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Papa Francesco e la cultura dell’incontro. Verso un nuovo umanesimo

“Da Galileo in avanti sappiamo che religione e scienza procedono su piani diversi, mentre l’approccio di Francesco ha una chiara matrice evangelica: il brano di Matteo 25, in cui Gesù rivela di essere lui stesso l’affamato, l’assetato, lo straniero, l’ignudo, il malato, il prigioniero, il carcerato che tutti incontriamo sulle strade della vita”. A dirlo è lo storico Agostino Giovagnoli, docente di storia contemporanea all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, in occasione del convegno sul tema “Papa Francesco e la cultura dell’incontro. Verso un nuovo umanesimo”. Il momento di riflessione si è aperto con il saluto del Rettore dell’ateneo fondato da Agostino Gemelli, e dell’assistenza generale dell’Università cattolica il vescovo Claudio Giuliodori. “Ma le conseguenze che egli ne trae sono molto laiche – ha spiegato Giovagnoli -. Quando giudica il gesto della donna che lava i piedi a Gesù, egli afferma, il fariseo è lontano dalla realtà. E se resta lontana dalla realtà, la cultura si ripiega su se stessa e la ricerca resta senza risultati. Perché, ripete spesso Jorge Bergoglio, la realtà è superiore all’idea, così come il tempo è superiore allo spazio, la parte è superiore al tutto e l’unità è superiore al conflitto” (…).

E poi ha aggiunto lo storico:”La cultura, insomma, ha bisogno della storia, vive nella storia ed è veramente tale se genera storia. E nel rapporto tra cultura e storia, i poveri occupano un posto centrale. Partire da loro è infatti necessario, secondo Francesco, per capire il mondo in cui viviamo. E’ una prospettiva che sembra contraddire ciò che viviamo come evidente: il ruolo svolta dalla ricchezza, dal capitale finanziario, dal profitto in tante vicende piccole e grandi di ogni giorno. La stessa cultura non si sviluppa nella povertà assoluta. L’ottica di papa Francesco disorienta e talvolta suscita fastidio, a qualcuno appare astratta o moralistica. E’ un papa comunista, si dice in alcuni ambienti. Ma il senso delle sue parole non è anzitutto economico o sociale, sebbene abbia ricadute importanti anche in questi campi, bensì spirituale e storico. I poveri rivelano le contraddizioni del nostro mondo e nelle loro attese è contenuta la speranza di un mondo diverso. Indicano, insomma, i problemi del presente e la strada verso il futuro (…)”.

“La cultura dell’incontro costituisce anzitutto il “balsamo” per curare le ferite dell’umanità contemporanea. Ma papa Francesco si pone anche obiettivi a lungo termine, che richiedono molto tempo e l’impegno di diverse generazioni. Più che cercare di occupare spazi, su piano culturale o su altri piani, gli sembra urgente avviare oggi processi che si compiranno domani. Non è questo il tempo opportuno per perseguire una astratta unità del sapere o per affermare un coerente sistema di valori, verso cui il contesto multiculturale contemporaneo appare refrattario (…)”.

“Appare più utile costruire pazientemente, pezzo per pezzo, un nuovo tessuto sociale e culturale, senza il quale non sono possibili grandi sistemi di pensiero – ha sottolineato Giovagnoli a conclusione del suo intervento -. Del resto, prima di giungere alla costruzione delle grandi cattedrali medievali, c’è stato un lungo cammino, cominciato dal basso e percorso umilmente: la cristianità europea è stata costruita pazientemente attraverso le esistenze faticose e l’impegno silenzioso di tanti uomini e di tante donne di cui non ci è stato neanche tramandato il nome. In questo senso, la cultura dell’incontro rappresenta indubbiamente un progetto, di ampio respiro storico, espressivo di una visione d’insieme rara nel contesto attuale, specie europeo, come ha osservato Andrea Riccardi”.

Proponendogli di collaborare a questo grande progetto, papa Francesco non chiede al mondo della cultura di abbandonare la specificità dei percorsi di ricerca nei diversi ambiti scientifici, né la specializzazione delle conoscenze che questi comportano. “Attraverso l’articolazione di sapere è possibile raggiungere una concretezza di risultati estremamente utile per dotare gli “ospedali da campo” degli strumenti necessari a soccorrere l’umanità contemporanea – ha spiegato lo storico -. Francesco, però, chiede al mondo della cultura di abbandonare pregiudizi, chiusure, indifferenza verso i poveri e di inserire la sua attività in una visione imperniata sulla consapevolezza di un destino comune” che – per la prima volta nella storia – coinvolge tutta l’umanità. “Sembra questa l’indicazione anche della prossima enciclica sulla questione ecologica, di imminente pubblicazione” ha proseguito Giovagnoli.
E’ la prospettiva di un nuovo “umanesimo riuscito”, per usare le parole di mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, che ha tratto le conclusioni del convegno. Da tempo, papa Francesco persegue una prospettiva di evangelizzazione che riguardi “tutto l’uomo” ha infine affermato Giovagnoli. Già negli anni settanta, “la concezione di Bergoglio supera chiaramente le false antinomie che dividevano la Chiesa in progressisti e conservatori”, in coloro che identificavano l’evangelizzazione con ideologie politiche rivoluzionarie e coloro che rifiutavano ogni legittima aspirazioni alla liberazione dalla fame, dalla miseria, dall’oppressione . E nella Evangelii gaudium scrive che bisogna “evangelizzare le culture per inculturare il Vangelo”, fondendo due prospettive spesso contrapposte. Nelle discussioni che si sono sviluppate nella Chiesa cattolica dopo il Concilio Vaticano II – che papa Francesco definisce “una rilettura del Vangelo nella prospettiva della cultura contemporanea” – Jorge Bergoglio ha cercato sempre prospettive di sintesi e si è offerto come uomo di unità, anche se questo suo atteggiamento non è stato apprezzata da tutti. E su questa strada ha maturato una nuova prospettiva antropologica, basata sula fondamentale apertura di ogni essere umano all’incontro con l’altro . Oggi, questa sua visione antropologica appare in sintonia con le domande di milioni di uomini e di donne che sperimentano lo sradicamento e lo spaesamento “spaziale, esistenziale e spirituale” causato dalla globalizzazione.

Per ulteriori informazioni sul convegno e per richiedere l’intervento integrale del prof. Agostino Giovagnoli