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Bisagno verso la beatificazione. Storia e imprese del primo partigiano d’Italia

È iniziato il processo di beatificazione e canonizzazione di Aldo Gastaldi, nome di battaglia “Bisagno”, medaglia d’oro della Resistenza e insignito del titolo di “Primo partigiano d’Italia”. La notizia è stata diffusa dalla Curia Arcivescovile di Genova attraverso il settimanale cattolico diocesano ‘Il Cittadino’. Il 31 maggio 2019, infatti, il cardinale arcivescovo, Angelo Bagnasco, ha promulgato l’editto per il Processo circa la vita, la virtù e la fama di santità. Aldo Gastaldi, nacque a Genova il 17 settembre 1921 e morì il 21 maggio 1945 in un incidente vicino a Desenzano del Garda. I genitori furono la sua scuola di fede e gli instillarono un profondo senso del dovere che non lo abbandonò mai. Terminati gli studi iniziò l’attività lavorativa interrotta nel 1941, a seguito della ricezione della chiamata alle armi. Il 15 agosto del 1942 prese servizio con il grado di sottotenente nel 15° Reggimento Genio presso la caserma di Chiavari. Dopo l’armistizio con gli alleati, l’8 settembre del 1943, iniziò la sua avventura partigiana. Nei pressi di Cichero, una piccola frazione del paese di San Colombano Certenoli, nei pressi del Monte Ramaceto, diede il via – nell’inverno del 1943 – insieme con altri compagni al primo nucleo di quella che da lì a qualche mese sarebbe diventata la Divisione Cichero, la più famosa e temuta operante nella zona. Operò sempre con spirito di servizio e la fede fu la sua guida. Non volle mai aderire ad alcun partito. Con il passare del tempo, i suoi uomini riconobbero in lui qualità straordinarie. Fu sempre più amato dai suoi uomini e, dopo la fine della seconda guerra mondiale, lottò fino alla fine per porre fine ai regolamenti di conti che si registrarono in città. Per salvaguardare la vita di alcuni suoi partigiani, ex alpini originari del Veneto e della Lombardia, li accompagnò personalmente a casa. La sua vita si spegne il 21 maggio 1945 a Desenzano del Garda, dopo aver riconsegnato alle famiglie tutti i suoi uomini. Nel testo del decreto per l’apertura della causa si legge che l’arcivescovo invita “a comunicare direttamente o a far pervenire al Tribunale Ecclesiastico Diocesano tutte quelle notizie dalle quali si possano in qualche modo arguire elementi favorevoli o contrari alla fama di santità del Servo di Dio” e, “a quanti ne fossero in possesso, di rimettere con debita sollecitudine al medesimo Tribunale qualsiasi scritto, che abbia come autore il Servo di Dio, qualora non sia già stato consegnato alla Postulazione della Causa” compresi “i manoscritti, i diari, le lettere ed ogni altra scrittura privata del Servo di Dio”.

La storia inizia l’8 settembre 1943. Il sottotenente Aldo Gastaldi, del XV Reggimento Genio, è di pattuglia a Chiavari quando arriva la notizia dell’armistizio. Non appena viene a sapere che i tedeschi hanno occupato la caserma fa nascondere le armi agli uomini che ha con sé, poi li lascia liberi di andarsene. Lui è tra i primi a salire in montagna: forma un nucleo partigiano a Cichero e nel giro di pochi mesi diventa il comandante più amato della resistenza in Liguria.
Bisagno interpreta il ruolo non come potere, ma come servizio; è il primo ad esporsi ai pericoli e l’ultimo a mangiare, riserva a se stesso i turni di guardia più pesanti. Si conquista così l’amore e la stima degli uomini e delle popolazioni contadine, senza il cui sostegno la lotta partigiana sarebbe stata impossibile.

Temuto e rispettato anche dai nemici, riesce a far disertare un intero battaglione della Divisione “Monterosa”, il “Vestone”, che passerà poi tra le file partigiane da lui comandate. Cattolico, apartitico, con un carisma straordinario, si oppone con decisione ad ogni tentativo di politicizzazione della resistenza tanto da diventare un ostacolo ai piani dei partiti membri del CLN, che tentano di ridurne l’influenza. Nei giorni successivi alla Liberazione Bisagno per garantire l’incolumità di alcuni suoi partigiani, ex alpini originari del Veneto e della Lombardia, li riaccompagna personalmente a casa. Poi il dramma: il mistero della sua morte il 21 maggio 1945 a Desenzano del Garda, dopo aver riconsegnato alle famiglie tutti i suoi uomini.

La relazione ufficiale, redatta dal commissario politico della Divisione, parla di una caduta accidentale dal tetto
del camion utilizzato per il viaggio; in realtà la dinamica dell’incidente non è mai stata chiarita in modo convincente e molti hanno subito sollevato dubbi sul reale andamento dei fatti. Al funerale a Genova partecipa una folla impressionante.