Giorni di Storia

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Il bottoncino di Papa Francesco

Mi si è presentato all’improvviso, dietro l’angolo del corridoio di Casa S. Marta. La sua casa. Papa Francesco si avvicinava alla Cappella, dove avrebbe presieduto la Messa del giorno, alla quale ero stato invitato da lui a concelebrare assieme ad un mio caro amico.

Mi vede, mi sorride, mi stringe la mano, mi presento e, in un istante, ricorda perché fossi lì. Non volevo crederci.

Il mio sguardo, amante dei particolari, si fissa nel secondo bottone della sua veste bianca. Slacciato. Non al suo posto. Tutto in ordine, meno quel bottoncino bianco.

La mia mano istintivamente si stende per compiere un gesto familiare, quello che ti è concesso fare a un amico confidente: agganciare quel bottoncino all’asola.

La mente, in una frazione di secondo, mi blocca. Che fai? È il Papa! E la mano si ritrae.

Sono uno dei fortunati che, inaspettatamente in una settembrina serata uggiosa, aveva ricevuto una sua telefonata. “Buona sera don Fabrizio, sono Papa Francesco“.

Ehmmm … buonasera … Santità? Papa? O semplicemente Francesco? … Non ricordo cosa usci dalla mia bocca. Ricordo solo che alla fine della telefonata ci siamo lasciati con un stupendo “ciao”!

Quel ciao ormai internazionale. Il saluto degli amici, in tutto il mondo e in ogni lingua, che trae origine dall’antico e caro dialetto veneto.

E lì, mi chiede come sta il mio amico fraterno, Renzo.

Aveva saputo, da una lettera ricevuta, che quest’ultimo stava combattendo con “l’orco cattivo” e che avrebbe avuto pochi giorni di vita. Riconoscendogli gesti di carità e di comunione vissuti, Lui, Papa da poco più di un anno, lo voleva sostenere in quel faticoso momento, con la sua voce, preghiera e vicinanza. L’avrebbe chiamato. Così fece quella sera, qualche minuto dopo.

Ed è così che, due giorni dopo quella ristoratrice telefonata, in quella mattina fresca di settembre, all’alba, dopo aver celebrato assieme, dopo aver parlato di Renzo e del suo stato di salute, ci salutammo.

Renzo, un paio d’ore dopo, ha iniziato il solenne ultimo viaggio della vita. Ha vissuto la sua notte del Venerdì Santo, la notte del passaggio, chiudendo gli occhi alla terra per aprirli al cielo.

Mi resta l’immagine di quel bottoncino non al suo posto!

Quella mattina, nessuno aveva messo mano a quella veste. Nessun valletto a “vestire il Papa”. Solo le sue antiche, calde mani. Semplicemente attente a rivestire il Papa ma incuranti della perfezione.

Bello quel bottoncino non allacciato. Mi parla di lui. Mi dice che la vita è fatta anche di particolari non al loro posto, ma fondamentali. Mi ricorda che ciò che conta è tutto ciò che ci sta sotto.

Così era stato Renzo. Un po’ fuori dalle regole, incurante dell’estetica, ma attento all’essenziale. Così è stato Francesco, don Tonino Bello e tanti, innumerevoli santi di casa nostra.

Renzo, non lo potrò mai dimenticare, lui è stato artefice inconsapevole del mio primo incontro con l’evangelico messaggero di pace di nome Francesco, inviatoci dalla mano provvidente di Dio, a guidare la Sua Chiesa.

Noi, quel dono provvidente che è stato il Papa, lo piangiamo e celebriamo ancora pellegrini qui in terra. Anche l’ipocrisia di molti la fa da padrona in questi giorni. Pazienza. Dio è grande!

Era il 13 marzo del 2013 quando apparve vestito di bianco dal balcone di S. Pietro. Nel suo primo saluto al mondo, la sua prima parola è stato un familiare buonasera!

Se quella sera ha esordito così, ancora non lo conoscevamo, ora gli auguriamo un altrettanto familiare e vivificante… buongiorno! Buona nuova vita! Quella che non finirà mai più.

Sempre da quel balcone ha stupito tutti, quando per la prima volta ha fatto risuonare una richiesta, che poi ha formulato in ogni occasione di incontro con qualcuno: pregate per me!

E lì con il capo chino, davanti al popolo a cui era stato mandato, ha accolto la benedizione di tutti!

Brividi! Commozione. La percezione che era iniziato un tempo nuovo. E così è stato.

Nei giorni in cui in tutto il mondo, si spendono parole di ricordo e di evocazione, ricordando da quando Giorgio Bergoglio è diventato Francesco, a me piace ricordare quel bottoncino.

Quel secondo bottoncino della veste linda, che mi dice che anche lui non era perfetto. Ci teneva a ricordarlo. Spesso. Si presentava come un “perdonato”. Come tutti. Per Lui, la “cifra” del cristiano è riconoscersi “Perdonati”!

Ci ricordava come la sua, la mia e la nostra vita, è fatta di particolari, spesso silenti, che diventano segno. Un rimando a …

Francesco è stato segno e pennello di Dio, che crea e ricrea la Storia sacra che ci abita e che abitiamo.

Segno di contraddizione per molti. Dolce grimaldello dello Spirito che scardina ammuffite e anacronistiche sicurezze, diventate ormai paravento all’agire di Gesù, a volte un impedimento!

Francesco ci ricordava che di fronte agli altri bisogna collocarsi all’altezza dei loro piedi. Guardarli dal basso verso l’alto. A partire dai piedi, come aveva fatto Gesù. Piedi da lavare gli uni gli atri. L’unica volta che si può stare in piedi di fronte a un fratello o sorella è per aiutarlo a rialzarsi, qualora fosse caduto.

In questi giorni mi trovo a ripetere spesso, ciò che ho sempre detto e creduto: il Papa è il Papa! Punto e basta.

Questo è il credo dei veri cristiani. Quelli che affondano e alimentano la loro fede nel solco di una Tradizione sempre vivificata dall’azione dello Spirito, quello Santo però, non quello di qualche improvvido falso profeta.

Quante parole sprecate e rubate alla carità. All’urgenza della carità da vivere, offrire e ricevere.

In questi giorni corre necessario anche un onesto “Grazie”.

Al nostro amico Gesù, prima di tutto. Grazie perché ci ha regalato il Papa. Questo e non un altro. Perché questo è piaciuto a Lui!

Forse ci sfugge – e non è di secondaria importanza – che anche questo è uno dei modi di comunicare di Dio con gli uomini. “Segno” che offrire e indica una rotta da seguire, che dal Vangelo parte e al Vangelo ritorna.

Peccato che non tutti sanno vedere o non vogliono vedere tutto questo.

Schiavi, oggi, della contrapposizione del meschino “mi piace, non mi piace”, cadiamo nella trappola dei giochetti miserrimi, dentro ai quali qualcuno vuole imbrigliarci.

Dovremmo anche ricordare che il primo Papa, Pietro, ha rinnegato Gesù alla prima tentazione, eppure lui l’ha scelto, come a dirci, mi servo delle vostre umane fragilità, dei limiti di colui che scelgo e chiamo, ma chi opera sono e sarò sempre io, il Risorto.

Non credere questo significa non avere fede. Non è da cristiani. Punto e a capo.

Il Papa ci ha indicato la luna, peccato che molti abbiano limitato lo sguardo, al dito che la indicava. Poverini.

È quel bottoncino slacciato che mi riporta all’agire di Dio. All’azione dello Spirito del Risorto. Non la pianificazione perfetta di trattati, documenti e piani pastorali, utili e perfetti, ma non esaustivi. Ciò che conta è la misericordia e la carità!

Quel bottoncino slacciato della veste bianca, mi stimola a non essere presuntuoso, pensando che ciò che abbiamo detto, fatto e vissuto finora, sia la perfezione. In un mondo in continua cambiamento ed evoluzione, Papa Francesco ci ha spronati a metterci in discussione. A ripensarci anche come Chiesa.

Francesco è stato un uomo libero. Nel vero senso della parola, perché fedele a una sola Verità. Quella del Risorto, non di quelle labili degli uomini. Senza compromessi. Solo Il Vangelo… tutto il resto è noia, cantava qualcuno.

Grazie, Francesco: del tuo agire come pennello di Dio.

Dentro a quella bara, mentre ho sostato in preghiera per te e con te, il tuo volto era sereno, sorridente. Del resto ce l’hai ricordato spesso che un sano umorismo è essenza di vita.

Ho recitato il Magnificat. Con Maria, che hai tanto amata e dove, dentro al suo antico Maggiore Santuario, hai scelto ora di riposare.

Incuranti dei bottoncini slacciati, aiutaci a impastarci dentro le sfide vere. A sporcarci le mani per diventare anche noi, pennelli di Dio per scrivere le pagine di questa Storia con i caratteri della Pace.

In controtendenza al pensiero dominante, aiutaci ad alzarci in piedi, per rialzare chi è caduto!

Per rialzarci quando cadiamo. Per sperimentare la bellezza liberante dell’essere dei perdonati!

E come da secoli si grida al suo passaggio: W il Papa!

Don Fabrizio Bagnara