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1 ottobre 2023. Don Giuseppe Beotti proclamato Beato

Giuseppe Beotti nacque a Campremoldo Sotto, frazione di Gragnano Trebbiense (Piacenza, Italia) il 26 agosto 1912, in una famiglia di agricoltori.

Nel 1925 entrò in seminario a Piacenza e venne ordinato presbitero il 2 aprile 1938.

Inviato a Borgonovo come coadiutore, si distinse per l’assidua opera caritativa a favore dei bisognosi e per l’impegno con cui curava la formazione dei fedeli, in particolare dei giovani.

Nel 1940 fu trasferito come arciprete della parrocchia di Sidolo, un piccolo paese di montagna, frazione di Bardi. Qui si dedicò con carità ai bisogni di tutti, indistintamente: partigiani, ebrei, soldati, feriti. Era molto apprezzato dalla gente, che vedeva la sua dedizione e la sua generosità.

Durante l’occupazione tedesca, nel 1943, il regime fascista decise la requisizione delle campane per fini bellici. Poiché a Sidolo scoppiarono violenti tumulti, egli, pur avendo invitato i parrocchiani ad obbedire alle autorità civili, cercò di difendere i loro diritti. Per questo fu sottoposto ad un procedimento penale, poi terminato con un nulla di fatto. Dopo l’armistizio dell’8 settembre, il Servo di Dio diede ospitalità e soccorso a soldati in fuga, prigionieri scappati dai campi, persone perseguitate, tra cui un centinaio di ebrei.

Nel 1944 a Pelosa di Bedonia persero la vita 70 soldati tedeschi durante alcuni scontri. Per rappresaglia, i soldati distrussero i paesi vicini facendo rastrellamenti in tutta la zona. Tra il 19 e il 20 luglio giunsero anche a Sidolo. Il Venerabile Servo di Dio decise di rimanere nel paese, trascorrendo la notte in chiesa, in preghiera.

Venne arrestato e fucilato il 20 luglio 1944 a Sidolo, frazione di Bardi (Parma, Italia), insieme a don Francesco Delnevo e al seminarista Italo Subacchi, che si erano rifugiati con lui in chiesa.

Il martirio

Giuseppe Beotti svolse il ministero sacerdotale mostrando una grande carità verso tutti.

Riguardo al martirio materiale, non ci furono testimoni oculari, ma alcune persone accorsero poco dopo sul luogo dell’esecuzione.

L’elemento formale del martirio ex parte persecutoris risulta alquanto complesso. Poco prima della repressione che raggiunse Sidolo, settanta tedeschi erano stati uccisi negli scontri armati con le fazioni nemiche presso Pelosa di Bedonia. Nell’uccisione del Venerabile Servo di Dio giocò un ruolo determinante l’aiuto da lui offerto a molte persone ebree perseguitate dai nazifascisti. Per dare loro rifugio, il sacerdote aveva mobilitato tutti i parrocchiani, nascondendo e assistendo in casolari della zona un centinaio di Ebrei. I tedeschi perquisirono la sua casa, ma non trovarono nulla e diedero rassicurazioni a don Beotti; tuttavia per un’ora si rimase in attesa di disposizioni dal comando generale, che ebbe tutto il tempo per raccogliere informazioni sull’operato del sacerdote. Il suo assassinio, quindi, dovette essere motivato dall’odio dei nazisti ai trasgressori della loro criminale legge antisemita. Queste persone ebree in fuga non erano truppe armate in guerra, ma gente innocente e perseguitata. Nel caso di don Beotti, quindi, dovette trattarsi di odio alla carità pro-ebrei riconosciuta dai carnefici come espressione della fede cristiana del sacerdote.

Circa il martirio formale ex parte victimae, don Giuseppe era consapevole dei rischi che correva. Pur avendo la possibilità di fuggire, decise di restare accanto ai parrocchiani in quei momenti difficili.

La fama del suo martirio è giunta sino a noi, unita ad una certa fama signorum. Don Francesco Delnevo e il seminarista Italo Subacchi non furono uniti nella Causa per mancanza di fama di santità e di martirio.