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Film

Il ponte delle spie. Un film di Steven Spielberg

Anno 1957, nel pieno della guerra fredda USA-URSS, l’FBI arresta a New York Rudolf Abel, un agente accusato di aver inviato messaggi in codice in Unione Sovietica. Rinchiuso in una prigione federale in attesa di processo, il governo, nell’intento di trovare un avvocato indipendente che ne assuma la difesa, affida l’incarico a James Donovan, un legale assicurativo di Brooklyn, ex procuratore nei processi di Norimberga…

Un anno critico, il 1957, sullo snodarsi della guerra fredda Usa-Urss: la voglia di ‘normalità’ a poco più di un decennio dalla fine della guerra mondiale; la vita dinamica negli Stati Uniti e quella grigia in Unione Sovietica. Mentre le armi tacciono, al lavoro ci sono le spie, uomini imprevedibili e inafferrabili, in grado di insinuarsi da una parte e dall’altra. Sembra una materia già pronta per una storia di enigmatici intrecci. Forse, viene voglia di dirlo subito, sarebbe stata appassionante come vicenda inventata pur su uno sfondo realistico. Ma qui, ahimè, è tutto vero, tutto è ispirato a fatti realmente accaduti. E infatti i contributi finali ricordano quello che è successo dopo con dovizia di particolari. Sappiamo che Donovan diventerà l’emblema di un’America che mette la propria Costituzione al primo posto, di una Nazione dove ogni individuo ha diritto alla difesa, dove l’avvocato James (che lavora a titolo personale) sarà ampiamente risarcito dopo il 1962 dal Presidente Kennedy. Spielberg costruisce l’elogio dell’americano medio capace di ogni sacrificio pur di non rinunciare alla giustizia. E Tom Hanks si pone con evidenza sulla scia del Jimmy Stewart reso grande da Frank Capra, uomini di integerrima moralità, che dicono bugie solo per non tenere in ansia la famiglia. Tra l’americano Donovan e il sovietico Abel si apre un confronto all’insegna di rispetto e generosità, più che mai necessari quando osserviamo il ritratto che Abel fa di se stesso; lo stesso, stanco disfatto orgoglioso, che Donovan ci trasmette quando si addormenta stremato sul letto di casa a missione compiuta. La pazienza ha vinto, la calma ha prevalso. Obbedendo ad una estrema voglia di pulizia espressiva, Spielberg compone un racconto limpido, nitido, di rigorosa chiarezza narrativa. Come si faceva nel cinema, bello e avvincente, di quegli anni; come in una spy story ieri poggiata su nemici riconoscibili oggi impossibili da replicare. Grande calma, suspence sottotraccia, la finzione che prova a riscrivere la verità storica. Un superbo costruttore di immagini, Spielberg, per un film che, dal punto di vista pastorale, è da valutare come consigliabile e nell’insieme realistic (fonte: CNVF)