Massachusetts Historical Society” e della “American Philosophical Society”, di Philadelphia, ma soprattutto membro del celebre “Istituto Storico e Geografico di Rio de la Plata”, su proposta del suo fondatore, il Generale Bartolomé Mitre. I biografi del De Angelis ci ricordano che, dopo le prime esperienze giovanili, il letterato partenopeo si sarebbe fatto conoscere al grande pubblico durante il suo «esilio francese», allorquando ottenne dall’amico Sismondi l’assenso a scrivere l’opuscolo dal titolo “Des projetsde l’Autriche sur l’Italie”, da quest’ultimo pubblicato a Parigi nei primi di gennaio del 1821. Fornì, in seguito, allo scrittore russo, Conte Grigorij Orloff del materiale per la realizzazione delle famose “Mémoires historiquespolitiques e littéraires sur le Royaume de Naples”, pubblicate nel corso dello stesso 1821. Sempre a Parigi collaborò con la “Revue Européenne”, sulla quale pubblico il saggio “Les italiennes” (1826). Il De Angelis meritò la fama di letterato soprattutto per i suoi numerosi contributi, circa duecento, alla “Biographie universelle ancienne et moderne”, grazie ai quali furono ricordati non pochi autori italiani. Notevole, poi, fu il suo ruolo a favore della cultura dell’Argentina. Nel 1830 – come qualche critico non manca mai di sottolineare – Don Pedro de Angelis volle testimoniare la sua vicinanza al dittatore Rosas dando alle stampe il celebre “Lo Ensayo histórico sobre la vida dell’excmosrdon Juan Manuel de Rosasgobernador y capitán general de la provincia de Buenos Aires”, cui fece seguito, sempre nel ’30, le “Noticias biograficas del excmosrgobernador y capitán general de la provincia de Santa Febrigadier dEstanislao López”. Nel 1832 fu, poi, la volta della “Biografia del srgeneral Arenales y juicio sobre la memoria histórica de su segunda campana a la sierra del Perù de 1821”. Nel 1833, il De Angelis fu impegnato nel tradurre in francese il “Della discoverta del vero Omero”, di Giambattista Vico, che però non riuscì a pubblicare. Fu del 1834 la pubblicazione de “La Memoria sobre el estado de la Hacienda pública”, finalizzata ad accrescere il credito della nazione sia all’interno che all’estero. A partire dal 1835 pubblicò, quindi, una prima parte della “Recopilación de Leyes y Decretos promulgados en Buenos Aires desde el 25 de mayo de 1810 hasta el 14 de octubre de 1858”, il cui  ultimo dei cinque volumi uscì nel 1858. Fu, poi, la volta, nel 1836, della stampa del libro “Fundación de la ciudad de Montevideo por… Bruno Mauricio de Zavalacon otros documentos relativos al Estado Oriental”, del libro “Fundación de la ciudad de Buenos Aires por Juan de Garay con otros documentos de a quella época”.

La casa dove visse in Argentina don Pedro

Fra il 1836 e il 1837 pubblicò, in sei volumi, la “Colección de obras y documentos relativos a la historia antigua y moderna de las provincias del Rio de la Plata”, volumi nei quali raccolse una vasta documentazione concernente il periodo che va dalla scoperta del Rio de la Plata alla guerra d’indipendenza. Nel 1839 vide la luce la “Colección de obras impresas y manuscritasdocumentos relativos al Chaco”, con il quale dimostrò validamente il diritto dell’Argentina su quel territorio, e il polemico, ma doveroso, “De la conducta de los agentes franceses durante el bloqueo del Rio de la Plata”. Nel 1840 la “Explicación de un monetario del Rio de la Plata”, mentre nel 1846 addirittura un testo destinato ai militari, il noto “Regolamento para el ejercito y manobrias de los regimentos de infanteria de la Confederación Argentina”. Nel 1852 pubblicò la “Memoria histórica de los derechos de soberania de la Confederación Argentina a la parte austral del continente americano comprendida entre las costas del Oceano Atlantico y la gran cordillera de los Andesdesde la boca del Rio de la Plata hasta el Cabo de Hornasincluso las islas de los Estados de la Tierra del Fuego y el Estrecho de Magallanes en toda su extensión”. Pubblicò, sempre a Buenos Aires, nel 1853, la “Colección de obras impresas y manuscriptas que tratan principalmente del Rio de la Plata”. I suoi biografi più attendibili sono concordi nell’affermare come l’interesse di Pietro De Angelis per la c.d. “Americanistica” fu più completo di quanto si possa immaginare, soprattutto se si considera che alla “Colección […]” seguì, nel 1854, una appendice di opere dedicate alle lingue guarany, aymarà, quechua, cilena, chachense, così come alle lingue del Brasile e del Messico, opere che in seguito furono acquistate anche dal Mitre, noto bibliofilo e studioso, come abbiamo già ricordato in altro contributo. Nonostante simile lavoro, per molti anni la figura di Don Pietro De Angelis, anche per merito di detrattori di grosso calibro, come Esteban Echeverría e Paul Groussac, generò forti critiche e confutazioni, al punto tale da non riconoscere come la sua missione, che potremmo agilmente definire “pionieristica”, dovesse meritare quel rispetto e quel riconoscimento internazionale, che in effetti gli pervenne, vita durante, dai più importanti consessi accademici di mezzo mondo. Come giustamente rifletteva lo Zuccarini nel 1910: « […] essendo stato egli il beniamino di Rosas, è diventato la bestia nera di tutti quegli argentini i quali a Rosas attribuiscono solo il male; la passione politica ed il rancore e l’odio per i danni famigliari patiti, impedendo lor di discernente anche il bene che il tiranno fece al paese»[5]. Per fortuna non tutti la pensarono così, fra gli oppositori del Rosas.  Un antirosista per eccellenza, Domingo Faustino Sarmiento, abile scrittore, ma soprattutto Presidente della Repubblica Argentina dal 12 ottobre 1868 al 12 ottobre 1874, ebbe a definire, infatti, la nota “Colección de obras y documentos relativos a la historia… de las Provincias del Rio de la Plata”, come « […] el monumento nacional más glorioso que pueda honrar a un Estado americano», giudizio veramente lusinghiero per chi, come il De Angelis, aveva fatto dell’Argentina la sua seconda Patria.

Ten. Col. Gerardo Severino
Direttore Museo Storico Guardia di Finanza

 

[1] Cfr. Emilio Zuccarini, De Angelis e la critica politica, in «Il lavoro degli italiani nella Repubblica Argentina. Leggende, studi e ricerche», Buenos Aires, Edizione “La Patria degli Italiani”, 1910,

[2] Cfr. Gennaro Malzone, Castellabate. Appunti di Toponomastica, S. Maria di Castellabate, Edizione Scuola Media Statale “Luigi Guercio”, 1999, pag. 48.

[3] Cfr. Elias Diaz Molano, Vida y obra de Pedro de Angelis, Santa Fe, Argentina, Librería y Editorial Colmegna, 1968, pag. 20.

[4] Cfr. Emilio Zuccarini, op. cit., pag. 76.

[5] Cfr. Emilio Zuccarini, op. cit., pag. 75.