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Internati Militari Italiani caduti nei lager nazisti (1943-1945): una memoria recuperata da elevare a storia condivisa.

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La scheda di Angelo Bianchi, tra i 50mila Imi catalogati

Il 7 ottobre del 1943, a Roma, oltre 2mila carabinieri venivano deportati dalle truppe tedesche. Settantadue anni dopo, l’Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia (Anrp) ha reso omaggio a quegli internati militari italiani che non sono mai rientrati in Patria. In 650 mila, dopo l’8 settembre 1943, hanno detto di no ad ogni forma di collaborazione con il nazifascismo. Oltre 50mila hanno perso la vita nei lager.
“Per troppo tempo tutti questi soldati che hanno contribuito all’Italia libera sono stati dimenticati” spiega il Presidente dell’Anrp, Enzo Orlanducci, orgoglioso del lavoro dell’Associazione presentato nei giorni scorsi al Senato: l’Albo degli Internati Militari Italiani (IMI) Caduti nei lager nazisti negli anni 1943-1945, realizzato dall’Anrp con il contributo della Repubblica Federale di Germania (Fondo Italo-tedesco per il futuro), in stretta collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri della Repubblica Italiana. Un database consultabile sul sito www.alboimicaduti.eu in italiano e tedesco, che “non è solo un omaggio commemorativo, ma un tentativo per superare pregiudizi e ricordi separanti a favore di una cultura storica se non condivisa, almeno comune tra Italia e Germania – sottolinea Orlanducci -. Un investimento per giungere attraverso la comprensione del passato ad un futuro di valenza europea, di collaborazione e di pace”.

Come ha scritto il Presidente del Senato Pietro Grasso nel suo messaggio inviato all’Anrp, l’Albo rappresenta “un obiettivo ambizioso e di grande rilievo sia dal punto di vista umano che scientifico e storico” che “aiuterà a rinnovare la memoria di quei sacrifici, di quelle sofferenze e umiliazioni in coloro che ne sono stati testimoni, sensibilizzando le giovani generazioni sulla vicenda degli internati militari italiani e sul prezzo altissimo che è stato pagato per l’affermazione di quei valori di libertà e giustizia che sono alla base della nostra democrazia”.

Presentazione Albo IMI
La presentazione dell’Albo IMI a Palazzo Giustiniani (7 ottobre 2015)

Come spiega Fabrizio Renzulli, Direttore Generale RPC-Tech, la società che ha costruito il database, “il sito è predisposto per essere aggiornato in ogni momento, essendo auspicabile il coinvolgimento di singoli, famiglie, comuni ed associazioni per il suo incrementamento”. Nella scheda di ciascun caduto sono inseriti i campi: cognome e nome, luogo e data di nascita, grado militare e reparto di appartenenza, luogo e data di cattura, luoghi di internamento, localizzazione geografica dei lager, impiego lavorativo durante l’internamento, luogo e data del decesso, causa della morte, luogo di sepoltura.

Un’opera monumentale che ad oggi conta l’inserimento di più di 31mila nominativi convalidati, frutto di ricerche incrociate tra oltre 200mila documenti consultati principalmente negli archivi italiani e tedeschi. “La storia di migliaia di persone, grazie a questo lavoro, non è più legata solo a stime numeriche, bensì è diventata una storia di uomini, di individui, collocati in una drammatica realtà e con un peculiare vissuto esperienziale” sottolinea Rosina Zucco, coordinatrice del progetto.

Per Carlo Lo Cascio, Vice Direttore Generale per l’Unione Europea del Ministero degli Affari Esteri Italiano, l’Albo è un esempio concreto di come Germania e Italia hanno saputo intraprendere un cammino di condivisione lavorando insieme per la costruzione di un’Europa pacificata, unita e prospera. “Un vero baluardo difensivo contro il risorgere delle forze responsabili delle tragedie di un passato mai troppo lontano – ha detto in occasione della presentazione in Senato -. In tale prospettiva, l’Unione Europea ed i valori comuni che ne costituiscono lo statuto identitario, divengono la dimensione indispensabile a cui fare riferimento, oggi più che mai, per affrontare insieme le insidiose sfide che si profilano all’orizzonte”.

l’Ambasciatore della Repubblica Federale di Germania in Italia, Susanne Marianne Wasum-Rainer

Anche l’Ambasciatore della Repubblica Federale di Germania in Italia, Susanne Marianne Wasum-Rainer, intervenendo presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani il 7 ottobre scorso, ha ribadito l’importanza di costruire una comune cultura della memoria da tramandare alle giovani generazioni coinvolgendo innanzitutto la scuola, attraverso iniziative come la mostra permanente sugli IMI che si può visitare ancora oggi presso la sede dell’Anrp, e l’Albo degli IMI caduti.

Il Sottosegretario alla Difesa On. Domenico Rossi

Il Sottosegretario alla Difesa, Domenico Rossi, nel suo intervento in occasione della presentazione dell’Albo ha ricostruito invece il percorso di riconciliazione tra Italia e Germania iniziato solo 65 anni dopo la strage, e messo in evidenza come quello che stanno facendo oggi i due Paesi sia fondamentale. “A maggior ragione, se si considera che ancora oggi neppure in Italia esiste una storia profondamente condivisa di quel periodo, data la grande complessità di quanto è successo. Fare memoria – ha sottolineato Rossi – non significa solo ricordare ma anche trarre insegnamenti dal passato”.

Forte e chiara anche la voce di Michele Montagano, ufficiale Imi reduce dal KZ di Unterlüss e Presidente Vicario dell’Anrp, che non perde occasione per dare voce agli oltre 50mila IMI caduti nei lager del Terzo Reich dopo l’8 settembre 1943. “La nostra è stata una vera e propria resistenza contro il nazifascismo espressa con una sola parola: no al collaborazionismo. Per ricordare questo importante e valoroso contributo stiamo elaborando l’Albo. Non possiamo dimenticare gli internati morti, quelli che non sono mai stati identificati, quelli deposti nelle fosse comune e quelli di cui si sono perse le tracce. Oggi lavoriamo insieme Italia e Germania per un futuro migliore per le nuove generazioni e per una sempre maggiore e migliore coesione europea”.

Luciano Zani, membro del Comitato Scientifico, innanzitutto ribadisce la necessità di passare dalla memoria celebrata e celebrativa alla memoria recuperata, ricordando la prima specificità degli internati: “sono gli unici prigionieri cui viene consentito, a certe condizioni, di tornare a casa in massa, se avessero voluto. Da qui la definizione di assenti giustificati, martiri, eroi e dispersi che viene data quando si parla di Imi nell’Almanacco del Combattente e Reduce preparato dal Comitato Nazionale Reduci dalla Prigionia per il 1948”.

“L’Albo potrebbe essere utilizzato per studi sulla composizione dell’esercito italiano durante la Seconda guerra mondiale e soprattutto per studi sull’impiego lavorativo degli italiani a favore dell’economia di guerra tedesca – ha detto in occasione della presentazione dell’Albo Lutz Klinkhammer, dell’Istituto Storico Germanico di Roma e membro del Comitato Scientifico dell’Albo – non solo per fare ulteriormente luce sulle storie degli Imi ma anche sulla società tedesca in guerra”. “Una miriade di ricerche nuove – ha sottolineato – sarà possibile una volta completata la banca dati”.

Roma, 7 ottobre 2015. Un momento della presentazione dell’Albo IMI a Palazzo Giustiniani

“Il lavoro dell’Anrp si inserisce nella dinamica internazionale ed europea di rinnovata riflessione sulle memorie e le narrazioni di guerra – spiega la ricercatrice Michela Ponzani -. Un’opera di ripensamento che, a partire dalla metà degli anni 90 ha visto avviarsi procedure di riparazione economica per le vittime della persecuzione razziale e politica del nazismo e la costituzione di commissioni di esperti finalizzate alla ricostruzione delle responsabilità dei singoli paesi europei”.

“Recuperare l’esperienza degli IMI non è solo una questione di memoria – conclude Lauro Rossi, Vicepresidente dell’Anrp – ma di valori politici e culturali nel loro insieme. In particolare, obiettivo dell’Albo è comprendere in che misura la storia degli IMI possa divenire parte di un sapere più generale e ci si augura condiviso; e creare un preciso legame, uno stretto rapporto tra memoria e storia, per difendere la memoria dalle sue stesse fragilità: l’oblio, la negazione, la monumentalizzazione”.