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Aurelio Natoli Lamantea: un’antifascista di vecchia data alla guida del consolato generale d’Italia a Valparaiso

Per chi avesse la pazienza di verificare, sia in internet che nei vari testi di storia, è facile notare come la biografia del grande politico e giornalista di origini siciliane, Aurelio Natoli Lamantea, uno fra i più attivi antifascisti di fede Repubblicana, si ferma al 2 luglio del 1947, data nella quale l’Onorevole decise di abbandonare l’Assemblea Costituente, e non certo per varcare le Colonne d’Ercole alla volta di Valparaiso, ove l’allora Ministro degli Esteri, il Conte Carlo Sforza, gli aveva proposto di occupare l’importantissima, ma anche delicatissima, poltrona di Console Generale d’Italia.

La momentanea uscita di scena dalla Costituente era scaturita, infatti, da alcuni insanabili dissidi di natura politica. La sua nomina riportava nuovamente un diplomatico italiano nella metropoli Cilena, sede di una delle più forti Comunità italiane, e ciò dopo la crisi sorta tra i due Paesi nella seconda parte della recente guerra mondiale. Il ruolo che il Console Natoli avrebbe svolto in Cile fu davvero straordinario e ciò sia nella necessità di ricucire i rapporti fra i due Paesi amici, in un contesto socio-economico alquanto delicato, soprattutto per l’Italia, sia nell’ambito della sicurezza (interna e internazionale), dovendosi occupare di mantenere attiva la politica di prevenzione dinanzi ai sempre più allarmanti rigurgiti neo-fascisti, che proprio in quei primi anni di vita Repubblicana stavano interessando le ancora ben nutrite Colonie d’italiani in America Latina, fenomeni che il diplomatico avrebbe combattuto con tutte le proprie forze. Proveremo, con questo saggio, a raccontare quell’intenso periodo della nostra storia, ma non prima di aver presentato ai lettori, seppur brevemente, lo stesso protagonista.

Copertina di uno dei celebri libri di Luigi Natoli

Una vita per la Repubblica (1888 – 1970).

Aurelio Natoli Lamantea[1] nacque a Roma il 19 maggio del 1888, ennesimo figlio del celebre scrittore e storiografo palermitano Luigi Natoli (14 aprile  1857 –  25 marzo 1941), affermato autore di romanzi d’appendice, meglio noto con lo pseudonimo di William Galt[2] e di sua moglie, Emma Turretta[3]. Studente modello e poi combattente, sia durante la guerra “Italo-Turca” (1911 – 1912) che nella “Grande Guerra” (alla quale prese parte col grado di Sotto Tenente), il Natoli fu animato sin da giovane da idee liberali e democratiche, tanto da iscriversi al Partito Repubblicano. A tale movimento avrebbe dedicato la sua intera vita, associando ad esso, oltre alla militanza nella Massoneria anche la grande passione per il giornalismo, in virtù della quale, tra il 1919 e il 1922, avrebbe anche assunto la direzione dello stesso periodico del partito, “Italia del Popolo”. Nel corso del 1922, a seguito purtroppo dell’avvento del fascismo, seguendo la sorte di gran parte dei suoi amici e compagni di partito, come lo era lo stesso Carlo Sforza, del quale abbiamo trattato in altro contributo apparso su questo stesso portale, Aurelio Natoli fu costretto a lasciare l’Italia, rifugiandosi così nell’ospitale Francia[4]. E fu proprio a Parigi (1926 – 1927) che lo troviamo tra i fondatori del periodico “La Libertà”, il quale sulle orme del soppresso “Italia del Popolo“, sarebbe stato l’organo d’informazione della Federazione dei Repubblicani d’Europa, aderente alla “Concentrazione Antifascista[5], del quale fu poi anche direttore.

Aurelio Natoli in una foto degli anni Venti

Nell’ottobre del 1926, infatti, il Natoli aveva partecipato, quale rappresentante dello stesso Partito Repubblicano, alla riunione di Nérac (cittadina del Dipartimento del Lot e Garonna, nella regione della Nuova Aquitania, ove molto forte era la presenza di italiani), nel corso della quale fu decisa la fondazione della “Concentrazione Antifascista”, mentre l’anno seguente era stato tra i fondatori della “Unione Periodisti Italiani Giovanni Amendola”. Fra il 1927 e il 1934, il Natoli fu anche membro attivo della “L.I.D.U.” (“Lega italiana diritti dell’uomo”), mentre, con la nascita della Repubblica Spagnola, nel 1931, si trasferì a Madrid, onde rinsaldare i rapporti fra i repubblicani italiani e quelli spagnoli, peraltro ponendosi anche al servizio di quel Governo, quale “informatore”, del Direttore Generale della Sicurezza, Ángel Galarza. Prese, quindi, parte alla stessa guerra civile, in Spagna, membro delle gloriose “Brigate Internazionali” chiamate da tutta Europa per difendere quella Repubblica dal Franchismo. Il Natoli fece, poi, ritorno in Francia, ove rimase sino all’occupazione tedesca, nel corso del 1940, momento in cui raggiunse anch’egli gli Stati Uniti d’America. Qui, come avrebbero fatto sia lo Sforza che altri esuli repubblicani, il Natoli aderì alla gloriosa “Mazzini Society”, di cui abbiamo già trattato nel saggio su Sforza. Sempre in America collaborò con la rivista “Il Mondo”, mensile diretto dal socialista Giuseppe Lupis, oltre ovviamente che con “Nazioni Unite”, organo d’informazione della stessa “Mazzini Society”. Tornato in Italia subito dopo la liberazione, Aurelio Natoli  assunse la direzione del quotidiano siciliano “La Regione”, non abbandonando certo la politica, tanto da assumere anche la delicata carica di Segretario regionale del P.R.I. In occasione del Referendum istituzionale del 1946 fu candidato capolista per il Partito Repubblicano della stessa Sicilia, quindi proclamato Deputato il 18 di giugno nell’ambito del “Collegio Unico Nazionale” presso l’Assemblea Costituente, riportando numerose preferenze sia in Sicilia, Puglia che nella stessa città di Roma ove era tornato a vivere[6]. Pochi conoscono uno degli aspetti politici che più di altri avrebbero caratterizzato la figura di Aurelio Natoli Lamantea, vale  dire la lotta a quello che oggi amiamo definire “conflitto di interessi”, tanto da essere stato uno dei primi firmatari, nel febbraio 1947, di una “Interrogazione” con la quale propose che tutti i membri della stessa Assemblea Costituente fossero sottoposti ad una sorta di “verifica”, onde accertare se facessero o meno parte di Istituti economici, Imprese finanziarie e persino se possedessero quote azionarie di Aziende italiane di un certo rilievo[7]. All’interrogazione era, poi, seguita una vera e propria “Mozione” con la quale l’esponente Repubblicano chiese di conoscere se i membri della Costituente fossero legati ad Enti che, in qualche maniera, avessero relazioni con lo Stato, ovvero se qualcuno di loro ricoprisse a tal fine anche cariche retribuite dallo Stato stesso, chiedendone ovviamente di dichiararne l’ammontare. Non solo, ma il Natoli, appoggiato dal suo partito, chiese anche l’istituzione di una Commissione alla quale demandare il compito di individuare eventuali casi di incompatibilità, sia morale che politica, progetto che auspicava persino di “Istituzionalizzare” in maniera tale che se ne potessero avvantaggiare per il futuro anche le stesse Camere Parlamentari[8]. Come è facile intuire, le nobilissime idee dell’Onorevole Aurelio Natoli Lamantea non furono “accolte” favorevolmente da tutti, tanto da essere aspramente osteggiate un varie sedi. Al di là di ciò, il Natoli riuscì lo stesso, anche grazie all’appoggio ricevuto dal Presidente Alcide de Gasperi e dallo stesso Conte Carlo Sforza, nel frattempo nominato Ministro degli Esteri, a dar vita alla Commissione, la quale prese il nome di “Commissione degli undici”, in omaggio al numero dei suoi componenti. Aurelio Natoli Lamantea ricoprì la carica di Vice Presidente della stessa Commissione (Presidente ne fu Alfonso Rubilli) sino alla data del 2 luglio 1947, allorquando, essendo profondamente amareggiato difronte al disarmante ostracismo cui era stato sin lì oggetto, da parte di varie correnti politiche (Movimento Uomo Qualunque, Monarchici, Democratico-Cristiani e persino Socialisti), decise di dimettersi dalla stessa Costituente, accettando così di raggiungere il lontanissimo Cile. Aurelio Natoli Lamantea, tornato in Patria riprese a fare il libero giornalista: il mestiere della sua vita. Morì a Roma il 25 febbraio del 1970.

Da membro della Costituente a Console Generale a Valparaiso (1947 – 1957).

Come è stato già raccontato in altro saggio dedicato al rapporti diplomatici tra Italia e Cile, questi ripresero con la nomina ufficiale, il 22 gennaio 1946, del nuovo Ambasciatore d’Italia, Giovanni Persico, il quale, ad onor del vero, si era già insediato a Santiago a fine aprile dell’anno prima[9]. E fu proprio al Persico che il nostro protagonista si sarebbe presentato, nel corso dell’estate dello stesso ’47, appena raggiunta Valparaiso, dandosi subito da fare. Di lì a poco, infatti, il Console inviò a Roma una dettagliatissima relazione sulla stessa Comunità italiana di Valparaiso, che rappresentava poco meno di un terzo dei circa 10 000 connazionali censiti nel Paese andino. Da buon giornalista ed ex “informatore”, il Natoli seppe tracciare un profilo che partiva dal “Ventennio”  per arrivare al presente e, soprattutto, alle prospettive di pacificazione. Il diplomatico riferiva, in particolare, come la Comunità fosse costituita in prevalenza da liguri, i quali erano dediti quasi tutti al commercio e avevano raggiunto solide posizioni economiche. Non solo, ma pose anche l’attenzione sul fatto che la stessa era storicamente segnata da una forte conflittualità interna, con polemiche continue tra i dirigenti delle vare Associazioni, sia patriottiche che di mutuo soccorso, polemiche nelle quali si cercava di coinvolgere anche i diplomatici e persino la locale politica. Al di là di quanto ricorderemo riguardo alla sua funzione di “garante” della democrazia fra i nostri emigrati in Cile, il Console Generale Natoli operò brillantemente affinché fossero migliorati i rapporti fra i due Paesi, finalmente ritrovatisi nuovamente amici dopo la fine di quell’immane conflitto. In tale ambito, come è stato già ricordato nel precedente saggio, notevole sarebbe stato il ruolo che il Cile avrebbe avuto, proprio in quegli anni, in favore dell’Italia, Paese uscito letteralmente a pezzi dalla guerra e sull’orlo del baratro da un punto di vista economico. Fu così che il Cile sostenne ampiamente la nostra economia disastrata, fornendo sia aiuti in fonti e energetiche, grano, carni e altre derrate alimentari, sia aprendo le porte a quella che sarebbe stata l’ultima stagione migratoria[10].

 

 

 

 

 

 

 

 

Pur tuttavia, l’ospitale Terra Cilena stava attraendo, oltre a migliaia di pacifici lavoratori che tentarono una nuova vita oltre Oceano, anche tanti ricercati che si erano compromessi con l’ex regime, così come tanti esuli, nostalgici dello stesso “ventennio”, che non amavano vivere nella neonata Repubblica Italiana.  Ed è proprio questa la vera storia di Aurelio Natoli che valeva la pena di “riscoprire”, essendo proprio lui, l’abile diplomatico italiano che cercò in tutti i modi di evitare che il neo-fascismo sorto anche in Cile, così come nella vicina Argentina, potesse “contagiare” l’indifesa Comunità italiana che via via si stava implementando, soprattutto nella laboriosa città portuale di Valparaiso. Ebbene fu già nel corso dello stesso ’47, esattamente in dicembre, quindi a qualche mese dal suo insediamento in città, che il Console Natoli firmò un allarmante rapporto che indirizzò al Ministero degli Esteri. In esso si riferiva riguardo a movimenti e a giornali neofascisti in Sudamerica, essenzialmente legati al M.S.I. (“Movimento Sociale Italiano”). Fra questi il giornale quindicinale ”Le Campane di S. Giusto”, che si pubblicava nella stessa Valparaiso, fondato nel precedente mese di maggio da Rodolfo Carnio Perich, inizialmente con fini patriottici e irredentistici. Il periodico aveva, di fatto, assunto un’allarmante deriva neo-fascista, tanto da permettersi persino di diffamare il Capo dello Stato, il Presidente del Consiglio dei Ministri, i vari Ministri e le stesse Istituzioni democratiche di quell’Italia divenuta finalmente libera, democratica e, soprattutto, Repubblicana. Non solo, ma il periodico iniziò anche a diffondere allarmanti annunci riguardo ad un prossimo ritorno al potere del fascismo, in virtù del quale si minacciavano rappresaglie, che ovviamente avrebbero accresciuto fra i nostri connazionali la paura e, soprattutto, la diffidenza verso la stessa Repubblica. Con il telespresso n. 2409/565, spedito da Santiago il 29 dicembre, sempre del ’47, il Console Natoli, nel precisare che: <<Se pur trattasi di una pubblicazione di scarso rilievo, di carattere provinciale e coloniale con una diffusione limitata a qualche centinaio di copie>>, aveva ritenuto opportuno attirare su di essa l’attenzione del Sottosegretario agli Esteri[11]. Nei mesi seguenti, con telespresso dell’aprile del 1948, egli riferiva ancora di come il quindicinale neo-fascista avesse: <<… continuato la sua truculenta campagna diffamatoria e calunniosa contro il Presidente della Repubblica, il presidente del Consiglio, il Ministro degli Esteri e contro tutti>>. Il “fiato sul collo” che il Natoli aveva indirizzato ai “nemici di sempre” gli valsero anche delle odiose calunnie, sempre a mezzo stampa, calunnie secondo le quali il politico repubblicano fu definito <<…miliziano delle brigate rosse che sul fronte di Madrid ebbe il nobile titolo di Sicario per la gentilezza, impegno e decisione con le quali spediva al Creatore i poveri diavoli delle legioni italiane che avevano la brutta idea di cadere vivi nelle sue mani>>.

 

Un’edizione del 1947 del giornale Le Campane di San Giusto

Che il Console Natoli si fosse trasformato in un vero e proprio detective in difesa della democrazia e della neonata Repubblica lo dimostrano anche i contenuti del telespresso n. 892/89, che il diplomatico spedì al Ministero degli Affari Esteri, questa volta direttamente da Valparaiso, il 25 aprile 1948. Con tale comunicazione si specificava che i neo-fascisti cileni erano in continuo rapporto con quelli argentini e che, nel precedente mese di febbraio, per il tramite del foglio quindicinale riconducibile al gruppo estremista “Villa Italia” di Valparaiso, erano stati presi contatti anche con il direttore del “Risorgimento” di Buenos Aires, Di Giglio, non a caso organizzatore del M.S.I. in Argentina. Fu, dunque, proprio grazie al ex combattente della “Guerra di Spagna”, abilissimo informatore e, quindi, investigatore collaudato, Aurelio Natoli, se il Governo italiano, attraverso il Ministero degli Interni, ebbe modo di monitorare e, soprattutto, contrastare la presenza dei movimenti neo-fascisti fra Cile e Argentina. Non solo, ma la sua fortissima volontà di combattere, fra gli italiani in Cile, la rinascita di un qualsivoglia movimento neo-fascista lo portò, anche grazie al personale appoggio dell’Ambasciatore Persico e del suo sostituto, Giovanni Fornari (subentrato il 12 febbraio del 1948) ad investigare, peraltro anche a certi livelli, riguardo all’origine di taluni fondi economici, appositamente giunti da varie parti del mondo, sia per finanziarie l’estremismo di destra, che per agevolare la vita ai tanti fuggiaschi giunti dall’Italia. Grazie a lui , al Persico e gli altri Ambasciatori che operarono in Cile si ebbe anche modo di fare apposite pressioni sullo stesso Governo Cileno, onde frenare sia l’esodo dei fascisti dall’Italia che la loro attività in quella Nazione, ostacolando anche la diffusione del pericolosissimo giornaletto “Le Campane di San Giusto”. Per contrastare la propaganda fascista con gli stessi mezzi, il Console Natoli sfruttò intelligentemente anche l’arma della cultura, tanto da chiedere al Ministero <<l’invio di pubblicazioni sullo sforzo ricostruttivo compiuto dall’Italia; l’invio di un notiziario che si potrebbe far pubblicare sulla stampa locale; l’invio di giornali specialmente liguri>>, tenendo presente la considerevole concentrazione in Valparaiso di emigrati originari proprio di tale regione. La battaglia, che per alcuni sembrò essere personale, tra il Console Aurelio Natoli e Rodolfo Carnio Perich durò quasi un decennio, tra alti e bassi. Il Natoli – salvo errori da parte nostra – prestò servizio in Cile sino al 1957, anno  nel quale lo troviamo ancora citato in un “Memoriale Diplomatico” edito in quel Paese[12].

L’onorevole Natoli ai tempi dell’Assemblea Costituente

Furono, quelli, anni molto intensi, anni nei quali anche l’emigrazione italiana avrebbe avuto un ruolo determinante in quella che era stata la politica riformatrice voluta, a partire dal 1948, dal Presidente Carlos Ibañez del Campo. Il paradosso di questa vicenda poco conosciuta è dato da quest’ultima notizia. Nel giugno del 1971, ad un anno e più dalla scomparsa dell’Onorevole Natoli Lamantea, presso l’Ambasciata d’Italia a Santiago, l’irriducibile neo-fascista Rodolfo Carnio Perich, riceveva, al cospetto di varie autorità e della sua stessa famiglia, la croce di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, conferitagli in quella circostanza dal Presidente Giuseppe Saragat, un antifascista puro come lo era stato il Natoli. Era, questo, il segno evidente di come il nostro Paese desiderava raggiungere nel concreto una riappacificazione nazionale fra opposte ideologie politiche, e ciò anche a migliaia di chilometri di distanza da Roma, magari “sorvolando” sui trascorsi di uomini che certamente non avevano dimostrato un grande amore verso la Democrazia e la tanto sofferta Repubblica, sorta dalla Resistenza e della guerra di liberazione dal nazi-fascismo.

Col. (A) Gerardo Severino
Storico Militare

[1] Lamantea era il cognome della nonna paterna, Maria, madre di Luigi Natoli.

[2] Era il celebre autore dei racconti sui Beati Paoli, pubblicati a puntate sul “Giornale di Sicilia”, dal 1909 al 1910.

[3] Si consiglia Massimo Finocchiaro, I sette fratelli Natoli: le vite singolari dei figli di Luigi Natoli tra la belle époque e il secondo dopoguerra in giro per il mondo, Palermo, Edizione I Buoni Cugini, 2021.

 

 

[4] Cfr. Gerardo Severino, Il Conte Carlo Sforza in America Latina. Dalla “Mazzini Society” al Congresso Panamericano di “Italia Libera” (Buenos Aires/Montevideo, aprile – agosto 1942, in www.giornidistoria.net, 28 maggio 2022.

[5] La quale riuniva il P.R.I., il P.S.I., il P.S.L.I., la L.I.D.U. e la C.G.L.

[6] Fu l’organo legislativo elettivo al quale fu demandata la stesura di una Costituzione per la neonata Repubblica Italiana. Operò dal 25 giugno 1946 e il 31 gennaio 1948, peraltro votando anche la fiducia ai Governi che si susseguirono in quel periodo.

[7] Il 2 gennaio del 1947 aveva anche assunto la Direzione del quotidiano “La Voce Repubblicana”, che manterrà sino al successivo 12 giugno.

[8] Sull’argomento vgs. Renato Traquardi, C’eravamo anche noi. 1946 – 1948 Assemblea Costituente, Edizioni Book Sprint, 2018, p. 160-170.

[9] Cfr. Gerardo Severino, 200 anni di rapporti diplomatici tra Santiago e Roma (1822 – 2022), in www.giornidistoria.net, 5 maggio 2022.

[10] Cfr. Gerardo Severino, Sulle rotte dell’America Latina. Il ruolo del Cile in favore dell’Italia post bellica, in www.italiaestera.net, 30 luglio 2006.

[11] Cfr. Relazioni del Console Natoli da Valparaíso, in Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri, Ap 1946-1950, Argentina e Cile, b. 6, fasc. 4.

[12] Cfr. Ministerio Relaciones Exteriores, Memorie del Ministerio de Relaciones Exteriores 1957, Santiago, 1957, p. 421.