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“La Nato non avanzerà verso est neppure di un centimetro”. Documenti sulle promesse dell’occidente alla Russia

Il 12 febbraio 1990 due collaboratori dell’allora ministro degli esteri sovietico Shevardnadze, Stepanov e Mamaladze, riassunsero le assicurazioni date ai russi dal Segretario di Stato americano James Baker, nel corso della Conferenza “Open Skies” di Ottawa. Evidenziata in giallo, la seguente frase: «Se una G[ermania] U[nita] rimarrà nella NATO, dovremmo occuparci della non espansione della sua giurisdizione a est».
Il National Security Archive si era occupato della questione già alla fine del 2017, e ha svelato i dettagli che sto per illustrare.
Contrari all’allargamento della NATO a est erano in tanti. A cominciare dal Direttore della CIA, Robert Gates, per il quale non si doveva assolutamente «spingere con l’espansione della NATO verso est, dato che Gorbaciov e altri erano portati a credere che ciò non sarebbe avvenuto».
E’ stato più volte ricordato, nel corso di questi giorni, il vertice di Malta tra il Presidente Bush senior e Gorbaciov, di inizio dicembre 1989. Ovviamente l’allargamento della NATO non era in vista semplicemente perché il blocco socialista era più o meno ancora intatto. Per cui i termini della questione rimasero generali: gli americani non avevano intenzione, disse Bush, di danneggiare gli interessi sovietici profittando del crollo del Muro di Berlino e delle rivoluzioni in corso in Europa orientale.
Ma allora quando e come sono arrivate le prime famose assicurazioni occidentali a Mosca, che la NATO non si sarebbe stata allargata?
Il 31 gennaio 1990 il ministro degli esteri tedesco-occidentale del Governo Kohl, Hans-Dietrich Genscher, tenne un discorso all’università nella città bavarese di Tutzing. Oggetto? La riunificazione tedesca.
Di questo discorso l’ambasciata americana a Bonn informò il suo governo. Genscher, questo il testo del telegramma americano, aveva chiarito oltre ogni possibile dubbio «che i mutamenti in Europa orientale e il processo di unificazione della Germania non deve portare a una “menomazione (impairment) degli interessi di sicurezza russi”. Di conseguenza – prosegue il dispaccio – la NATO deve escludere una espansione del suo territorio verso est, ossia avvicinarsi ai confino sovietici».
Peraltro, lo si ricorderà, Genscher aveva anche proposto di escludere il territorio della Germania orientale dalle strutture militari della NATO, e ciò anche nel caso in cui la Germania si unisse.
Questa del “mai allargare la NATO verso est” è la “Formula Tutzing”. Proposta da una Germania occidentale bisognosa dell’appoggio di Gorbaciov per l’unificazione, qualcuno dirà.
No. Se questa formula non fu ripresa e contemplata nel Trattato del 12 settembre 1990 (il cosiddetto “2+4”) che segnò l’unità tedesca; essa certamente fu menzionata, per tutto il biennio 1990-1991 in una pletora di memoranda di conversazioni tra sovietici da un lato e occidentali dall’altro (nell’ordine: Genscher, Kohl, Baker, Gates, Bush, Mitterrand, Thatcher, Major, Woerner, ecc.).
Che cosa si assicurò a Mosca? La volontà di proteggere gli interessi di sicurezza sovietici e di includere l’URSS in un nuovo e strutturato sistema di sicurezza europeo.
Da ricordare, in particolare è il vertice Kohl-Gorbaciov del 10 febbraio 1990. Kohl incassò in quest’occasione l’assenso sovietico all’unificazione della Germania, a patto che la NATO non si espandesse verso est.
Fu questo a portare al trattato “2+4”.
Da notare: di tutto questo Genscher aveva parlato quattro giorni prima con il collega inglese Douglas Hurd. Ecco le parole del ministro degli esteri tedesco nel verbale di conversazione con l’omologo britannico: «I russi devono avere una qualche assicurazione che, per esempio, dovesse la Polonia lasciare un giorno il Patto di Varsavia, essa non entrerebbe poi nella NATO».
Il Segretario di Stato James Baker era in procinto d’incontrare il suo collega sovietico Shevardnadze, come pure Gorbaciov.
Sulla strada per Mosca, Baker passò da Bonn per un minivertice con il collega tedesco. Con Genscher si concordò che la formula da presentare ai sovietici sarebbe stata esattamente la seguente: nessun allargamento della NATO verso est; ricomprensione dell’URSS in un nuovo sistema di sicurezza europeo dall’Atlantico agli Urali.
Il 9 febbraio 1990, a Mosca, il Segretario di Stato americano Baker ribadì questa formula ai leader sovietici (Gorbaciov e Shevardnadze); non una ma tre volte!
Baker approvò la seguente dichiarazione di Gorbaciov: «L’espansione della NATO è inaccettabile». E così rassicurò il leader sovietico: «Né il Presidente né io intendiamo trarre vantaggi unilaterali dai processi che stanno avendo luogo», ben comprendendo che «non solo per l’Unione Sovietica ma anche per altri Paesi europei è importante aver garanzie che se gli Stati Uniti manterranno la loro presenza in Germania nel quadro della NATO, neppure un centimetro dell’attuale giurisdizione della NATO si espanderà in direzione dell’est (not an inch of NATO’s present military jurisdiction will spread in an eastern direction)» (Verbale della Conversazione tra Gorbaciov e Baker, Mosca 9 febbraio 1990, p. 5).
Così Baker riassunse le conversazioni di Mosca per il Cancelliere tedesco Kohl: «Ho posto [a Gorbaciov] la seguente questione. Preferireste vedere una Germania unita fuori della NATO, indipendente e senza forze armate americane, o preferireste che una Germania unita sia vincolata alla NATO, con assicurazioni che la giurisdizione della NATO non si sposterà di un solo centimetro dalla sua posizione attuale? Ha risposto che la leadership sovietica stava riflettendo molto su tutte queste opzioni [….]. Ha poi aggiunto [sempre Gorbaciov] “Certamente ogni estensione della zona della NATO sarebbe inaccettabile”» (Lettera del Ministro degli Esteri Baker al Bundeskanzler Kohl, 10 febbraio 1990, nBK, 212-354000c 39 NA I Bd. 2.).
Da questa lettera, Kohl trasse ispirazione per il suo vertice con Gorbaciov, in programma il 10 febbraio 1990 a Mosca.
Le parole del Cancelliere tedesco non potevano essere più chiare: «Noi crediamo che la NATO non debba espandere la sua sfera di attività» (“Mikhail Gorbachev i germanskii vopros”, ed. by Alexander Galkin and Anatoly Chernyaev, Moskva, Ves Mir, 2006, pp. 339-355; traduzione di Anna Melyakova per il National Security Archive).
Ancora il 18 maggio 1990 Baker ribadiva personalmente a Gorbaciov quanto segue: «Prima di dire qualche parola sulla questione tedesca, voglio sottolineare che la nostra politica non punta a separare l’Europa orientale dall’Unione Sovietica. Prima, avevamo questa politica. Ma oggi siamo interessati a costruire un’Europa stabile e a farla insieme a voi» (Record of Conversation between Gorbachev and Baker, with delegations, Moscow, May 18, 1990, p 19).
Va detto che i partner occidentali di Washington (da Mitterrand alla Thatcher) si allinearono perfettamente a questa visione che ha origine nel già citato discorso bavarese di Gensher. «Sono personalmente favorevole per lo smantellamento dei blocchi militari e a creare condizioni di sicurezza per voi, come pure per l’Europa nel suo complesso» (François Mitterrand a Mikhail Gorbaciov, 25 maggio 1990).
Bush sr. ci mise il carico da novanta nel summit di Washington del 31 maggio 1990. Disse a Gorbaciov: «Mi creda, non stiamo spingendo la Germania verso l’unificazione, e non siamo noi a determinare la velocità di questo processo. Ma naturalmente non abbiamo alcuna intenzione, neppure nei nostri pensieri, di danneggiare in alcun modo l’Unione Sovietica. Ecco perché stiamo parlando in favore dell’unificazione tedesca nella NATO senza ignorare il più ampio contesto della CSCE, considerando i tradizionali legami economici fra i due Stati tedeschi. Un tale modello, a nostro avviso, corrisponde altresì agli interessi sovietici» (Archivio della Fondazione Gorbaciov, Mosca, Fond 1, Opis 1, in, Mikhail Gorbachev i germanskii vopros, cit.).
Per tutta la durata del rapporto tra l’Amministrazione (repubblicana) statunitense e la leadership (comunista) sovietica, dunque, il “mood” è stato questo: promesse formali americane all’URSS che l’unificazione tedesca e l’ingresso di una Germania unita nella NATO non avrebbero compromesso gli interessi sovietici in Europa orientale; e che la NATO non avrebbe avanzato di un solo centimetro da dov’era, cioè non si sarebbe mai allargata all’Europa orientale.
Un‘accordo tra gentiluomini, ricorda Eugenio di Rienzo in un suo articolo recentissimo per il sito di “Nuova Rivista Storica”. Vero. Ma un accordo sostenuto da documenti d’archivio che tutti possono verificare.
Per cui, molto semplicemente, la storia che l’Occidente non abbia preso o abbia preso impegni solo verbali con i russi (ammesso e non concesso che la parola data non valga alcunché), di non allargare la NATO a est, è del tutto falsa.
Questo è il motivo per cui, in un mio post precedente, ho descritto questa fase della vita della NATO “essere stupidi”.
Trent’anni fa la Guerra fredda era ormai finita. E trent’anni fa gli statisti dell’epoca sapevano di che cosa parlavano assicurando di continuo Mosca che la NATO non sarebbe avanzata di un solo centimetro e mai e poi mai sarebbe arrivata alle porte della Russia.
Paradossalmente, una leadership americana repubblicana e una leadership russa comunista hanno costruito e sorretto questo sistema, garantendo la trasformazione dell’Europa dalla caduta del Muro in poi.
Questa tradizione storica è stata spazzata via da leader politici che non hanno brillato in avvedutezza, circospezione, tatto e umiltà.
E’ stato avviato un circo mediatico sull’Ucraina nella NATO (ingannando anche gli amici ucraini) ben sapendo che la NATO non ce la voleva, anche perché non c’erano le condizioni perché l’Ucraina vi entrasse.
Cosa vi aspettavate che rispondesse un qualunque leader russo che non fosse Putin? Cosa vi aspettavate che rispondesse Putin?
I risultati, purtroppo, sono sotto gli occhi di tutti. E a tutti, nessuno escluso, spetta il dovere di trovare soluzioni alternative a semplicistiche formule mediaticamente efficaci, ma del tutto prive di costrutto.
Matteo Luigi Napolitano
Storico – Università degli Studi del Molise